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archivio > Lettere di Bordiga>Lettera di Bordiga 24 febbraio 1950

aggiornato al: 14/10/2007

Lettera a Luigi Gilodi

La lettera di Bordiga che qui riproponiamo è già presente in rete nel sito di "n+1";ci esimiamo dal commentarla: come abbiamo già detto nella presentazione di altri documenti chi vuol capire capirà. Riportiamo solo alcune notizie sulla figura di Gilodi cui la lettera è indirizzata.
Luigi Gilodi, piemontese nato a Borgosesia in provincia di Vercelli il 19 febbraio 1883, di professione calzolaio, militò, dalla fondazione, nel Partito Comunista d'Italia e fece subito parte della "sinistra". Fu al confino a Ponza con Bordiga nel 1929. Dopo altri arresti e  lunghi anni di confino a Ventotene svolse un ruolo fondamentale nella nascita, in Piemonte e a Torino, durante la seconda guerra mondiale, del Partito Comunista Internazionalista. Arrestato nel marzo del 1944 fu inviato a Mauthausen da cui riuscì a tornare per riprendere il suo posto di militante rivoluzionario. La cronaca di  una serata in suo onore e dei festeggiamenti per il suo rientro dalla prigionia è riportata nel n. 6 del 14 agosto 1945 di "battaglia comunista" ("In una delle sedi della sezione di Torino si è svolta una serata in onore al compagno Luigi Gilodi reduce dal campo di deportazione di Mauthausen").
Luigi Gilodi morirà a Torino il 25 marzo 1963.

Napoli 24 febbraio 1950

Caro Gilodi,
qualche tua notizia mi è sempre pervenuta da quando non ci vediamo. Con gran piacere ho visto la tua lettera. Certo è poco piacevole che nel piccolo giro della nostra vecchia corrente avvengano fratture ulteriori in gruppetti o persone... Ciò deriva dalla difficoltà di rispondere al problema di cui ti duoli, il recedere del proletariato dalla efficienza rivoluzionaria. Problema per cui non ci sono ricette ma che occorre guardare a nervi immobili.
Non ho nessuna difficoltà a "militare", ciò che non voglio fare è "generalare". Ogni soldato ha nello zaino il bastone di maresciallo; pare, ma il maresciallo non ha zaini ove poter portare la gavetta. "Ufficialmente nella vita politica" come dici non sono mai entrato e mi fa schifo. Sono un lavoratore e non voglio mangiare i soldi dei lavoratori. Per il resto sono sempre stato lo stesso. Gli avvenimenti sono andati in modo che non mi hanno dato quelle scosse per il cravattino o spinte nel sedere che simpaticamente mi augurava Trotskj. Ovviamente ho entrambe quelle parti a prova di bomba.
La rivoluzione non dà brevetti a nessuno e camminerà lo stesso, si troverà e lancerà nel fuoco i suoi strumenti, militi o se vuoi caporali, appena passerà ai proletari la mania dei padreterni. Dico sempre scherzando che essendo già sicuro di questo non mi considero come uno che ha pagato il biglietto e pretende di assistere al match, ovvero lo considera cosa di nessun conto se non fa parte proprio lui di una delle squadre sul terreno. Marx scoprì l'antagonismo di classe o meglio i suoi sbocchi storici, non ci ordinò l'agonismo o il tifo, cosa alquanto di bassa lega.
Militiamo dunque, se questo in primo luogo significa far tacere i pruriti individuali e le bizze di ognuno.
Marionette per la grande scena politica ce ne sono tante a disposizione, cui negherei la stessa gavetta! Tanti cari abbracci,
Amadeo