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archivio > Lettere di Bordiga>32. Articoli di "Prometeo" sulla guerra di Spagna (Prometeo, n. 149, 31 ottobre 1937)

aggiornato al: 24/08/2010

Prometeo, n. 149, 31 ottobre 1937

Dividiamo gli articoli sulla Spagna che compaiono in questo n. 149 di Prometeo (ottobre 1937) in due parti. Questa, che contiene due articoli e la prossima (n. 33) che conterrà una corrispondenza dagli Stati Uniti sulla Spagna.

Abbiamo sempre ricopiato gli articoli tali quali apparvero nel giornale senza intervenire con correzioni grammaticali o ortografiche; il senso di quanto si vuole affermare è ben chiaro senza ombra di dubbio e necessità di correzioni.

 Buona lettura.

 

32

 

 

Tutti vogliono l’Unione Sacra nella Spagna repubblicana

 

 

Nessuno deve più dubitarne: il governo Negrin come anche Caballero e Companys ha provato che cosa è la sedicente «rivoluzione in marcia». Con una facilità estrema ha gettato la maschera, dissipato le illusioni e mostrato che la realtà restava francamente capitalista mentre le migliaia di cadaveri operai era la sola realtà proletaria che la guerra imperialista di Spagna lasciava in piedi.

Così vanno gli avvenimenti: gli operai di Barcellona e di Madrid sono caduti dalle frasi «sulla rivoluzione» (che non poteva cominciare che al momento in cui essi avrebbero lottato per abbattere lo stato capitalista), nella guerra civile del capitalismo contro il proletariato, lo spaventoso macello che conosciamo da più di un anno. E questo era inevitabile dal momento che essi tolleravano i guardiani dell’ordine borghese nel loro seno, ed agli opportunisti anarchici o poumisti. La rivoluzione non si paga di parola ( i nostri demagoghi lo comprenderanno, una buona volta? ) ed è questo che fecero durante i primi mesi i grandi strateghi anarchici e poumisti. La borghesia «democratica» lasciava fare perché la «vacanza della legalità» non la spaventava oltremodo. L’ora del ristabilimento dell’ordine riverrebbe a colpo sicuro e la prima cosa era di lasciare dei ministri ultra-rivoluzionari spedire gli operai verso il fronte spezzando così ogni velleità di disarticolare l’apparato statale del capitalismo.

Attraverso delle vittorie, di disfatte più numerose, di tradimenti si entrò in un movimento di oscillazione corrispondente a delle fasi di Unione Sacra antifascista o di repressione aperta contro gli operai. In modo generale i capi del Fronte Popolare organizzavano delle colossali disfatte e si fregavano le mani davanti i cadaveri operai, oppure organizzavano, in modo scientifico, lo scannamento intorno a Madrid con la collaborazione della carne a cannone internazionale. Non si trattava della «rivoluzione» in azione, ma la «guerra» in azione e tutti i partiti che volevano conciliare le due furono eliminati o dovettero svolgere quando la logica degli avvenimenti obbligò l’antifascismo a condurre la guerra borghese con dei mezzi borghesi. Il P.O.U.M., gli amici di Durruti furono dissolti, la C.N.T. dovette al suo riformismo la possibilità di adattarsi alle nuove circostanze; l’U.G.T. finì per dividersi in due frazioni rivali, ma basanti tutte e due la loro politica sulla guerra borghese, i social-centristi divennero gli uomini del giorno.

L’ordine borghese riapparve con tutta la sua forza con il governo Negrin, i militanti operai furono perseguitati, la guardia repubblicana si presentava minacciosamente nelle strade: i comitati operai furono dissolti, la censura divenne spietata, l’armata  «popolare» prese i caratteri classici di un’armata borghese (gli anarchici lo hanno appreso nell’Aragona con il generale Pozas e la dissoluzione brutale del loro Consejo). Inoltre si vide agire una nuova forma di repressione: i centristi organizzarono le spedizioni punitive che si svolsero come quelle dei fascisti italiani nel 1921-22 con la complicità delle forze statali. L’ordine regna a Barcellona, a Valenza, a Madrid e le bombe di Franco possono scoppiare fra i proletari senza che questi possano rifugiarsi su delle posizioni di classe e chiamare alla fraternizzazione di tutti gli sfruttati, solo modo di finirne con la guerra. L’ordine regna integralmente ed a Valenza come a Burgos le bandiere che sventolano sono quelle che il capitalismo ha bagnato nel sangue proletario.

Ma se Negrin ha condotto a termine l’opera di Caballero e raccolto i frutti dei massacri di Maggio, ciò non toglie che le difficoltà della situazione continuano a sussistere. Certamente le Cortes si sono aperte con la partecipazione dei capi conservatori e la repubblica borghese ha affermato solennemente che essa aveva liquidato i movimenti sociali. Ma nessuno farà scomparire lo sfinimento che si manifesta fra le masse, fenomeno che è particolare ai due fronti.

Le difficoltà economiche non fanno che crescere, la vita aumenta, la speculazione batte in pieno e l’approvvigionamento della popolazione si urta contro lo sforzo gigantesco che necessita la guerra.

In Ispagna repubblicana due processi si sviluppano da alcuni mesi: da una parte il Fronte Popolare rafforzava l’apparato capitalista, da un’altra parte il malcontento delle masse era canalizzato, attraverso l’agitazione antifascista, e da quella delle Centrali Sindacali che si rincontravano attraverso il patto C.N.T.-U.G.T. Gli è che il governo Negrin ristabilendo integralmente la legalità borghese otteneva la sua vittoria sugli operai ma preparava le disfatte sul terreno militare. Bilbao cadeva, Santander era abbandonata nel corso di operazioni denunciate come un tradimento; dei complotti fascisti erano scoperti a Madrid, a Valenza ed erano tramati in pieno giorno con il concorso di forze repubblicane.

Questa situazione, in virtù del gioco di ondulazione proprio agli avvenimenti spagnoli, doveva spiegarsi con una nuova manovra borghese destinata a calmare gli operai ed a mantenerli dietro l’Unione Sacra. E’ dapprima la campagna accanita intorno ai minatori asturiani: i fatti di Santander non devono più riprodursi e per questo bisogna creare un’atmosfera di «cordialità» fra tutti i settori antifascisti; più nessuna esclusiva contro sindacati o partiti fedeli alla repubblica; la C.N.T. e gli anarchici debbono ritrovare il loro posto nel Fronte Popolare che si [in]collerà l’aggettivo «antifascista» per contentarli. I centristi denunceranno bruscamente come provocatore quegli che continuerà la campagna contro la C.N.T.

Il risultato della nuova «riconciliazione» destinata ad aiutare i minatori asturiani ed a consolidare l’Unione Sacra sarà la caduta di Gujon di cui si metterà domani in luce i «tradimenti» causa di questa disfatta. Di già si comunica l’arresto dei generali repubblicani responsabili della caduta di Malaga e questo coincide stranamente con la vittoria di Franco nelle Asturie.

I minatori asturiani sono dovunque stati, a loro volta, le vittime dell’attacco simultaneo del Fronte Popolare e di Franco, come gli operai di Irun, di San Sebastiano, di Bilbao, di Santander, di Malaga.

Dovunque la manovra capitalista fu la stessa. Quando Franco attaccava la borghesia preconizzava l’unione Sacra. Tutti i partiti antifascisti erano al loro posto ed il risultato era sempre un sanguinante massacro degli operai. La tragedia dei minatori asturiani ha oramai attinto il suo punto estremo e ci mostra ancora una volta che il gioco militare di altalena pende verso un progresso di Franco che consacrerà, con il suo terrore, l’opera cominciata dal Fronte Popolare.

Parallelamente alla tragedia asturiana, un colpo di mano della destra socialista si farà nell’U.G.T. La scissione con la tendenza di Caballero sarà un fatto compiuto e così sarà provvisoriamente risolta l’opposizione che l’U.G.T. affermava verso il governo Negrin (riflesso di tutti i malcontenti agitatisi nei sindacati infeudati all’economia di guerra).

La battaglia asturiana servirà ancora alla pubblicazione di un manifesto firmato da tutti i gruppi e sindacati del Fronte Antifascista (centristi ed anarchici compresi) dove l’intesa e la cordialità saranno garantite e la base del Fronte popolare Antifascista sarà così gettata.

In definitiva noi vedremo attraverso l’esame stesso dei fatti che la consolidazione del regime repubblicano-borghese, con la sua repressione e disfatte militari, arriverà a canalizzare le reazioni proletarie mobilitando le forze «estremiste» che agiscono fra gli operai (anarchici) in vista di una ripresa delle operazioni  militari su un altro fronte.

Invece di vedere l’opposizione svilupparsi fra la consolidazione dello stato borghese e la politica delle organizzazioni pseudo-rivoluzionarie quali la C.N.T. e la tendenza Caballero, vedremo questo ultimo trovare, nelle circostanze della guerra, la possibilità di spostarsi su un nuovo terreno borghese grazie alla loro fraseologia. Gli anarchici lanceranno dei manifesti per «giustificarsi» (vedi Guerra di Classe): essi sarebbero stati cacciati dal governo perché si «temeva la loro vigilanza antifascista», lottando per reintegrare un «governo di guerra» (Solidaridad Obrera) essi realizzeranno un obiettivo rivoluzionario.

L’unione Sacra continua dunque sempre nella Spagna repubblicana e malgrado le disfatte, i tradimenti, le repressioni, tutti vogliono parteciparvi. Purtanto è bene quello il cammino della vittoria di Franco e siamo noi che potremmo dire a tutta la cricca antifascista «agenti di Franco». Che cosa importano agli isterici dell’anarchia le giornate di maggio di Barcellona, i delitti centristi, la repressione di Negrin. Che cosa importa a poumisti e trotskisti l’assassinio dei loro compagni dalle forze della democrazia: per battere Franco essi permetteranno alla borghesia di battere il proletariato, di marciare sul loro corpo e saranno le truppe nazionaliste che avanzeranno.

L’Unione Sacra continua malgrado il fatto che lo stato «democratico» passi ad una politica sempre più feroce contro il proletariato. Negrin va forse fuggire a Barcellona come Caballero a Valenza all’epoca dell’avanzata nazionalista intorno a Madrid: senza dubbio l’ora è venuta di abbandonare Valenza agli obici di Franco. Il suo governo è oggi assai forte per annunciare delle misure rigorose contro gli operai nello stesso tempo in cui esso si stacca dai centristi e rigettando l’opportunità attuale di un partito unico. Esso potrà altresì frenare l’azione della G.P.U. spagnola. Tutta questa campagna governativa si accompagnerà con una musica antifascista dove gli anarchici riceveranno di nuovo un posto importante.

Tuttavia non si può dissimulare la profonda stanchezza delle masse disilluse di fronte a questo macello che non finisce più e le cui illusioni iniziali sono svanite. Di rivoluzione non si parlerà più e Negrin ha ben fatto comprendere che la canzone non aveva più corso. D’altra parte Franco serve di sfogatolo all’Italia e alla Germania che fanno delle sue vittorie le loro vittorie. Oggi il «volontario» antifascista come il «mercenario» fascista, il proletario imbrigadato dai briganti democratici come l’altro preso nelle reti del brigante fascista, non possono più essere gettati con la stessa rabbia gli uni contro gli altri. Di cui le contorsioni, le manovre, gli sforzi che si fanno giorno nei due campi per arrivare ad una soluzione. Ma la guerra spagnuola è internazionale, essa è il crogiuolo degli imperialismi europei che l’intrattengono e lo attizzano. L’Italia e la Germania spingono alla vittoria di Franco come se da là potrebbe sorgere un’uscita per la loro situazione critica. La Francia e l’Inghilterra cercano di localizzare la guerra spingendo –sui milioni di cadaveri operai- un compromesso fra i due protagonisti: il democratico e il fascista.

Ne è della guerra di Spagna  come di tutte le guerre imperialiste. Non è che l’apparizione di movimenti rivoluzionari in Ispagna, come negli altri paesi, che può portare un po’ di chiarezza e rappresentare il principio della fine di tutti i macelli imperialisti.

E’ al di fuori e contro tutte le organizzazioni antifasciste e al di fuori e contro l’Unione Sacra attraverso la trasformazione di questa guerra imperialista che i proletari di Spagna daranno alla loro fatica attuale una significazione di classe per lo sviluppo della rivoluzione in tutti i paesi.

 

 

 

 

 

Maurin vive ancora?

 

 

La notizia sembra confermarsi che Maurin, il segretario generale del POUM, che si era detto fucilato dai fascisti all’inizio della loro sollevazione, si trovi invece ancora vivente nelle carceri di Jaca. Non possiamo che rallegrarci di una tale notizia. Ma quale colpo per i fautori del Fronte Popolare! Maurin tutt’ora in vita nella Spagna «fascista» mentre Nin, Berneri, Rein e migliaia di altri rivoluzionari indigeni e stranieri massacrati nella Spagna «antifascista».

Eccovi in poche linee un breve bilancio del governo Negrin o meglio del governo della controrivoluzione borghese a servizio del capitalismo internazionale:

«Perdita di Bilbao e Santander (e oggi possiamo aggiungere Gijon).

Avanzata del fascismo sul fronte di Teruel. Di Asturie e di Aragona.

Fallimento dell’offensiva su quello di Madrid e di Aragona.

Imprigionamento di migliaia di operai rivoluzionari, compresi i dirigenti del POUM.

Processo mostruoso contro il POUM e la Gioventù Comunista Iberica.

Assassinio di centinaia di lavoratori rivoluzionari in tutta la Spagna.

Repressione brutale del movimento di maggio.

Repressione generale contro gli organismi rivoluzionari: POUM, Gioventù Comunista Iberica, C.N.T., F.A.I., Gioventù Libertaria, Unione Generale del Lavoro.

Sospensione di «La Batalla», del C.N.T. di Madrid, di «Solidaridad Obrera» e molti altri periodici.

Applicazione di una intollerabile censura reazionaria e poliziesca.

Restrizione della libertà di riunione, di associazione, di stampa per le organizzazioni rivoluzionarie.

Dissoluzione del Consiglio dell’Aragona.

La quasi scomparsa repressione contro i fascisti.

Offensiva contro la nazionalità catalana ed il suo proletariato.

Disarmo della classe lavoratrice.

Preparazione delle condizioni per poter sopprimere la Generalità.

Preparazione dell’armistizio con il fascismo assassino.

Restaurazione del culto religioso.

Fallimento strepitoso nella politica internazionale».

Non siamo noi che tracciamo questo tragico bilancio. E’ «Juventud  Obrera» organo legale della Gioventù Comunista Iberica che lo pubblicava. Naturalmente lo hanno soppresso.

Ma non è tutto. Come sapete, il governo Negrin ha recentemente emanato un decreto per «giudicare le illegalità commesse dal 19 luglio 1936 in poi». Da parte dei proletari classisti, naturalmente.

Non certo quelle denunciate nel documento che i delegati della F.A.I. Herrera e l’ex-ministressa Federica Montseny hanno rimesso all’ «Eccellentissimo Sig. D. Juan Negrin, Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Spagnola.

Solo nel carcere di Barcellona si trovano 250 detenuti affiliati alla F.A.I., vittime delle più capricciose denunzie aventi rapporto con fatti occorsi nelle giornate di luglio 1936 e formulate tutte da gente del Partito Socialista Unificato di Catalogna o dell’ Estat Català.

Un altro fatto di estrema gravità è la detenzione di stranieri antifascisti venuti in Spagna per lottare contro il fascismo ed incarcerati per il solo fatto di appartenere ad organizzazioni di carattere libertario, invece di essere affiliati al partito comunista.

Come voi comprenderete, questi uomini venuti in Spagna da tutti i paesi non possono seguitare a rimanere in carcere senza che contro di loro venga sporta accusa e lasciati colà in balia del capriccio dei secondini. Bisogna processarli o liberarli, e ad alcuni di essi si dovrà dare anche una certa soddisfazione riparatrice per ciò che si è fatto contro di loro violando ogni principio di giustizia.»

Ma l’eccellentissimo Signor Negrin non ne resterà soverchiamente commosso.

Colla presenza di 180 deputati il 1° ottobre ha riconvocato le Cortes. La discussione è stata breve, dicono i giornali. Infatti tutta la discussione è consistita alle semplici dichiarazioni dei rappresentanti dei vari gruppi parlamentari.

Gonzales Pena del partito socialista e Veiao della sinistra repubblicana hanno riconfermato l’appoggio dei loro rispettivi partiti al Governo di Fronte Popolare affermando che i loro gruppi sono pronti a tutto per assicurare la vittoria militare, che è, in questo momento, la preoccupazione dominante.

Particolarmente significativo fu il discorso di Portela Valandares, di recente rientrato in Ispagna, che è, tra parentesi, uno di quei reazionari che avevano passato la frontiera e che stanno tornando all’ovile, sintomo significante della svolta che si prepara.

Lasarte, a nome del gruppo basco, Torres Toscana per l’unione repubblicana, Dolores Ibarruti per il partito comunista ed il Partito Unificato di Catalogna, Corominas della sinistra catalana, Guerra del Rio del centro destro, Pestana per il partito Sindacalista, portarono l’adesione dei rispettivi partiti alla politica seguita dal Governo Negrin.

Finalmente, su proposta del deputato Joven, della sinistra repubblicana, le Cortes, all’unanimità hanno approvato la dichiarazione ministeriale ed hanno riconfermata la loro fiducia al governo di Negrin. Si è poscia calato il sipario e la tragica commedia continuerà a lumi spenti.

 

 

PROMETEO, n. 149,   31 ottobre 1937