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archivio > Lettere di Bordiga>Lettera di Bordiga a Perrone (Napoli 20 aprile 1950)

aggiornato al: 16/01/2008

20 aprile 1950

Questa è la prima lettera che inseriamo di un cospicuo carteggio tra Bordiga e Ottorino Perrone. Tra i due il contatto ed il legame si era mantenuto dai ruggenti anni venti, pur flebile, anche negli anni tra le due guerre mondiali quando Bordiga viveva controllato a Napoli e Perrone, esule a Bruxelles, in Belgio, dava vita a Bilan ed era l'anima della Frazione italiana.

Alla fine della guerra il loro legame si rinsaldò ed il loro rapporto divenne intenso dopo la costituzione del Partito Comunista Internazionalista. Ottorino Perrone che era rimasto in Belgio, a Bruxelles, visse al fianco di Bordiga la rottura con «battaglia comunista» (passata al gruppo di Onorato Damen) e la nascita di «il programma comunista» e fu, se così si può dire, il suo braccio destro.

La morte colse Ottorino Perrone a Bruxelles nel 1957 ad appena sessant'anni e a lui Bordiga dedicò un accorato scritto  «Ottorino Perrone: una pagina della battaglia rivoluzionaria» («Il programma comunista»  n. 21, 8-25 novembre 1957) che presto troverà spazio nel sito.

 

 

Napoli 2 aprile 1950

 

Ottorino,

              dato che ti arrabbi delle condanne personali ed erroneamente credi  a) che sia io il giudice inappellabile  b) che sia tu il solo imputato, abbandono da ora innanzi la formulazione ad hominem "ad ottum" ed esprimo direttamente come vedo le quistioni oggettive che da te sono richiamate. Evito di porre in evidenza dove la tua formulazione e la mia differiscono, adotto un ordine per mio conto senza seguire polemicamente i tuoi dettati.

Economia base. Premetto brevemente che dove nella miscellanea rispondendo a Bruno dicevo che nel papiello venuto da Otto vi era cenno della parte economica della tendenza Chaulieu circa la fine del mercato non intendevo affatto attribuire ad Otto ma a quei deviazionisti la tesi, cui mi riservavo ulteriori confutazioni in P. e C. e F.d.T. Chiusura definitiva dei fatti personali.

Mano alla Bibbia: prime parole della prefazione alla Critica. L'ordine secondo il quale io considero il sistema della economia borghese è il seguente: capitale, proprietà della terra, lavoro salariato, stato, commercio internazionale mercato mondiale. Le prime tre rubriche si riferiscono alle "tre grandi classi" della società presente. Il tratto di unione delle altre tre "salta agli occhi di tutti". Bene.

Prima battuta dell'Antidhuring. Il contenuto del socialismo moderno è offerto dalla duplice concezione, da un lato del contrasto fra possidenti e proletari, capitalisti e salariati, dominante l'attuale società, dall'altro dall'anarchia della produzione. Nota benissimo: due lati di peso pari, sebbene vi sia un ordine di precedenza. Di questi due passi non ho che testi italiani.

Proviamo a dire quale sarebbe l'ordine per il pensatore borghese: stato (definitivo nella forma elettiva) mercato e commercio nazionale e mondiale (definitivi nella norma equitativa dello scambio) produzione industriale sintesi di capitale e lavoro (ove si tratta di ripartire i pretesi redditi tra i due fattori), proprietà del suolo (definitiva nella forma del diritto romano e della terra=merce).

Questo è il sistema del pensiero borghese classico iniziale rivoluzionario. In P. e C. voglio appunto studiare che cosa per il marxismo è veramente inseparabile dalla persistenza del capitalismo.

La risposta? Il carattere di merce dei prodotti, lo scambio contro moneta, la produzione organizzata per intraprese con bilanci distinti.

Mi fermo qui.

Nel sistema borghese è un punto base la legge della libera concorrenza, della volontaria accessione al mercato, dell'equilibrio offerta-domanda. Intendo punto base della apologetica borghese, non della realtà economica borghese come noi la vediamo.

La legge della offerta e domanda sul mercato non è un pilastro della interpretazione marxista del capitalismo, il fatto della concorrenza nella misura che contingentemente e storicamente vale è usato ad esempio nella trattazione dell'accumulazione storica e così via, della concentrazione etc.

Per convincersi che la doppia faccia liberista e monopolista del capitalismo è nota ai nostri profeti dai primi passi, oltre il discorso sul libero scambio etc. veggasi lo scritto economico di Engels, che poi passò la stecca a Carlo, sulla economia capitalistica, credo del 1844 o quando scrisse sulle classi lavoratrici inglesi. La concorrenza è trattata come conducente dialetticamente al monopolio. Date il mercato dice Engels e ognuno che ci arriva sogna di poter avere il monopolio. Dunque nihil novi...[sono poi aggiunte due righe a penna non decifrabili].

Allora le leggi proprie del sistema di produzione borghese nella nostra concezione conducono ad un processo di contraddizioni e antagonismi, sta benissimo. Non escludono però che nella fase ultima il capitalismo possa, come classe, persistere e reagire nel senso di frenare la concorrenza controllare i mercati ed elevare il prezzo della merce forza di lavoro.

Taglio corto: in tutto il mercato mondiale suppongo che i prezzi non siano negoziati tra venditori e compratori, ma fissati di imperio. Più ancora, anche il volume di affari fissato di imperio da un "piano". Siamo ancora in piena economia capitalistica. Occorre per questo alla borghesia una burocrazia cartacea certo, come occorre carta igienica a chi ha ben pappato.

Già Lenin ricorda che Engels sul programma di Erfurt ammoniva: badate che coi trusts la [parola non comprensibile] se ne sta andando...

Restano la anarchia, cioè l'antirendimento, la dissipazione di forze produttive proprie del capitalismo.

La macchina resterà, non il suo stomaco che toglie cibo allo stomaco del proletario. La macchina tecnica sarà lo schiavo di acciaio di domani in una economia a pieno rendimento.. Parliamo se vogliamo di uno "stomaco" non del borghese, reso dai suoi problemi dispeptico, ma del pazzesco bestiale macchinone dell'economia borghese mondiale.

Mano mano che le forze produttive dl capitale si ammassano, la forza politica della borghesia si concentra in pochi centri mondiali, i successi possibili sono maggiori nel condurre il macchinone e anche nel trarne un poco di ricavo per gli stomaci proletari.

Nel filo in viaggio la mia visione semplicistica sta nella trilogia: Inferno: democrazia; Purgatorio: fascismo; Paradiso: dittatura proletaria. Quale la trilogia economica? Inferno: concorrenza liberista; Purgatorio: dirigismo, riformismo, migliorismo sociale; Paradiso: socialismo.

Politica base. I rapporti delle forze per il potere. Pensare che la rivoluzione venga dallo stare disperatamente male per l'aggravarsi delle contraddizioni del capitalismo è una frase che non esaurisce il problema.

Anzitutto i salariati nell'industria possono stare meglio e molto meglio mentre la fame fa strage nei paesi arretrati e di colore, in paesi in crisi produttiva, le guerre straziano etc. etc.

Comunque per il nostro determinismo la prospettiva è questa: nella misura in cui si vede che il capitalismo gira rugginosamente nei suoi ingranaggi per venire nella fase di aspettazione eroica bisogna VEDERE che anche lo schieramento classista e politico del proletariato si risolleva e potenzia per fatto spontaneo. Questo VEDERE non è sostituibile da un VOLERE.

Invece la prospettiva della fine guerra e di oggi era negativa anche sotto questo riflesso: non si era delineato in maniera apprezzabile il processo di ripresa del movimento e di liberazione dalle scorie opportuniste. Anche un fesso poteva antivedere che l'orgia della sconfitta fascista era una condizione antitetica all'ottimismo in tal senso.

Purtroppo la idiota aspettazione che era un successo ritornare ai regimi a metodi antifascisti non si sconta in ciclo breve: blaterano, appunto i complici socialtraditori della borghesia, che si scontano le conseguenze del fascismo delle sue repressioni e della guerra che ha provocato, dicono che non ci siamo ancora alla piena democrazia... hanno tempo e panno da tagliare prima che il ricordo del fantoccio fascismo sia tanto lontano da far attribuire al sistema borghese in sé quelle colpe etc. Seguito ad enunciare in forma spicciativa.

Dunque non vi è fretta. Non siamo al tempo in cui si scrivono i che fare? ma i che canchero succede attorno a noi? Che cosa non si sarebbe dovuto fare e dire e credere?

Allora il partito in Italia? Non si doveva costituire. Momento.

Non era urgente appunto perchè nel 43=44=45 non erano visibili palingenesi classiste. Allora si doveva prima guardare bene di non prendere dentro chi non avesse la linea chiara su quei punti, e per farlo occorreva piattaformare prima e bene: a) i punti base marxisti su cui abbiamo sempre chiodato, b) una sicura originale visione del fattaccio seconda guerra mondiale e degenerazione comintern.

Dal 1945 al 1950 questo dovrebbe essere fatto. Se non è andata proprio bene questo è un segno che "c'è tempo" ai grandi momenti. Uno dei segni è che non vengono alcuni nuovi e giovani elementi di punta nemmeno nella ricerca teorica cui passare le stecche. Verranno.

Non volli dire che per decenni il partitino non si dovesse fare.

Questo partito può vivere della sola indifferenza rispetto ai due gruppi? Che cosa vuol dire indifferenza? Se ho una pistola tra due lanciatori di bombe H è indifferente come la punto. Sono libero di fare calcoli se in una delle due ipotesi di vittoria potrò usare la pistola. Io non avrei certo trattato con Hitler né tratterei con Stalin neanche per un partitino di tre iscritti. Credo però di aver potuto dire allora: perderà Hitler, peccato, e domani perderà Stalin, peccato. Con la mia pistola non ammazzo certo tutti e due, e nemmeno uno dei due. Sto a vedere.

Potendo si capisce che i nuovi partitini dovrebbero lavorare in America, Russia e Cina. Mezzi e tecnica non qui.

Ma che quelle influenze si esplichino scegliendo una soluzione, da parte del partitino, nelle elezioni o nelle commissioni interne, non mi pare.

Sia il preferente che l'indifferente possono essere [parola non comprensibile] nella soluzione di quei graviiiiii problemi tattici.

Esprimo parere contrario a questa posizione che immagino io ma non attribuisco a nessuno. Piccolo partitino dove si specula e si studiano diagnosi. Ognuno come singolo fa come vuole nella fabbrica sindacato comizio etc.

PRIMA SI SENTONO INSIEME RIFLESSI E STIMOLI DELL'AMBIENTE SOCIALE. POI CI SI TROVA AD AGIRE INSIEME. POI CI SI TROVA AD AVERE LA STESSA TEORIA.

Questo il determinismo.

Compito quindi, mantenere il filo storico e possibilmente la rete geografica del marxismo ortodosso. Il filo si assotigli ma non si rompa.

Nessuno può arbitrarsi a pensare da solo come vuole e tanto meno a seguire vie di azioni ad arbitrio. Piuttosto non pensi e stia fermo.

La cristallizzazione di forze notevoli intorno al sottile filo verrà come per quello che regge il cristallino purissimo nella soluzione.

Copiare tre volte la Prefazione alla Critica e l'evoluzione dall'Utopia.

Non preoccuparsi di non essere trovati in casa dalla Rivoluzione. La Rivoluzione bussa sempre mille volte. Meglio ancora: trova sempre qualcuno in casa.

Quindi dopo aver copiato, se non ci siamo a dare altre più radiose consegne diamo quella tanto classica: russare.

[Due righe scritte a mano, incomprensibili]

Naturalmente non ho risposto a tutto quello che dici. Ma ho voluto non risponderti; come premesso.

Saluto gli Insonni,