L'Unità , 30 aprile 1926
Al VI Esecutivo allargato dell'Internazionale Comunista (febbraio-marzo 1926) nella IX seduta del 25 febbraio Bordiga, ritornando a parlare del Congresso di Lione, dice: «Mi limito a dichiarare che al Congresso del nostro partito abbiamo dovuto presentare una dichiarazione che ne contestava la validità facendo ricorso all'Internazionale. La preparazione del Congresso italiano prende un posto abbastanza scandaloso nel famoso regime interno di compressione meccanica nei nostri partiti. Si è condotta una accusa di frazionismo e di scissionismo con una campagna deplorevole. Si è condotta poi la consultazione con dei metodi tali che, per dirne una, il mio voto, il voto di Bordiga, come membro dell'organizzazione di base, è andato... alle tesi della Centrale. Nient'altro che questo». ( «La Correspondance Internationale», n. 36, 19 marzo 1926, pag. 342- 343)
Bordiga, appena arrivato a Mosca per partecipare all'Esecutivo Allargato, aveva quindi presentato ricorso per invalidare il Congresso di Lione.
Dopo la presentazione del ricorso Bordiga e Togliatti furono convocati da Piatnitsky, segretario allora del CE dell'Internazionale. Così Bordiga ricorda quell'incontro: «Piatnisky, che era un buon vecchio compagno, molto affabile, credette di risolvere la questione in questo modo. Disse: "Bene, Bordiga e Togliatti, datevi la mano, e noi mandiamo la pratica in archivio, la insabbiamo, non se ne parli più"». ( Italo de Feo, Tre anni con Togliatti, Mursia, Milano, 1971, pag. 162)
Del ricorso presentato da Bordiga non siamo riusciti a trovare traccia ma la questione non fu archiviata o "insabbiata"; essa fu discussa il 17 marzo dalla Commissione di Controllo e le conclusioni ratificate dal Presidium il 31 marzo.
Portiamo a conoscenza dei nostri lettori la dichiarazione dell'Ufficio Politico del Partito Comunista d'Italia pubblicata su «L'Unità» del 30 aprile 1926.
Ad essa facciamo seguire una lettera di Bordiga del 19 maggio 1926 indirizzata alla "centrale" del partito.
Partito Comunista d'Italia
Ufficio politico
Quando nel mese di giugno dello scorso anno la Centrale del Partito denunciò alla massa dei compagni il tentativo frazionistico nato sotto il nome di Comitato d'Intesa ed intimò a coloro che stavano violando le norme della disciplina comunista di porre fine ad ogni azione incompatibile con la milizia nel partito, sia individualmente da parte di alcuni fra i responsabili di quella iniziativa come da parte del Comitato d'Intesa nel suo complesso vennero lanciate contro il C.C. del partito accuse di vario genere ledenti in modo basso e volgare la sua dignità politica. Sdegnando di nutrire di simili argomenti la polemica che toccava i più gravi e decisivi problemi della vita del partito, il C.C. decise e lo rese noto, di chiedere alla Commissione Internazionale di controllo un giudizio sopra le accuse che gli venivano dirette.
Successivamente, all'inizio delle sedute del III Congresso nazionale del P.C.I. i compagni della estrema sinistra, riprendendo parte di quelle accuse e precisamente quelle che si riferivano al modo parziale con cui il Congresso stesso sarebbe stato convocato, tentarono di inficiare la legalità statutaria dell'assemblea e quindi la validità delle decisioni che esso avrebbe preso nello sviluppo dei suoi lavori. Il Congresso stesso fece giustizia dell'audace tentativo: ma l'estrema sinistra per bocca del compagno Bordiga si riservò di appellarsi al Presidio dell'I.C. contro la validità del congresso.
Tutto il materiale relativo alle due pratiche venne tempestivamente trasmesso alla Segreteria dell'Internazionale e preso in esame dalla Commissione di controllo della Internazionale stessa, la quale, nella sua seduta del 17 marzo 1926, ha votato la seguente risoluzione:
«Dopo aver esaminato i documenti trasmessi alla Commissione Internazionale di Controllo dalla Centrale del Partito comunista d'Italia e dopo aver ascoltato personalmente il compagno Bordiga ed il rappresentante della Centrale del Partito comunista d'Italia, la Commissione Internazionale di Controllo dichiara:
--a) ogni lotta politica che si svolge nell'interno di un partito è inevitabilmente accompagnata da conseguenze di organizzazione: non vi è nulla su cui la Commissione Internazionale di controllo si possa basare per prendere in considerazione una critica relativa a lotte di carattere personale nelle file del Partito comunista d'Italia (e meno ancora una accusa di corruzione contro il Comitato Centrale);
--b) la Commissione Internazionale di controllo si rifiuta di fare oggetto del suo esame la accusa di Bordiga contro la Centrale del Partito Comunista d'Italia».
A sua volta il Presidium dell'I.C. ha ratificato questa decisione e nella sua seduta del 31 marzo ha votato la seguente risoluzione complementare:
«Il Presidium dell'I.C. sulla base della dichiarazione della Commissione Internazionale di controllo respinge l'appello di Bordiga contro la validità del III Congresso del Partito Comunista d'Italia e conferma l'intiera validità del Congresso e l'autorità delle sue decisioni come della Centrale che vi fu eletta».
Portando a conoscenza del Partito queste deliberazioni dell'Internazionale noi sappiamo che nulla aggiungiamo allo spirito di piena e convinta accettazione su cui esso ha salutato immediatamente e spontaneamente la grande e veramente storica Assemblea nazionale del Partito ed i risultati dei suoi lavori. La massa dei compagni infatti già ha dato inizio con rinnovato fervore e sacrificio all'opera faticosa di cui il programma venne disteso nel corso delle discussioni, lunghe ed appassionate del III Congresso. Ma poiché la piccola manovra si era tentata e forse si pensava da parte di taluni di farne punto di partenza di più ampio perturbamento, è bene che l'Internazionale ed il suo più alto organo di richiesta di controllo abbiano pronunciato la decisione definitiva.
Più nessuna obiezione o remora o riserva dunque è ancora possibile sul valore obbligatorio del recente Congresso e sull'autorità della nuova Centrale del partito. Questa, più forte per la conferma del suo potere da altri non da lei provocata, ribadisce la sua volontà di realizzare e cementare nel lavoro attivo l'unità di tutte le forze del partito e la sua ferma intenzione di imporre l'osservanza della più rigida disciplina colla massima severità valendosi delle sanzioni previste dallo Statuto contro tutti coloro che si azzardassero a violarla.
L'Unità 30 aprile 1926
* * * * *
Napoli 19 maggio 1926
Cari compagni della Centrale,
In ordine al vostro comunicato sull'atto del ricorso contro la volontà e regolarità del nostro III Congresso, senza alcun intendimento polemico e senza in alcun modo contestare le conclusioni a cui giungete, chiedo di poter dare alcuni semplici chiarimenti di fatto.
Anzitutto non si tratta del ricorso "di Bordiga" ma di quello di tutta la rappresentanza della sinistra al Congresso Nazionale.
In secondo luogo va precisato che la Commissione di Controllo non mi udì che solo agli effetti di assodare se la vertenza era o meno sua competenza. Mi si chiese infatti di esemplificare soltanto succintamente taluni dei motivi del ricorso, per individuare i caratteri di questi senza entrare in merito. In seguito a ciò la Commissione decise come dal comunicato di non fare oggetto del suo esame le accuse, ed io non fui invitato a farne l'esposto completo e a produrre le annunziate prove e testimonianze, data la decisione di non passare al merito pregiudizialmente presa.
Il Presidium in seguito ha creduto di respingere il ricorso "sulla base della decisione della Commissione di Controllo". E sta bene, ma per la cronaca va pure stabilito che il Presidium non ha interrogato me né altri, né in alcun modo proceduto alla istruzione e all'esame al merito della questione, mentre la Commissione di Controllo, non passando al merito, intendeva appunto stabilire che si trattava di una quistione da risolversi dagli ordinari organi politici dell'Internazionale.
In ogni modo io, come credo tutti gli altri compagni che avevano solidarizzato col ricorso, non possiamo che prendere atto che la questione è stata chiusa.
Saluti comunisti,
Amadeo Bordiga