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aggiornato al: 16/12/2009

Ludovico Tarsia (1876 - 1970)

Dopo i profili e i brevi schizzi biografici di compagni della Sinistra che abbiamo pubblicato fino ad oggi, aggiungiamo ora  quello di Ludovico Tarsia, figura molto importante,  sia nelle vicende della Frazione astensionista del PSI, che  dei primi anni del PCd'I guidato dalla sinistra fino a giungere alla sua militanza nel Partito comunista Intermazionalista (poi internazionale).

 

 

Ludovico Tarsia (1876 - 1970)

 

I compagni del Partito Comunista Internazionale che seguivano, negli anni sessanta del secolo scorso, le riunioni generali del partito tenute da Amadeo Bordiga si ricorderanno di Ludovico Tarsia: figura minuta, magra, scattante, sorridente e sempre disposta a una gentilezza verso i giovani compagni. Tarsia sintetizzava e viveva la storia del movimento operaio italiano; pur tuttavia non esiste una sua biografia politica, né esistono studi su di lui. La sua nobile figura è stata dimenticata o relegata tra i ricordi del passato e questa grave situazione dipende non solo dalla pochezza cui è ridotto oggi il comunismo rivoluzionario ma anche dalla cecità ideologica di chi, sotto la pretesa teorica di annullare ogni personalismo ed  individualismo vuole cancellare ogni contributo individuale alla causa rivoluzionaria sotto un fantomatico anonimato di... specie.

Ci accingiamo quindi noi, per quanto ci è possibile, a stilare una sua biografia politica.

Ludovico Tarsia in Curia nasce a Napoli il 2 ottobre 1876 da una nobile famiglia napoletana i cui trascorsi risalgono al Cinquecento e al nobile Galeazzo di Tarsia, barone di Belmonte e poeta petrarchesco  e nel Settecento al canonico Luigi Tarsia in Curia.

Si laurea in medicina nel 1899 conseguendo la libera docenza in medicina operatoria nel 1909 e nel 1913 la seconda libera docenza questa in  clinica chirurgica.

Nell'anno della laurea si iscrive al Partito Socialista Italiano ed entra a far parte della Unione Socialista Napoletana.

Il 28 dicembre 1908 alle cinque del mattino un violentissimo terremoto, cui seguì un altrettanto spaventoso maremoto, colpì le coste della Calabria meridionale e della Sicilia nord-orientale. La città di Messina che subì il crollo del 91% dei suoi edifici venne distrutta. Il numero delle vittime non venne mai accertato ma si calcolò superiore alle 100.000 unità. I superstiti furono soccorsi per primi da marinai russi ed inglesi; gli aiuti italiani arrivarono in forte ritardo. I primi aiuti arrivarono dalla flotta imperiale russa che si trovava nel porto di Augusta per esercitazioni. Alla notizia del terremoto l'ammiraglio Litvinov fece salpare la flotta con le due corazzate Slava e Cesarevic e l'incrociatore Makarov. Nella stessa giornata giunse a Messina anche la flotta britannica con la corazzato Sutley. Gli ufficiali medici russi organizzarono un ospedale all'aperto sulle banchine del porto, dove, primo medico italiano, fu presente proprio Ludovico Tarsia. Era lui stesso a ricordare divertito che per comprendersi con i russi si usava il ... latino.

Nella sua gioventù Ludovico conobbe bene Arturo Labriola (1873-1959), il medico mazziniano Pasquale Guarino e Roberto Marvasi (1863-1955), eclettica figura di socialista che pubblicava il giornale «Scintilla».

Allo scoppio della prima guerra mondiale quando la sinistra era su posizioni nettamente internazionaliste e rivoluzionarie e Bordiga scriveva:

 

Noi non eravamo né neutralisti né pacifisti, né credevamo possibile come punto d'arrivo programmatico la pace permanente fra gli Stati.  Noi deploravamo il disarmo della lotta di classe, della guerra di classe, per far largo alla guerra nazionale. La nostra alternativa non era: non sospendere la lotta di classe legalitaria, ma: combattere nella direzione della guerra rivoluzionaria proletaria che sola avrebbe un giorno ucciso le radici delle guerre tra i popoli. Noi eravamo i veri interventisti di classe, interventisti della rivoluzione (Storia della sinistra comunista,1964, pag.97).

 

Tarsia, sulla scia della "Unione Socialista Napoletana" era invece interventista, ma verso la fine della guerra maturò una radicale inversione di posizione tanto che i vecchi alleati interventisti non gli perdonarono mai la conversione.

Da allora Tarsia fu sempre al fianco di Bordiga tanto che Raffaele Colapietra nel suo «Napoli tra dopoguerra e fascismo» del 1962 scrive: «Ludovico Tarsia distinto chirurgo, principalissimo tra i collaboratori di Bordiga» (Raffaele Colapietra, Napoli tra dopoguerra e fascismo, 1962, pag. 63).

Fu un comunista appassionato dell'opera di Gabriele D'Annunzio e, conoscitore e cultore di musica classica, ammiratore di Wagner; poco sappiamo invece della sua vita privata se non che Teresa Mannuzzi fu la sua compagna che gli diede due figli Libero e Isabella.

Da subito Tarsia scrive ne «Il Soviet» dove firma i suoi articoli con le iniziali L.D., oppure con nome e cognome completi. Importante è un suo articolo Contro l'intervento alla battaglia elettorale («Il Soviet» del 16.2. 1919) dove si legge:

 

Fino a che la possibilità di un'azione rivoluzionaria in senso massimalista sembrava molto lontana era giustificabile e ammissibile che il partito dedicasse molte sue energie alle lotte elettorali borghesi, ispirate al proposito di ridurre la forza della borghesia impossessandosi in parte delle sue armi. Ora ogni azione impiegata in simile lotta sarebbe colpevole perché non farebbe che distrarre energie utili e valevoli assai più efficacemente se diversamente impiegate. (...) La rivoluzione socialista non si fa con le schede, né coi deputati, né con la composta serenità delle leggi. (...) Abbattere il potere borghese non si può senza abbattere i suoi organi, tra cui primissima l'assemblea legislativa. Tra conquista rivoluzionaria dei poteri da parte del proletariato, mediante l'azione del suo organismo politico che è il partito socialista, e funzione elettorale vi è irriducibile antitesi; l'una esclude l'altra.

 

Nell'ottobre del 1919 è nel Comitato centrale della frazione comunista astensionista del PSI con Bordiga, Fobert, Borracetti e Pisacane. Numerosi sono i suoi articoli ne «Il Soviet» che evidenziano una grande lucidità e capacità di analisi.

 Tra questi citiamo ad esempio «Prendere la fabbrica o prendere il potere?» nel n. 7 del 22 febbraio 1920 e «Il pensiero del partito indipendente tedesco» nel numero del 25 aprile 1920 da cui traiamo questo brano:

 

La Russia dei Soviet, dopo tante eroiche lotte sostenute,dopo tanti meravigliosi sacrifizi, sente la necessità imperiosa di un periodo di riposo, sente l'urgente bisogno di rilasciare quella tensione cui è obbligata dalla possibilità di dover ad ogni momento essere costretta a sostenere un novello attacco dei suoi nemici esterni. Ciò essa tende a realizzare, stabilendo dei rapporti pacifici colle varie nazioni non essendosi ancora potuto in esse determinare dei vittoriosi moti insurrezionali, questi rapporti pacifici potranno permetterle quegli scambi di prodotti di cui sente la privazione. Essa è pertanto indotta ad adottare la tattica di ottenere il riconoscimento ufficiale da parte della potenze dell'Intesa sulla base del reciproco impegno a non ingerirsi nelle faccende interne, a mettersi quindi in rapporto a queste come uno Stato non diverso se non per il suo ordinamento interno. Essa cerca quindi di spingere i vari partiti aderenti alla III Internazionale perché premano indirettamente sui governi borghesi mediante la influenza che essi possono esercitare nelle assemblee legislative. Perciò consiglia l'uso dei mezzi legali, soprattutto lo sfruttamento dell'azione parlamentare. Questo indirizzo tattico giustificato dalla necessità della conservazione urta coll' indirizzo che i partiti comunisti debbono seguire là dove essi debbono prepararsi alla loro specifica funzione, all'abbattimento violento cioè del regime borghese. Su questo dissidio per ora in embrione dovrà decidere la III Internazionale.

 

E' impressionante la lucidità di queste righe che dimostrano come Bordiga non fosse solo ma come una realtà rivoluzionaria in movimento  sapesse esprimere le forze che riuscivano a comprenderla e poi a guidarla.

Importante è anche l'articolo di Tarsia «La Frazione astensionista e il congresso di Mosca» (Il Soviet del 5. 09. 1920, ora presente nel nostro sito) in cui viene ribadito l'accordo  e l'obbedienza ai deliberati di Mosca, pur con alcune differenziazioni (questione elettorale, ad esempio).

Ma prioritaria e fondamentale diventava ora la  creazione del Partito Comunista e tutti gli sforzi furono concentrati  in questa direzione.

Tarsia era presente a Livorno alla fondazione del Partito Comunista d'Italia ed entrò a far parte del suo Comitato Centrale. Al ritorno da Livorno, è dopo la relazione di Tarsia che il 29 gennaio 1921 viene costituita la sezione napoletana del Pcd'I. Fu a Tarsia che toccò di prendere il pesante fardello della sua direzione e la pesante eredità di Bordiga passato all'esecutivo nazionale del partito. Il fatto che facesse parte del Comitato Centrale del nuovo partito e che quindi potesse avere facilità di contatti con Bordiga, favorì senz'altro il passaggio delle consegne.

Nella sezione napoletana del Pcd'I i medici erano quattro: Mario Mastropaolo, Giuseppe De Nito, Ludovico Tarsia e Nicola Lovero; i primi tre rimasero molto legati a Bordiga fin negli anni sessanta quando li troviamo presenti e attivi nella sezione napoletana del Partito comunista internazionale (il programma comunista).

Ligio alle direttive del Partito, come scrive Bordiga in «Il Soviet» (n. 7 del 17 aprile 1921) riferendosi alle imminenti elezioni politiche:

 

Speravamo anche noi, e si capisce il perché, che non si facessero. Ma bisogna deporre ormai ogni speranza. Le elezioni si fanno...; per chiare ragioni di disciplina tattica internazionale il partito comunista deve intervenire, ed interverrà nelle elezioni.

 

Tarsia è nella lista dei diciassette nomi che il Partito Comunista d'Italia presentò a Napoli, lista dove è in compagnia di Salvatore Mauriello, Francesco Misiano, Michelangelo Pappalardi e Luigi Repossi.

A metà 1921 partecipò all'attività a Napoli dell' Istituto di cultura proletaria; tenne alcune conferenze tra cui Il riformismo e la sua funzione controrivoluzionaria e in seguito un'altra su La difesa del corpo umano nelle lesioni violente.

Tarsia, che ebbe sempre grande indipendenza di pensiero, mal si assoggettò all'accettazione delle posizioni dell'Internazionale Comunista che andavano snaturando, annacquando e modificando le posizioni della Sinistra Italiana. A tutto ciò Tarsia voleva opporsi e cominciò a defilarsi nel partito e a rifiutare posti di responsabilità. Ancora nel 1925 offrì comunque assistenza medica ai compagni del  partito.

Dal 1928 al 1936 emigrò in Brasile con un altro medico comunista napoletano Mario Mastropaolo (cui abbiamo accennato poco sopra): entrambi furono impegnati professionalmente a Rio de Janeiro e a San Paolo. Va detto per inciso, che anche della figura non marginale di Mastropaolo, in presenza di più notizie, ci sarebbe certo da parlare. Più giovane di Tarsia, fu comunque presente nel PCd'I fin dal 1921. All'inizio del 1924 fu tra gli artefici della ripresentazione (per qualche numero) a Napoli di «Il Soviet, settimanale politico» e partecipò poi alla elaborazione di «Prometeo» nel cui n. 3 (15 marzo 1924) trovò posto un suo articolo intitolato "Dalla guerra borghese alla rivoluzione proletaria".

Tornando a Ludovico Tarsia, al ritorno in Italia nella sua veste professionale di chirurgo durante la seconda guerra mondiale fu direttore, col grado di colonnello, dell'ospedale di Abbazia a Trieste.

Ritornato poi a Napoli, mentre il fratello Antonino era diventato uno dei leader dell'opposizione al nazi-fascismo e delle "Quattro giornate di Napoli", Ludovico riallacciò i contatti e i legami con chi  si fece promotore della "Frazione di sinistra dei comunisti e socialisti italiani" e del giornale "Il Proletario". Qui ritrovò vecchi amici fra cui Giuseppe De Nito e riallacciò il legame con Amadeo Bordiga, pur non avendo aderito quest'ultimo alla Frazione.

Ludovico Tarsia è attivo anche quando la Frazione si scioglie per aderire al Partito Comunista Internazionalista e partecipa al Convegno di Torino (28 -31 dicembre 1945) che riunisce per la prima volta in assise il Partito Comunista Internazionalista.

Della sua attività e presenza in questa organizzazione troviamo traccia fin dal 1946 da un articolo che appare su Battaglia comunista «Vi sarà una situazione rivoluzionaria in questo dopo guerra?» (Battaglia comunista, n. 31, 16-31 dicembre 1946) nel quale è manifesto che non condivide l'ottimismo rivoluzionario che caratterizzava l'organizzazione in qual periodo.

Nel 1948 fu risolutamente contrario a che il partito si presentasse alle elezioni. Scrisse altri articoli nella stampa di partito, ad esempio su Prometeo, rivista teorica del partito, «Cristianesimo e marxismo» (n. 12, gennaio 1949 ) e su Battaglia comunista  (n . 17 e 18 del 1951) un articolo (diviso in due parti e presente anch'esso in questo sito)  intitolato «L'astensionismo».

La stessa lucidità e lo stesso sicuro maneggio del marxismo sono presenti nel suo testo su «partito e sindacati» che verrà pubblicato nel "Bollettino per la preparazione del II Congresso del Partito" nel 1951 ( Bollettino edito dalla tendenza di Damen).

Nessun dubbio ci fu per lui di porsi al fianco di Bordiga all'epoca della rottura in due tronconi delle forze internazionaliste. In seguito, ai compagni che gli ponevano qualche dubbio e non sapevano come collocarsi su determinate questioni rispondeva con un aperto sorriso: "Noi con Amadeo siamo sicuri" frase tanto più valida e significativa in quanto Tarsia mantenne sempre una ampia autonomia di pensiero anche rispetto a Bordiga verso il quale non aveva alcun timore o alcuna soggezione a mantenere una eventuale divergenza.

Come Bordiga, mantenne la sua presenza alle riunioni generali del partito e alla vita dell'organizzazione fino alla metà degli anni sessanta.

Sua fu la traduzione di un lungo discorso di Trotzky al IV Congresso dell' I.C. che il giornale "il Programma comunista" pubblicò nel 1966.

Ormai più che novantenne, nel 1967, pubblicò un piccolo volume intitolato «Come si forma il pensiero» (E.P.S. Napoli, 1967) che, nello spirito indomito e battagliero che lo caratterizzava inizia così:

 

Compagni, proletari.  Mi sono indotto alla compilazione del presente scritto per il solo fine di porre nelle vostre mani un'arma che vi sia utile per combattere l'ideologia borghese in un campo nel quale a me sembra che la critica marxista non abbia ancora sufficientemente affondato la sua azione demolitrice e che costituisce una delle più salde catene che voi spezzerete, insieme alle altre, nella lotta armata liberatrice.

 

Quando Bordiga si ritirò malato e solo a Formia, Tarsia fu uno dei pochi che regolarmente andava a trovarlo.

Dopo una ultima visita ad Amadeo Bordiga, profondamente abbattuto e in uno stato d'animo di pieno dolore avendo compreso, lui medico, le condizioni e la situazione ormai senza speranza dell'amico,  muore precedendo di pochi mesi  Bordiga.

S.

 

 

E' d'obbligo in conclusione di queste note ringraziare Amedeo e Ludovica Tarsia in Curia per la gentile collaborazione prestataci nella stesura di questo profilo del nonno.