Cerca nel sito



 


archivio > Novita'>Su «Una intervista ad Amadeo Bordiga» del giugno 1970

aggiornato al: 03/12/2007

Rivista di storia contemporanea nr. 3 1973

La bella e preziosa intervista ad Amadeo Bordiga raccolta da Edek Osser nel giugno del 1970 [che apparve nella  Rivista di storia contemporanea (n. 3, 1973)] è conosciuta e nota.

Essa era già presente da parecchio tempo in internet nel sito di «n+1»  (Cliccare qui); ora viene riproposta anche nel sito della «Fondazione Amadeo  Bordiga»  (Cliccare qui).

Rimandiamo quindi a quei due siti per la lettura del testo.

Noi aggiungiamo solo la pagina di introduzione all'intervista presente nel testo della rivista ma assente nelle due versioni in linea. Ci pare interessante riportarla perchè in essa viene  spiegata la genesi di quell'intervista.

 

 

«Questa intervista ad Amadeo Bordiga risale all'estate del 1970, pochi mesi prima della sua morte. Sergio Zavoli, Luciano Onder ed io stavamo allora preparando un'inchiesta televisiva a puntate sulle origini e sull'affermarsi del fascismo, che andò poi in onda nel novembre del 1972 con il titolo Nascita di una dittatura. Tra i protagonisti della vita politica degli anni del primo dopoguerra che ci sembrò importante intervistare, Bordiga aveva un posto a parte: non solo per il peso decisivo delle sue idee e della sua azione al tempo della fondazione del PCI e dei primi anni di vita del partito, ma per quella specie di enigma che circondava la sua scomparsa dalla scena politica. Lo si sapeva del resto contrario alle interviste, diffidente verso i giornalisti, chiuso da quarant'anni in un isolamento politico solo in parte volontario.

Riuscii ad incontrarlo per la prima volta a Formia, in una modesta casa sul mare dove viveva con la seconda moglie, Antonietta De Meo. Era rimasto gravemente offeso da una trombosi che lo aveva colpito nel 1969, ma aveva conservata intatta la sua lucidità. La sua stanza arredata in modo sommario e il suo parlare diretto mi sembrarono il riflesso di quanto sapevo di lui: della sua intransigente coerenza e del rifiuto di ogni compromesso. Due elementi che avevano certo contribuito, anche dopo il 1945, a mantenerlo in una condizione di solitudine ideologica, slegato ormai anche dal gruppo da lui fondato: il Partito Comunista Internazionale. Lo si sentiva tuttavia ancora, a 81 anni e infermo, animato da una rigorosa fede laica, convinto, di possedere solide chiavi interpretative per un mondo nel quale aveva vissuto e continuava a vivere con interesse e semplicità infantile. Era informato di tutto, curioso della gente, fortemente legato ad amicizie antiche e recenti, in apparenza privo di rancori. Mi sembrò che questa affascinante disponibilità personale, il suo spirito di napoletano colto, si ponesse in un rapporto diretto e non contraddittorio con la sua esigenza di usare la mente in modo chiaro e schematico, tessendo pensieri da ingegnere, netti, geometrici, negando a se stesso quelle sfumature di cui certo sarebbe stato capace. E' difficile dire perchè accettò l'idea di un'intervista; probabilmente i motivi furono diversi, psicologici e politici. Al fondo, la possibilità di riconfermarsi ancora, pubblicamente, fedele alle sue originarie tesi ideologiche; il desiderio di uscire, certo per l'ultima volta, dalla solitudine politica alla quale un tempo era stato costretto e che continuava a motivare con un rigore senza incertezze. Ci pose subito alcune condizioni pregiudiziali: non intendeva rispondere a domanda di carattere personale, né raccontare fatti ed episodi marginali ( «odio l'aneddotica», dichiarò). Prima di dire sì all'intervista televisiva pose un'altra condizione: che gli consentissimo una prova, una specie di esame - disse - per verificare la possibilità di esprimere in modo tanto sintetico il suo pensiero. Chiese quindi che gli mandassimo un questionario al quale avrebbe risposto per iscritto. Era un modo cortese, naturalmente, per fare un esame a noi, per capire cioè se le nostre domande gli avrebbero permesso di chiarire le sue posizioni di fondo. Gli mandammo un questionario di 23 domande che abbracciava il periodo 1917-1926. Bordiga ci fece sapere che non aveva obbiezioni. Come era sua abitudine dettò le risposte alla moglie, che le trascrisse a mano su 49 fogli di carta a quadretti. Quelle risposte vengono qui pubblicate integralmente, insieme alle domande che servirono da stimolo alla sua memoria. L'intervista (oltre a quella diversa, che in seguito ci rilasciò davanti alla macchina da presa) è l'unica che egli abbia mai concesso ed è anche l'unico scritto destinato alla pubblicazione che egli ritenne di dover firmare. E' nota infatti la sua avversione a qualunque forma di «proprietà» intellettuale. Trattandosi però di un'intervista che, come tale, non poteva lasciare anonima, fece un'eccezione e firmò «ing. Amadeo Bordiga».»