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archivio > Archivio sulla sinistra>NOI ROTTAMI dell'opportunismo (Battaglia comunista, n. 31, 3 - 10 agosto 1949)

aggiornato al: 14/02/2013

battaglia comunista, n. 31, 3 - 10 agosto 1940
Un breve articolo ironico sul comportamento del pci nei confronti degli internazionalisti che, una volta espulsi dal partito per attività frazionista, vengono additati con nome e cognome sulla stampa per far sì di ottenere un piccolo aiuto, dal fascismo prima e dalla democrazia poi,  per toglierli di torno e impedire loro ogni ulteriore attività... frazionistica o classista.
 
NOI ROTTAMI
dell'opportunismo
 
Cara «Battaglia»,
                        un amico, lettore di «Vie Nuove», il giornale che assai argutamente e obiettivamente definisti in un tuo corsivo polemico il «Corrierino dei Piccoli» del P.C.I., al quale la redazione di Longo non ha ritenuto prudente rispondere, mi ha passato il n.30 del 24 luglio, per farmi leggere una specie di biografia del comp. Damen rabberciata secondo i dati dell'Ufficio ...segnaletico della segreteria generale di quel partito.
Bisogna però riconoscere obiettivamente che nella serie non breve di quelle fin qui pubblicate e fatte circolare ad arte, questa biografia di «Vie Nuove» non è la più assassina anche se chi l'ha redatta deve aver conosciuto il comp. Damen soltanto per sentito dire.
Dunque questo nostro compagno mantenne in carcere i suoi atteggiamenti di oppositore irriducibile alla politica del P.C.I., di quella bolscevica e dell'Unione Sovietica, gli stessi atteggiamenti che ha poi continuato a mantenere in tutta la sua vita politica?
Ma è proprio quello che volevamo leggere sulle colonne di un giornale staliniano, e l'aperto riconoscimento ci riempie l'animo di soddisfazione. Bravo compagno Damen, bravo compagno Acquaviva, bravo compagno Zanasi, bravo compagno Venegoni, bravo compagno La Camera, bravi tutti voi compagni che nelle carceri fasciste, nelle isole e nei campi di deportazione avete osato completare allora la vostra dura battaglia antiborghese, non soltanto antifascista, dissociandovi politicamente dallo stalinismo che era allora alle prime armi nel tentativo ― e come riuscito, poi ― di avvelenare corrompere e piegare il magnifico sacrificio di tanti militanti comunisti.
Per questo l'espulsione? Già, per aver difeso e continuato a difendere i principi di Marx, Lenin e della Rivoluzione d'Ottobre contro i funzionaretti che hanno preferito continuare a percepire uno stipendio servendo ora Trotzki, ora Bucharin, ora Zinovjev e da ultimo, il vittorioso su tutti, Stalin.
Storiella quella dell'espulsione dal partito nel 1933 decisa, nientemeno, dalla cellula del Carcere. Damen è stato espulso, per la verità Damen assai prima di tale data si era «autoespulso», insieme a Repossi e Fortichiari dal C.C. del partito con decisione resa nota nel n. 14 del 27 ottobre 1934 di «Voce Operaia» di Parigi «per aver continuato a sostenere ideologie in opposizione a quelle del partito e per essere rimasto sordo agli appelli del partito che lo invitava a cessare il lavoro frazionistico e di disgregazione».
E voi, compagni, credete che l'interessato possa aver avuto comunicazione della espulsione per via interna di partito? Ma neanche per sogno; ha dovuto apprenderla dall'organo massimo del regime il «Popolo d' Italia» del 3 novembre 1934.
Non fatevene meraviglia. Espellere per attività frazionistica compiuta a Milano nell'anno 1934, e pubblicare i nomi di chi di questa supposta attività si era reso responsabile, voleva dire allora denunciare i... traditori agli uffici competenti dell' OVRA. Scherzi mancini di marca staliniana rimasti vivi,ormai, solo nella memoria dell'archivista di partito, al quale una simile messa a punto premeva innanzi tutto.
Ma ciò che mi ha spinto a scriverti, cara «Battaglia» è quell'accenno che non riguarda tanto il comp. Damen, quanto il nostro partito che viene definito «centro di raccolta di tutti i rottami espulsi dal P.C.I.., per opportunismo».
Sicuro, sono infatti rottami imputriditi nell'opportunismo i compagni operai della Falk, della Breda e della Marelli di Sesto, della Fiat di Torino, degli altiforni di Portoferraio, dell'Ilva di Torre Annunziata, delle reggiane di Reggio Emilia e dei Cantieri di Taranto; sono rottami imputriditi nell'opportunismo i compagni artigiani di Asti, di Casale e di Parma; i compagni artigiani e i braccianti dell'Emilia, della Calabria e delle Puglie. Tutti questo nostri compagni infatti si permettono il lusso di uno stipendio da deputati, o da senatori, o da dirigenti di Camere del lavoro, di Federazioni ecc.; di possedere l'automobile e la segretaria; e con l'automobile e la segretaria un po' più di felicità.
E' così nevvero? Ma una ultima considerazione si impone. E' risaputo che il P.C.I. non ha mai prodotto da sé tanti rottami come da un anno a questa parte, checché ne dicano le cifre di Secchia. Dove sono andati a finire? Confesso che non mi è stato possibile «archiviarli» perché sono finiti dappertutto meno che nelle file del nostro partito.
E ciò significa che nel suo quarto d'ora di declino il partitone di Togliatti è condannato a perdere tutte quelle masse oceaniche ch'era riuscito a racimolare in una situazione favorevole con una politica di demagogia e tradimento.
Noi, pochi, duriamo; e in questo nostro durare sta la migliore prova della vitalità del marxismo rivoluzionario e dei suoi quadri, pur se modesti nel numero, di preparazione ideologica, di organizzazione politica e di combattimento.
Saluti internazionalisti,
l'archivista di partito
 
Battaglia comunista, n. 31, 3 -10 agosto 1949