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archivio > Biografie>Fortunato (Natino) La Camera 1898 - 1972. Note biografiche

aggiornato al: 24/05/2009

Fortunato La Camera, 1898-1972.

Fortunato (Natino) La Camera

1898 - 1972

 

Le notizie biografiche che qui riportiamo su Fortunato La Camera  sono tratte  dal bel lavoro di Giovanni Sole: Appunti per una biografia su Natino La Camera.

 

Fortunato La Camera nacque a Cosenza il 4 marzo 1898 da Bernardo, impiegato comunale, e da Fausta Borruti, casalinga; entrambi i genitori erano originari di Bagaladi (paesino in provincia di Reggio Calabria), dove uno zio, Giovanni La Camera, era stato sindaco socialista.

Dopo essersi diplomato in ragioneria, Fortunato frequentò la scuola militare di Caserta e fu chiamato alle armi come ufficiale di fanteria. Colpito, in trincea, da gas asfissianti rimase a lungo intossicato e ammalato; ritornato a Cosenza in convalescenza rifiutò, al nuovo richiamo, di tornare al fronte. Fu condannato quindi a due anni di carcere e alla destituzione per diserzione; la pena fu poi estinta dal governo Nitti nel 1919.

Il Partito socialista, cui Natino aderì, a Cosenza era quasi totalmente in mano al riformismo e preda di acuti contrasti che ne paralizzavano l'attività. Natino si organizzò con altri per dare vita alla frazione comunista e poi il 27 febbraio del 1921 costituì, alla presenza di Ludovico Tarsia per l'Esecutivo nazionale del Partito, la sezione di Cosenza del Partito Comunista d'Italia di cui fu il primo segretario.

Al suo fianco si pose Fausto Gullo che così scrisse di lui: «Fu tra i primi nella fondazione dei due giornali locali del Partito Calabria Proletaria e l' Operaio e insieme collaborammo alla loro pubblicazione fino a quando, dopo vari sequestri, dovemmo subire la repressione prefettizia, ed è vivo nel mio animo il ricordo del fervore instancabile di Natino nel tener dietro a tutte le necessità della vita dei giornali, che egli più di tutti sentiva, così indispensabili, specie in quei tempi, come mezzi e strumenti insostituibili di propaganda».

Tra i suoi compiti all'interno del Partito c'era anche quello di tenere i legami con l' «Ufficio I», l'apparato illegale del Partito diretto da Bruno Fortichiari; in questa attività il nome sotto il quale era conosciuto era «Ardito».

In un rapporto all'Esecutivo nazionale del partito Ugo Girone, nel 1923 responsabile meridionale del partito,  scriveva che la situazione organizzativa del partito a Cosenza era migliore che in altre parti della regione e che Cosenza si presentava come la Federazione più forte di tutto il Mezzogiorno dopo Napoli, visto che poteva contare su 183 iscritti, suddivisi tra il capoluogo, Pedace, Morano, Spezzano, Casole, San Lucido, Castrovillari, Paola, Rossano e Corigliano.

In concomitanza con gli arresti  della dirigenza comunista dell'inizio 1923 anche Natino subì un breve fermo.

Nel maggio del 1924, viaggiando su un cargo russo che partì da Genova e arrivò in un porto del  mar Nero, giunse in Russia per partecipare al V Congresso dell'Internazionale Comunista che si svolse nel giugno-luglio di quell'anno.

Al ritorno dalla Russia inizia la battaglia all'interno del Partito per la difesa delle posizioni della sinistra. La Camera fu animatore (con Fausto Gullo) del «Comitato d'Intesa»; Gullo, che nel 1924 era stato eletto deputato, dopo molti tentennamenti, a fine 1925 aderì alle posizioni del centro gramsciano e divenne un elemento importante del partito stalinizzato nel secondo dopoguerra.

Alla fine del 1925, dopo lo scioglimento del Comitato d'Intesa, nella corsa accelerata allo smantellamento della Sinistra, La Camera venne anche rimosso dalla carica di segretario della Federazione di Cosenza.

Nel gennaio del 1926 partecipò, unico rappresentante della Calabria, al congresso di Lione del P.C.d'I. dove si schierò  con la sinistra.

Arrestato nel novembre del 1926 inizia la sua peregrinazione tra carceri e luoghi di confino. Fu a Lampedusa, Ustica, Palermo, Ponza , Lipari e poi Ponza ancora. Mino Maccari, giornalista della "Stampa" che fece un reportage tra i confinati per il suo giornale «La Stampa» così parla di Natino, l'uomo che gli faceva da guida per le interviste agli altri confinati:

«... Il La Camera appartiene a quelle categorie di persone secondo le quali il mondo non ha ragione di esistere se non è organizzato, secondo le quali non si dà felicità possibile senza che dipenda da una organizzazione. (...) La compagnia del La Camera, malgrado l'ossessione che lo domina, non è sgradevole, perché si tratta di un giovane, di un convinto, di uno che paga di persona le sue convinzioni ideologiche. La sua intransigenza a questo proposito non gli impedisce il rispetto per le opinioni altrui, né una certa serenità di discussione. Egli è stato molto cortese con me, la mia spregiudicatezza gli ha fatto dimettere, nelle nostre lunghissime conversazioni, quell'atteggiamento che nel giudizio di altri lo fa reputare un soggetto pericoloso».

In altra occasione, questa negli anni settanta, lo stesso Maccari scrisse

«...confermo che trascorsi molti giorni in compagnia del caro La Camera di cui ammirai il carattere e che fu con me, malgrado la diversità delle nostre posizioni, cordialissimo e sincerissimo. Fui veramente commosso della fiducia che egli mi dimostrò e che in un certo senso mi aiutò a liberarmi da certe illusioni a proposito del fascismo e della possibilità che quel movimento in un modo o nell'altro "guarisse". Non m'è possibile ricostruire le lunghe conversazioni tra me e La Camera, ma ricordo che la parola era più a lui che a me, che mi scoprii digiuno affatto della storia e delle questioni della politica. Ricordo anche che il commissario di polizia era furibondo di questo sodalizio».

Ritornò a Cosenza nel 1932 per conoscere di essere stato espulso, nell'autunno e precisamente l'8 di ottobre, dal Partito comunista per "frazionismo continuato"; sembra però non cessasse il suo impegno politico se Giovanni Ferro nel suo libro "Noviziato tra le isole" così scrive del suo soggiorno a Cosenza:

«La nostra compagnia era dominata dalla figura prestigiosa del comunismo cosentino: Fortunato La Camera, noto esponente della corrente bordighiana. I carcerieri che lo consideravano uno degli ospiti più affezionati, gli obbedivano come ad un ministro in carica e noi tutti beneficiavamo della sua autorità».

Rimaneva quindi un elemento da tenere strettamente d'occhio e nell'agosto del 1942 fu richiesto "in considerazione dei suoi cattivi precedenti politici" che venisse allontanato dalle "zone costiere" e fu quindi internato nel campo di concentramento di Muro Lucano e solo nel settembre 1943 ritornò nella Cosenza liberata dove con Fausto Gullo e Gennaro Sarcone  fu in prima fila nell'opera di ricostruzione del Partito Comunista. Allora non gli si chiese conto della sua espulsione dal partito di una decina di anni prima.

Troppa distanza c'era però tra le posizioni che difendeva Natino e quelle del "nuovo" partito comunista. Nonostante alcuni colloqui con Togliatti Natino La Camera rimase sulle sue posizioni e pagò questo comportamento con l'isolamento e l'emarginazione: La Camera venne espulso dal partito "per opera disgregatrice" nel dicembre del 1944. Prese quindi contatto a Napoli con  la Frazione di sinistra dei socialisti e dei comunisti italiani e fondò una sezione della Frazione a Cosenza e fu poi uno degli artefici della confluenza della Frazione nel Partito Comunista Internazionalista nell'estate del 1945.

Nel 1952 quando il Partito Comunista Internazionalista si scisse in «il programma comunista» e «battaglia comunista», mentre a Catanzaro Francesco Maruca si schierò con Damen, Natino La Camera fu con Bordiga che, con un piccolo gruppo di compagni, seguì fino alla morte.

Negli anni sessanta le sue condizioni di salute cominciarono a peggiorare; fino alla fine rimase viva la sua amicizia con Bordiga, cui sopravvisse di due anni.

Natino La Camera morì il 6 settembre del 1972 e alle sue esequie fu presente il proletariato cosentino anche se lontano dalle sue posizioni per ricordare il vecchio e intransigente combattente.

Fausto Gullo, amico e compagno di gioventù, pur approdato a lidi togliattiani, nutrì sempre per lui un sincero affetto,  così scrisse alla sua morte forse riandando, col pensiero, al suo cedimento di fronte a chi aveva saputo invece mantenere intatta la sua posizione:

«Riandando al fortunoso periodo della nostra comune battaglia, la straordinaria figura di Natino La Camera, mi rivive davanti in tutta la sua avvincente personalità. A un combattente come lui, che tutto diede e mai nulla chiese al partito e che si mantenne fedele all'ideale della prima giovinezza fino all'ultima ora della sua vita non è mai venuta meno la nostra fervida ammirazione, che ora si accompagna al tristissimo rimpianto».