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archivio > Lettere di Bordiga>34. Articoli di "Prometeo" sulla guerra di Spagna (Prometeo, n. 150, 5 dicembre 1937)

aggiornato al: 04/10/2010

Prometeo, n. 150, 5 dicembre 1937

Lentamente ci avviamo alla fine degli articoli di  Prometeo  sulla Spagna. In questo numero, il 150 di fine 1937, nel primo articolo che riportiamo,  si fa il punto sulla situazione spagnola; nel secondo, polemicamente, si fa un raffronto fra i proletari schierati con i fascisti e quelli che si pongono tra le file della democrazia. Né il "volontario antifascista" né il "mercenario fascista" sono combattenti della causa proletaria ma ambedue sono  inquadrati  in formazioni della borghesia.

 

34

 

 

A che punto siamo della guerra imperialista di Spagna?

 

Da qualche tempo regna nella penisola iberica un ristagno nelle operazioni militari che coincide con una febbrile attività diplomatica dei differenti imperialismi. D’altra parte ciò che si è convenuto di chiamare la retroguardia dei due belligeranti vede delinearsi correnti, determinarsi crepe che sono certamente in stretto rapporto colla situazione economica deplorevole che esiste in Ispagna, dopo un anno e mezzo di massacro capitalista.

Non è fuori luogo porre oggi una serie di ipotesi che derivano dalla situazione internazionale e che di già ci permetteranno di meglio seguire e comprendere gli avvenimenti di Spagna. Anzitutto quella di un compromesso a favore di Franco che è la tendenza odierna della diplomazia britannica. Stiamo entrando in una fase di depressione dell’economia di guerra caratterizzata dalla caduta dei prezzi delle materie prime. Alla vigilia dell’inverno, e tenendo conto della situazione particolare di ogni paese, un tale fatto è di natura da provocare delle scosse sociali nelle zone più congestionate del sistema capitalista. Non è per nulla che Eden, nel suo gran discorso ai Comuni, si è sforzato di ristabilire la posizione di «mediatrice» dell’Inghilterra tra paesi fascisti e Fronte Popolare. Non è neppure un caso se Lord Halifax è andato a Berlino a trattare col nazismo e che a tutto ciò faccia seguito l’intervista dei ministri francesi coi capi della politica inglese.

I principali imperialismi si concertano, con uno spirito solidale di classe, per mantenere la solidarietà del sistema mondiale e, nei suoi più deboli settori per fronteggiare una nuova ondata di difficoltà che potrebbe ivi determinare contrasti di classe e ravvivare la lotta rivoluzionaria del proletariato.

Per la Spagna il problema è il seguente: tutti i paesi vi hanno trovato un mercato economico insperato ma limitato. L’Italia, la Germania, la Russia, come la Francia e l’Inghilterra hanno potuto fare un commercio di milioni mentre che, parallelamente al massacro dei proletari, consolidavano la loro economia di guerra e l’Unione Sacra nei paesi cosiddetti democratici. Ma il massacro imperialista in Spagna non può protrarsi indefinitivamente, dopochè Negrin da una parte e Franco dall’altra l’avranno finita col proletariato spagnolo. Esistono sufficienti contrasti tra gli imperialismi per alimentare la guerra in Spagna o la situazione interiore dei differenti paesi obbligherà gli imperialismi a alimentare il braciere spagnolo e a realizzare l’unione internazionale per far durare la guerra fino ai limiti estremi. E’ inutile dissimularci che le tendenze internazionali sono violentemente contraddittorie e ciò spiega i fiaschi e i nuovi tentativi di compromesso tra i differenti stati, la Russia compresa.

Esistono due ipotesi; quella della estinzione del braciere spagnolo senza che scoppino dei movimenti sociali (ed è a ciò che tende la diplomazia inglese) e quella dell’impossibilità di spegnere un focolaio di guerra mentre altri ne sorgono e quando tutta la situazione internazionale è quella di guerra imperialista. In queste condizioni è solo il risveglio del proletariato, su un settore o più settori, che può rappresentare la soluzione.

Fin da oggi è chiaro che i contrasti imperialisti non azionano la fase attuale della guerra spagnola. Altrimenti il reciproco aiuto tra gli imperialismi, tanto fascisti che democratici, non troverebbe spiegazione. A nostro avviso il punto centrale è invece il seguente: la guerra spagnuola  si allaccia alla situazione interna di tutti i paesi che rischiano di compromettere la loro struttura economica e sociale nel caso di un brusco spegnimento del focolaio spagnolo. Da ciò la tendenza a rafforzare dappertutto la repressione contro i proletari simultaneamente all’aggravamento della situazione economica mondiale e alla tendenza di trovare una soluzione all’illanguinimento del braciere di Spagna. Tutto ciò senza provocare movimenti sociali.

Mai il compromesso è stato così di attualità. La stampa spagnuola è piena di smentite, di affermazioni che vogliono provare che malgrado tutto, non si farà né compromessi, né tregue, ma è chiaro che l’arresto dell’operazioni militari sarebbe inesplicabile se non tendesse a questo scopo. In ogni caso il riconoscimento «ufficioso» di Franco, da parte dell’Inghilterra, prova che oggi non si tratta più di vane parole, ma di un aspetto della situazione contraddittoria che traversiamo.

Si potrebbe obiettarci che l’arresto delle operazioni militari, la guerra di posizione che si fa e che abbiamo conosciuto negli ultimi anni della grande guerra, si può spiegar causa l’inverno e la necessità per Franco di concentrare le sue forze, ritirate dell’Asturie e della Biscaglia, sul fronte di Aragona e di Madrid. Ma ciò è insufficiente perché proprio nell’inverno 1936 portò i suoi più duri colpi e una concentrazione di truppe, anche per i più profani dell’arte militare non determina l’inattività in cui viviamo. D’altra parte non ci potrebbe spiegare quello che accade nella Spagna repubblicana.

Esaminiamo la situazione: a Madrid si parla regolarmente di «complotto» ed ogni settimana la CNT e  FAI pubblicano dei manifesti per domandare ai poteri pubblici delle misure. Negli ultimi numeri di «Frente Libertario» si trovano due informazioni che s’integrano: da una parte un avvertimento al governo sulle possibilità di sollevamenti operai, che gli anarchici naturalmente disapproverebbero, perché gli operai sono irritati per la repressione di Negrin e per la sua politica di massacro militare e d’altra parte un manifesto in cui gli anarchici di Madrid insorgono contro i tentativi di fare a Madrid ciò che si è fatto a Santander: rimettere cioè la città a Franco. Se è vero che questo stato d’animo esiste tra gli operai di Madrid, traditi e massacrati da Negrin, si può comprendere una complicità del Fronte popolare per permettere a Franco di adempiere alla funzione di boia.

Altro fatto significativo è il trasporto della sede del governo centrale da Valenza a Barcellona dove la sua installazione coincide con un raddoppiamento di repressione, di censura, di misure contro gli operai. La «quinta colonna» di Franco che è certamente il governo antifascista stesso è partita da Madrid nel momento in cui sperava aver preparato sufficientemente il terreno per Franco; poi fu a Valenza che eliminò tutto quanto poteva rappresentare un pericolo e oggi finalmente si stabilisce nella cittadella anarchica già fortemente intaccata. E’ anche il momento scelto per il viaggio di Companys a Bruxelles, dove è evidente che ha preso contatto coi diplomatici inglesi e francesi che non avranno mancato di prospettargli le loro preoccupazioni presenti. In Catalogna Companys ha dovuto smentire queste transazioni e dichiararsi ostile ad ogni compromesso. Nel Fronte Popolare antifascista (l’aggettivo ha permesso agli anarchici di tornare all’ovile e gargarizzarsi coll’apoliticismo realizzato grazie a loro) la situazione non è meno instabile. Centristi, anarchici rivalizzano in manovre. La CNT partecipa alla commemorazione della rivoluzione russa, ma parla anche dei suoi arrestati, fa allusione ai marinai di Cronstadt e associa ai nomi di Lenin e Stalin quello di Trotsky per provare che essa non s’immischia nelle polemiche dei «partiti» tra trotskisti poumisti e centristi. I centristi si sono urtati colla delegazione governativa basca di cui disapprovano la politica arrivando ad escludere il ministro comunista dal partito. Verso gli anarchici fanno prova di prudenza per potersene servire domani in caso di movimenti operai. Certo i centristi restano alla base della politica di Negrin e per la loro ispirazione si aumenta la disciplina dell’esercito, si mobilitano per la guerra i disoccupati dai 18 ai 50 anni, si sottomettono i sindacati ad un severo controllo dello Stato. E’ il partito Comunista che impone al governo il riconoscimento esclusivo della UGT di Pena e mette ufficialmente l’UGT del Caballero fuori legge. In linea generale i centristi rappresentano l’estrema destra nel Fronte Popolare perché rispondono alla situazione di stanchezza generale colla repressione e l’intervento statale. Da una parte rafforzano il controllo sui sindacati (gli anarchici protesteranno e proveranno che i sindacati hanno salvato lo stato capitalista nel 1936) e sulle industrie ancora «collettivizzate», dall’altra parte tentativi di ravvivare la campagna contro il POUM e i trotskisti per trovare una nuova diversione antifascista. Ma queste campagne centriste non trovano più grande eco tra la popolazione estenuata dalla guerra. Anche la messa fuori legge della UGT di Caballero non significa necessariamente la dissoluzione di questi sindacati ma piuttosto una tavola di salvezza in caso che le masse si rivoltassero contro la disciplina di guerra, contro la produzione di guerra e contro la guerra stessa perché allora Caballero apparirebbe come il campione  rivoluzionario dei proletari.

Davanti ai problemi e alle risoluzioni che il capitalismo cercherà di dare non vi è che una risposta proletaria: la guerra civile per la rivoluzione comunista.

 

 

«Miliziano» e «Mercenario»

 

La frazione ha, in collaborazione con la frazione belga, deciso di costituire un «Fondo per l’aiuto alle vittime della guerra imperialista». Cominciamo subito con l’affermare che si tratta piuttosto di un’iniziativa simbolica che non avrà che debolissimi effetti pratici giacché, oltre al fatto che le due frazioni hanno una sorgente estremamente ristretta donde trarre dei fondi, vi è l’altro fatto che l’attribuzione dei soccorsi alle vittime dei due campi della guerra imperialista, in Ispagna come in Cina, solleva delle grandi difficoltà materiali.

Ma la significazione di questo Fondo è altrove: oggi non vi è una sola istituzione, un solo gruppo che non faccia leva anche sugli istinti umanitari delle masse (per il capitalismo la logica è di fare affari con tutto) per mantenere accesa la santa fiamma della crociata fascista od antifascista. Che si tratti dei bambini di Bilbao o delle Asturie, delle vittime dei bombardamenti, l’obiettivo che il capitalismo si propone è sempre lo stesso: le torture della guerra potrebbero determinare un rallentamento dell’entusiasmo delle masse per la guerra.. Ebbene si va diritto al riparo e si dice agli operai che, per far cessare le iniquità della guerra, occorre non farla cessare ma dare ai combattenti il sostegno morale di vedere i loro fanciulli sostenuti, affinché essi abbiano maggiore forza per continuare a massacrare i loro fratelli dell’altra barricata. Franco sottomette alla Società delle Nazioni un memoriale che documenta quelle che egli chiama le «iniquità dei rossi». Centristi e socialisti con l’appoggio degli anarchici e dei «comunisti di sinistra» fanno circolare nella stampa le fotografie delle «sevizie fasciste». Frattanto i capitalisti fanno i loro affari e possono benissimo prelevare, dai colossali benefici economici e politici della guerra imperialista, qualche briciola che sarà affidata alla Croce Rossa perché le masse continuino a massacrarsi fra di loro. Ogni bambino sostenuto rappresenta la speranza di un nuovo proletario fascista od antifascista ucciso: questa è la logica del sistema capitalista e di tutti i suoi agenti.

La frazione belga ed italiana hanno dato al dovere della solidarietà del proletariato la sola direzione di classe possibile: quella di soccorrere indistintamente le vittime dei due campi. Delle divergenze sono sorte nel seno della nostra frazione dove non pochi compagni sostengono che, a causa anche della limitazione delle nostre possibilità, noi non possiamo dirigere la solidarietà proletaria che verso la via dell’appoggio ai proletari che, nell’uno o nell’altro campo, passano alla lotta contro la guerra imperialista e che, per questo, incorrono le persecuzioni del governo di Franco o dell’altro repubblicano. Divergenza questa che è esaminata nei numeri 3 e 4 di «Seme» che i proletari possono procurarsi (contro versamento di un franco all’amministrazione del giornale o domandandolo ai compagni della frazione).

Il presente articolo ha un altro scopo: quello di rispondere a non pochi proletari i quali ci dicono che è un grave errore da parte nostra di non fare una distinzione fra il «volontario antifascista» ed il «mercenario fascista». Cominciamo col rilevare che di fatto non ci troviamo in presenza di due tipi distinti di proletari: il mercenario ed il volontario ma davanti a due tipi di agenti capitalisti: il fascista ed antifascista che tutti e due riescono – appoggiandosi su forze e mezzi colossali – ad ingannare i proletari che partono per la guerra «giusta» (come dicono i fascisti), o per la guerra per «la libertà» e per il «socialismo» (come dicono gli antifascisti). Nei due casi non è dunque mai in gioco la coscienza del proletariato ma la responsabilità di coloro che imbrogliano i proletari. Questi ultimi non sono mai liberi in regime capitalista ed in definitiva fra il centrista, il socialista, il comunista di sinistra che parte per la guerra imperialista come volontario (malgrado abbia avuto la possibilità di istruirsi al fuoco degli avvenimenti internazionali) ed il moro, il legionario, l’italiano od il tedesco che non si trovava nella possibilità di conoscere e seguire gli avvenimenti, non è certo il «mercenario» che ha un titolo di inferiorità rispetto al «volontario».

Veniamo all’elemento che ci sembra essere il fondamentale. Occorre considerare che fra «lotta armata» del proletariato e guerra  vi è la stessa opposizione di classe che esiste fra capitalismo e proletariato. Nella lotta contro il fascismo il postulato della lotta armata deve essere altamente rivendicato dai comunisti. Ma questa lotta armata si trasforma nell’opposto, cioè nella guerra, quando in modo diretto o indiretto, la milizia è ricollegata allo stato capitalista. Allora il problema si pone sulla stessa base dell’esercito, della prigione, della magistratura, di ogni altro congegno dell’apparato statale del capitalismo. Entrarvi come volontario significa tradire la classe proletaria. Non vi è che un lavoro di cospirazione per quelli che sono obbligati ad entrarvi, lavoro diretto alla sua distruzione. Che se questo non si fa allora si difende, sotto l’etichetta del «mercenario» e peggio ancora sotto quella del «volontario», uno strumento del capitalismo il quale è in definitiva l’autore del massacro degli operai anche se praticamente è il «mercenario» che tira sul «volontario» o viceversa.

Nella lotta armata i proletari tirano evidentemente su degli elementi che, dal punto di vista sociale, sono dei loro fratelli giacché si tratterà di declasses o di piccoli-borghesi rurali od intellettuali, di sfruttati dunque, ma i proletari conservano la forza espansiva di classe per il fatto di non essere ricollegati con la macchina capitalista. Questa tesi è d’altronde confermata da tutti i movimenti rivoluzionari e dagli avvenimenti spagnoli della prima settimana quando i proletari riescono a scompaginare con qualche rivoltella degli eserciti o delle legioni poliziesche che possiedono aeroplani cannoni e tanks. E questo per la semplice ragione che, nel corso della mischia, si determina una ripercussione di classe del gesto di classe dei proletari, e gli sfruttati dei due campi fraternizzano.

Quando invece la milizia è ingranata nello stato la direzione del corso politico e della situazione è opposta giacché la mano dello stato capitalista repubblicano arma quella dello stato di Franco ed alla tendenza verso la fraternizzazione si oppone l’altra della carneficina. Come ebbe occasione di dirlo uno dei nostri maestri è sul piano di un’estensione laterale che si svolge la guerra ed è anche su questo piano che essa può essere trasformata in guerra civile del proletariato contro il capitalismo. Il proletario di Barcellona lottando per la distruzione della milizia realizza la condizione per permettere al «fascista» di distruggere l’esercito di Franco perché solo un gesto di classe pone la condizione indispensabile per la sua ripercussione nell’altro campo della barricata. Altrimenti se il «volontario» antifascista vuole fare di un’istituzione capitalista un’istituzione proletaria permette che la stessa manovra si ripercuota sul corpo degli sfruttati irrigimentati dai fascisti. Ed a nulla, assolutamente a nulla vale di dire che la milizia è stata «voluta» dai proletari. Questi ultimi hanno voluto la lotta armata e solo i socialisti, centristi, trotskisti e comunisti di sinistra gli hanno fatto credere che la guerra potrebbe trasformarsi in rivoluzione ( altrimenti che con la sua negazione e la lotta per la distruzione dei due stati capitalisti e di tutti i loro congegni –milizia compresavi-) che l’accumulazione dei cadaveri fascisti possa rappresentare la loro salvezza quando invece è proprio questa la loro tomba.

Queste considerazioni ci paiono indispensabili per aiutare i proletari a ritrovare il loro cammino sul quale d’altronde la nostra frazione e quella belga non hanno mai cessato di combattere.

 

Prometeo, n. 150, 5 dicembre 1937