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archivio > Lettere di Bordiga>Lettera di Amadeo Bordiga ad Antonio Gramsci (Ustica, 13 aprile 1927)

aggiornato al: 26/12/2011

Ustica 13 aprile 1927
Lettera di Amadeo Bordiga ad Antonio Gramsci
(Ustica 13 aprile 1927)
 
Nel gennaio del 2008 pubblicammo nel sito un articolo su Bordiga di  Simonetta Fiori: "Quel compagno forte e diritto come un albero" tratto da La Repubblica del 7 luglio 1990.
Nella stessa pagina di «La Repubblica» in cui era riportato quell' articolo era presente anche una lettera di Bordiga a Gramsci del 13 aprile 1927 da Ustica. Allora noi pubblicammo l'articolo della Fiori ma non la lettera di Bordiga che riproponiamo oggi.
La lettera, diversamente da quanto scrisse l'autrice dell'articolo, non è "inedita". Essa apparve insieme ad altre quattro lettere di Bordiga a Gramsci (ed una di Bordiga alla madre di Gramsci) in appendice allo scritto "note di filologia gramsciana" apparso su «Studi storici», n. 1 del 1975. Le stesse lettere apparvero inoltre (presentate questa volta da Antonio A. Santucci) nel volume "Gramsci Le sue idee nel nostro tempo" uscito come supplemento al n. 87 dell'Unità del 12 aprile 1987 e seguirono il trasferimento di Gramsci da Ustica a Milano del gennaio 1927.
Che il rapporto fra Bordiga e Gramsci, anche dopo la rottura politica fra loro, fosse amichevole è testimoniato anche da un articolo di Giuseppe Fiori [«Bordiga, un combattente coraggioso e dogmatico», «Stampa Sera», 27 luglio 1970], articolo che  è ugualmente presente nel sito e nel quale sono riportate le parole di Bordiga:
«Ci stimavamo vicendevolmente. La diversità di formazione culturale e le contese ideologiche non ebbero mai la conseguenza di incrinare i nostri buoni rapporti. Ricordo la sua visita a Napoli nel '25. Veniva per tagliarmi l'erba sotto i piedi in preparazione del Congresso di Lione. Napoli era la mia fortezza e Antonio pretendeva di espugnarla. Tuttavia lo ricevetti a casa. Chi ci avesse visti insieme, avrebbe faticato ad immaginarci avversari. Lui prendeva sulle ginocchia la mia figlioletta Alma e facendola trotterellare come su un somarello sardo le canticchiava una filastrocca che finiva con il verso: "nel Perù, però, perì". Anche s'improvvisava cantatore di romanze d'operetta e metteva in casa un clima di giovialità. Hanno fatto di tutto per nascondere ai giovani il tipo di legame che mi univa ad Antonio. Sono persino arrivati a censurare lo stesso Gramsci togliendo dalla prima edizione delle Lettere dal carcere ogni riferimento alla mia persona. Stavamo insieme ad Ustica e Antonio parlava con simpatia di me alla moglie Julca e alla cognata Tania. Bene, quelle frasi le hanno soppresse».
Rapporto amichevole quindi con rispetto e amicizia tra i due ma il giudizio sul Gramsci "teorico" fu sempre drastico. Scriverà infatti Bordiga:
«Un idealista non è un marxista radicale né un marxista riformista. E' solo uno fuori della nostra via. Storicamente Gramsci ci aiutò a cacciare, con mille ragioni, Turati. Teoricamente però, ed è sempre un male quando lo si tace, ortodossia ne aveva meno Gramsci che Turati». (Struttura economica e sociale della Russia d'oggi, edizioni il programma comunista, 1976, pag.103).
L'interesse di questa lettera è documentario e da essa si può capire la vita dei confinati, quanto essi fossero attivi e impegnati anche nello studio per rendere proficua la loro detenzione.
Del rapporto ad Ustica tra Bordiga e Gramsci si parla diffusamente nel libro Amadeo Bordiga La sconfitta e gli anni oscuri di  Peregalli - Saggioro al capitolo "A Ustica con Gramsci" (pp. 163-178).
 
 
 
Ustica 13 aprile 1927
 
Carissimo Antonio,
                               ho fatto sì che molti ti scrivessero ma io da tempo non scrivo, forse per il solito vizio che nessuna "pratica" concreta me lo impone: perdonami ancora una volta la mia inguaribilità dai noti vizii. La tua lettera ultima del 4 viene a rimproverarmi implicitamente tale colpa.
Ho sottocchi nello scrivere le tue passate, e le intenzioni di battere per un bel poco i tasti della Corona, del che chiedo anche scusa a chi dovrà leggere la presente. Andiamo.
Nel pacco dei libri non ti fu mandata corrispondenza in arrivo, che era non molta e fu volta a volta inoltrata per posta cambiando l'indirizzo. Mi pare erano poche cartoline: Seguita ad arrivarti qualche stampato, tra cui un opuscoletto della scuola filologica ginevrina, che quella facultè ti trasmette con preghiera di un cenno di revisione...
Riceviamo regolarmente i giornali e le riviste che venivano a te, e così fino a scadenza dell'abbonamento. Da qualche tempo non scrivo al tuo amico Piero (ndr Sraffa) che è stato sempre gentile e ci ha fatto larghe offerte di cui abbiamo assai limitatamente approfittato: per esempio i libri occorrenti in più copie li compriamo a Palermo, tanto più che gli allievi li pagano regolarmente. Ora come quotidiani vengono qui "Ora" e "Giornale di Sicilia", fatti alquanto meglio di "Sicilia Nuova" come ben prevedi: Un nostro amico, Giulio Leoni, fa inoltre venire la stampa della penisola.
Come ho accennato, ti ho fatto scrivere da tutti quelli che hai nominati: solo credo di non aver detto a Tucci quanto concerneva suo cognato. Sono lieto che tu abbia avuto le loro lettere e te ne sia rallegrato, come pure mi tranquillizzai apprendendo che ormai eri in corrispondenza con tua mamma e tua cognata.
La tua idea sul lavoro circa gli intellettuali italiani mi pare abbastanza interessante per se stessa: molto interessante, poi, per il fatto che tu ne faccia un oggetto di esame e di studio: Non sarebbe privo di utilità il tracciare i due o più tipi di intellettualismo, se anche non arrivo tanto avanti ad identificarli con porzioni della società italiana e forse li preferirei identificati con momenti, fasi ed abitudini della stessa nelle sue ultime forme storiche. Per esempio, andrebbe benissimo il tipo "1900", in cui con le gonne lunghe e le camicette dalle maniche fino al polso camminerebbero le ideologie tipo prefazione di Carducci con apostrofe a Imbriani. Quindi il tipo successivo "Società anonima per azioni" con studi al Politecnico di Liegi e presso le facoltà filosofiche neo-spirituali. La guerra giungerebbe su tutto questo con gli effetti apocalittici che non occorre ricordare e il dopoguerra ne sorgerebbe col pot-bouille delle sue palingenesi: L'autobiografia di uno di noi in mezzo a tutto questo, come autobiografia culturale, andrebbe intesa come una fagocitosi intellettuale. Uno spirito (ah, ci sono cascato!) di diffidenza e pessimismo, nei riguardi del contenuto di tutte quelle forme e della loro fecondità storica, starebbe a condire il tutto, purché portasse più sulla sostanza fondamentale che nella acerbità della forma polemica che è talvolta (posso permettermi?) un modo nostalgico di amoreggiare senza accorgersene. Molto altro si potrebbe dire su questo, e casomai ne riscriveremo, se ti pare il caso. Mi va la mia parte di avvocato del diavolo, da te escogitata. Bravo.
Filippo è giunto a Roma dove Rita si trova, piuttosto male in salute e come situazione economica. Anche Negri è partito di qua, e dopo di lui Fabrizio. Era con lui e con lui è partita la figlia, il cui comportamento è davvero stato ammirevole soprattutto perché semplice ed equilibrato. Non sto a ridirti le nostre impressioni su tali successive accaditure. Stiamo provvedendo — che razza di salti logici dirai, ma il guaio è che scorro le tue successive come guida — per l'uva Pantesca. Dal Vit è sempre capo mensa ma per la gestione contabile è coadiuvato da altri, come Massini. Alla nostra mensa siamo in 45 e non si va avanti per la piccolezza della cucina dove gli Acquisti, Madrucciani, Romanelli assicurano di abbrustolire con velocità maggiore delle braciole. Cambieremo locale. Sartor dalla carreggiata è uscito del tutto, vive per suo conto, del resto ha qui la moglie e il bambino.
Ci duole che la Pirandelliana non possa essere ultimata. Sbaraglini ti aveva già messi da parte due articoli in argomento, molto notevoli, pare, ma naturalmente non li manderà. Quanto al nominato Marcucci Cesare il vedersi sparare addosso il 420 a 419 millimetri di distanza lo ha scombussolato in modo tale che la risata mi si è ghiacciata sul labbro e ho dovuto ricorrere a mezzi di conforto quasi fisico dinanzi alle manifestazioni del suo completo sconcerto: impossibile discutere con lui il problema. Non la trazione ma la recisione di ambo le orecchie lo avrebbe meno turbato. Invano ho provato a dimostrargli che il colpo era a salve: il solo spostamento d'aria lo ha travolto e messo in condizioni deplorevoli.
Se la Bruna non fosse andata via nemmeno le passerei i tuoi strali circa le sue ultrasimpatie arabe: primo perché a mia volta a voce e per iscritto, in versi e prosa, ho tirato su quel bersaglio. Secondo, perché per la sua educazione avevo ritenuto di abbandonare il metodo punzecchiatorio, dato che la ragazza è «qualcuna» e bisognava evitare le reazioni per avere invece il massimo rendimento nella sua formazione veramente incoraggiante. Ti accenno appena a mie campagne dopo gli ultimi numerosi arrivi contro le selezioni dei «cerebrali», come contro il «paesanismo», «l'isolanismo» e altre degenerazioni. La Bruna si intonava subito e ottimamente. Con tipi meno sensibili e meno reattivi ho invece toccato dentro dalla crosta, pure con esito buono, almeno finora. Vorrei poterti trascrivere il couplet: il «cerebrale» — risposta a quesito, provocato da Lauriti mentre il bambino badava a ripetergli: che cosa hai fatto, che cosa hai fatto!...
Il coatto Pogliaghi è andato via colla gran maggioranza degli altri. Di Conca ti scriverà Ventura previa inchiesta... Lo scopone non solo ma anche il tressette sono non solo decaduti ma andati in disuso quasi completo. Abbiamo troppo da fare e da studiare. L'orario assedia la giornata e le ore che la compongono sempre più da vicino. Anche la serata è stata vivisezionata. Devi sapere che andato via Filippo mi è rimasta una certa corrispondenza commerciale per pasta e altre ordinazioni di cui anelo a liberarmi. Inoltre con Acquisti facciamo riuscitissime fotografie a gruppi, abbiamo un laboratorio fotografico completo: Agostinetti è il nostro piazzista e se ne viene certe sere candidamente a chiedermi dalle sessanta alle centoventi copie. Inoltre il giorno studiamo da noi tra alcuni amici storia della filosofia e un po' di economia. Questo a parte i corsi della scuola.
Venendo a questa, come saprai i confinati sono aumentati di numero fino a circa 300, e ancora aumentano, venendo da Tremiti, Favignana, Pantelleria e Lampedusa. Dunque gran numero delle scolaresche. Per ragioni pratiche la scuola ha dovuto continuare secondo il primitivo avviamento: solo ora diamo brevi vacanze, poi faremo degli esami o meglio sedute di classifica della massa scolara, e quindi si riprenderà con un piano completamente nuovo e con un aumentato corpo insegnante. Non abbiamo risolto il problema dei locali, e quindi non si sono più fatte le conferenze famose: ora ci poniamo questa questione ventilando il fitto di un locale per nostro conto. Ma locali e case mancano e sono cari per la enorme richiesta. La scuola va benino anche come frequenza, ma esige molte cure e lavoro come puoi ben credere. Dalla numerosa colonia sorgono tanti piccoli problemi della vita collettiva, ma insomma tutto va abbastanza bene e seguitiamo a trovarci bene qui a Ustica.
Credo di averti dato le notizie più interessanti, e faccio punto. Tutti ti mandano saluti infiniti, e insieme a loro affettuosamente ti abbraccio,
Amadeo