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archivio > Archivio sulla sinistra>La Frazione di Sinistra e il partito comunista (Il Proletario,15 settembre 1944)

aggiornato al: 24/11/2007

Il Proletario, 15 settembre 1944

Abbiamo già proposto, in questa sezione, alcuni articoli tratti da  La Sinistra proletaria organo romano della Frazione di Sinistra dei Comunisti e Socialisti italiani. Presentiamo ora questo articolo che uscì nel numero del 15 settembre 1944 di  Il Proletario, organo napoletano della Frazione di Sinistra dei Comunisti e dei Socialisti italiani.

Nella prima pagine dello stesso numero del giornale, in rilievo, è riportato una altra notizia che ci sembra interessante riprodurre:

 

«La assoluta identità tra la Frazione di Sinistra e il Partito Comunista Internazionalista che lotta nel Nord Italia ci è stata riconfermata in questi ultimi giorni da notizie pervenuteci dopo la liberazione di Firenze.

L'aver noi impostato la nostra battaglia come frazione, anziché come partito, è dovuto unicamente alle diverse esigenze politiche che il Mezzogiorno d'Italia presenta, e soprattutto presentava al momento dell'inizio della nostra azione.

Nel desiderio di essere al più presto riuniti coi nostri compagni del Nord, attestiamo ai militanti del Partito Comunista Internazionalista la nostra assoluta fedeltà ai principi basilari della lotta comune, la nostra volontà ferma di marciare su quella linea di assoluta intransigenza classista e rivoluzionaria che Marx e Lenin ci hanno indicata contro la borghesia sfruttatrice e contro tutte le deviazioni opportunistiche dei falsi difensori del proletariato.

"Il Proletario" saluta nel "Prometeo" il compagno che con impavida fermezza si batte per l'unica vera liberazione degli sfruttati.»

 

Inutile dire che quando queste righe venivano scritte l'Italia era divisa in due e che se il sud era stato "liberato" al nord, presenti R.S.I. e tedeschi, la guerra continuava.

Il processo di fusione tra le forze del nord (Partito Comunista Internazionalista) e quelle del Centro-Sud (Frazione di Sinistra dei Comunisti e Socialisti Italiani) si concretizzerà poi solo nell'estate del 1945 quando una circolare (29 luglio 1945) dichiarerà sciolta la Frazione e la sua riorganizzazione  nel Partito Comunista Internazionalista.

 

 

La frazione di sinistra ed il partito comunista

 

 

Ed eccoci, dopo aver delineato la nostra posizione nei confronti di ciascuno dei partiti del Comitato di Liberazione, al discorso per noi più difficile, delicato, impegnativo: quello che concerne il partito comunista.

Non è facile, per noi, parlare di questo partito con lo stesso distacco e la stessa fredda obiettività, che ci è riuscito di usare nei confronti degli altri partiti. La maggior parte di noi proviene da questo partito; moltissimi hanno militato, nel periodo prefascista, nella frazione di sinistra del partito socialista di allora , che dette nascita, nel Congresso di Livorno, al partito comunista, e da Livorno in poi gli hanno dato il meglio della loro energia e delle loro speranze, e per esso hanno sofferto persecuzioni, fame, carcere, confino, esilio; nessuno di noi può prendere o parlare del partito comunista, senza ricordare che attorno ad esso nel passato si schierarono i migliori militanti proletari e rivoluzionari, che esso fu il partito di Lenin e di Trotski, di Liebknecht e della Luxemburg, di Zinoviev e di Kamenev, di Sverdlov e di Bucharin, di Bordiga e di Gramsci, di Terracini e di Repossi.

Pure è proprio questo continuo e vivo e radicato ricordo e attaccamento che rende più acuto e amaro il dissidio e il disgusto che proviamo di fronte alla corrotta degenerazione cui oggi ci fa assistere il sedicente partito comunista italiano. Il partito che a Livorno nacque sulle basi del più intransigente classismo rivoluzionario, oggi è diventato il partito di tutti gli accomodamenti e di tutti i compromessi; quello che fu il partito di avanguardia della classe operaia italiana, è oggi diventato il partito dei piccolo-borghesi, degli arrivisti dei profittatori e perfino degli ex fascisti. Come si spiega una tale degenerazione?

Il partito nacque a Livorno, nel gennaio 1921, quando già l'ascesa rivoluzionaria del proletariato italiano era stata spezzata, per il tradimento dei capi socialdemocratici riformisti, con la fallita occupazione delle fabbriche. Giovane come esso era, e nella marea montante della reazione borghese fascista, non riuscì a crearsi una organizzazione radicata nella democrazia proletaria: la necessità della lotta, sempre più difficile, contro il fascismo divenuto governo, e soprattutto la illegalità, cui il partito fu ben presto costretto, gli impedirono per sempre quella democrazia interna, senza la quale ogni organismo è destinato a diventare preda di deviazioni e corruzioni sempre più gravi e profonde. L'inversione del naturale rapporto tra centro e base (non era più la base ad esprimere e determinare il centro, ma al contrario era il centro a determinare la base soffocandone ogni possibilità di vita autonoma) resero facile al gruppo centrista il colpo di mano che, allontanando dal partito la sinistra, assicurò la direzione del partito agli elementi meno qualificati, che, asserviti per calcolo interessato o per incapacità alla III Internazionale sempre meno leninista, iniziarono l'opera di corruzione del partito, storcendone e falsandone l'ideologia, instaurando la ferrea dittatura personale, imponendo quadri burocratizzati, capaci solo di una disciplina automatica e formale, sprovvisti invece di ogni volontà e di ogni capacità rivoluzionaria.

Ciò avvenne quando i migliori dirigenti (Gramsci, Terracini, etc.) erano stati violentemente strappati alla lotta politica dalla reazione poliziesca del fascismo, e quando nella fuga all'estero, gli elementi superstiti della direzione del partito -i minori- potevano agire senza più alcun controllo della base dei militanti.

Da allora, la vita del partito si è svolta, esigua eppur costosissima, su due binari: una base in Italia, falcidiata in continuazione dalle retate della polizia fascista e dell' O.V.R.A., eppur sempre eroicamente rinnovantesi per l'apporto dei migliori elementi rivoluzionari della classe operaia e degli intellettuali (segno della vitalità degli ideali comunisti oltre e contro ogni deviazione e ogni tradimento dei dirigenti responsabili del partito), ed un centro all'estero, la cui attività consisteva soltanto nel giustificare le prebende di cui era larga l'Internazionale, con il condurre la lotta più sleale e perfino assassina contro gli oppositori della sinistra e con l'alimentare sporadicamente, attraverso l'invio di funzionari la lotta clandestina in Italia. I funzionari del centro del partito non avevano nessuno scrupolo di gettare nelle fauci del Tribunale Speciale e delle Commissioni di confino magnifici combattenti della causa comunista, pur di testimoniare in qualche modo ai loro padroni l'esistenza del partito in Italia, in mancanza della quale i loro stipendi non avevano più alcuna giustificazione.

Crollato il fascismo e con la liberazione di una notevole parte dell'Italia dall'occupazione nazista, il partito poteva riprendere una attività quasi legale, e darsi un'organizzazione ben altrimenti ampia di quanto potesse essere l'organizzazione illegale. Che cosa avvenne, tutti ricordiamo. Senza alcun riguardo a chi aveva veramente condotta la lotta clandestina contro il fascismo, senza alcuna considerazione di quelli che erano stati i primi militanti del partito dalla sua nascita, e che per la fedeltà mantenutagli avevano sofferto persecuzioni di ogni sorta, senza alcuna valutazione della effettiva capacità e preparazione dei militanti, la cricca dei funzionari si afferrò ai posti dirigenti, e con manovre, imposizioni, minacce, ricatti, intimidazioni, riuscì nell'intento di mantenere asservito il partito.

Errerebbe chi credesse che queste prepotenze abbiano soltanto un fine personalistico. Senza escludere che questo fine personalistico vi sia stato e vi sia per molti dei funzionari, dobbiamo riconoscere che si tratta, in molti casi, e, quel che più conta, nell'insieme del fenomeno, di un fine più grave, più delittuoso: quello di irrigimentare le masse proletarie in modo da poter loro imporre una linea politica  totalmente divergente da quella che le masse spontaneamente seguirebbero per la sicura intuizione dei loro interessi; quello, cioè, di disarmare le masse da ogni volontà cosciente di rivoluzione, per portarle, inquinandone l'ideologia, sulla strada del compromesso e della collaborazione con la borghesia.

Ciò apparve evidente nella crisi verificatasi nel partito all'epoca dell'improvviso e brusco cambiamento di rotta imposto da Togliatti al suo arrivo in Italia. La massa del partito, profondamente avversa alla monarchia ed a Badoglio, fu facilmente piegata ad accettare la collaborazione voluta da Togliatti, grazie proprio all'accaparramento dei quadri del partito da parte dei funzionari ed alla loro abilità a costringere con tutti i mezzi la base a seguire la volontà del centro.

E così, il partito che era sorto con la bandiera rossa della rivoluzione mondiale ha adottato il tricolore compromesso e screditato di un nazionalismo piccolo-borghese; il partito della rivoluzione proletaria e della dittatura del proletariato è diventato il partito della più falsa ed ipocrita "democrazia progressiva".

Come si spiega questa totale degenerazione? Essa va compresa nel quadro generale delle deviazioni della III Internazionale, sempre meno leninista e sempre più centrista e riformista; deviazioni che non sono il frutto di errate concezioni ideologiche e di errori tattici, ma che rappresentano, invece, il progressivo divergere degli interessi del proletariato mondiale dagli interessi costituiti dalla classe dei funzionari imperanti nello Stato Sovietico, nella Internazionale, in tutti i singoli partiti nazionali da essa strettamente dipendenti. Dal 1923 in poi, l'Internazionale, invece di rappresentare lo Stato Maggiore della rivoluzione mondiale, formato dai quadri dirigenti di tutti i partiti comunisti del mondo in assoluta parità tra di loro, si è lasciata sempre più dominare dai dirigenti del partito comunista russo; e così, mentre nel concetto leninista l'Internazionale avrebbe dovuto determinare l'indirizzo generale di tutti i partiti comunisti,  compreso quello russo, nel quadro degli interessi generali della rivoluzione mondiale, si è verificata l'inversione, per la quale il partito comunista russo, interprete degli interessi della burocrazia dittatoriale dello Stato sovietico, ha costretto l'Internazionale a sacrificare sempre le possibilità di rivoluzione in altri paesi, ed ha in definitiva ripudiato l'internazionalismo proletario, per la semplice ragione che una rivoluzione proletaria avrebbe minacciato di distruggere il dominio di classe della burocrazia nella Internazionale e nello stesso Stato sovietico.

E' chiaro ora che il partito comunista italiano, come ogni altro partito comunista asservito alla burocrazia controrivoluzionaria russa, farà tutto, fuorché preparare a dirigere la rivoluzione proletaria. L'alleanza e il compromesso dell'Unione Sovietica con i paesi borghesi imperialisti si ripercuote fatalmente sui partiti ad essa asserviti, imponendo loro gli stessi compromessi ed alleanze con le forze borghesi della loro nazione. Alleanze e compromessi che potranno forse guadagnare ai sedicenti comunisti qualche successo elettorale, qualche amministrazione comunale, qualche portafoglio ministeriale, ma che costano al comunismo il prezzo più caro: la rinunzia alla rivoluzione proletaria.

Il partito comunista gioca oggi in Italia e in Europa il ruolo peggiore: quello di distrarre le masse proletarie dalla via maestra dell'intransigenza classista e rivoluzionaria, disarmandone la volontà di lotta, addormentandole nelle peggiori illusioni di facili successi legali, uccidendo in esse lo spirito internazionalista.

La carta sulla quale gli equilibristi del partito comunista giocano oggi è quella loro fornita dal veramente magnifico comportamento delle Armate Rosse nella presente guerra. Il mito di una Russia vincitrice della guerra che aiuta i proletariati degli altri paesi a fare la loro rivoluzione, esercita ancora una presa notevole sull'animo di masse abituate da un ventennio di fascismo a credere che la soluzione dei loro problemi possa cadere dall'alto, e non debba invece venire dalla loro stessa forza. Non si accorgono, le masse (e gli illusionisti del partito comunista fanno di tutto perchè non se ne accorgano) che le vittorie dell'Esercito Rosso non hanno nulla a che vedere con la rivoluzione mondiale, che la vittoria della Russia è la vittoria anche del fortissimo blocco delle potenze imperialistiche che le sono alleate, e che comunque la rivoluzione non può essere portata sulla punta delle baionette di un esercito vittorioso, ma deve essere realizzata attraverso la distruzione diretta e violenta dell'ordinamento borghese da parte del proletariato di ciascuna nazione.

I buoni militanti rivoluzionari del partito - non ci occupiamo della zavorra di cui esso si è caricato - pur non riuscendo, per sentimentalismo o per scarsa preparazione ad individuare le ragioni prime della degenerazione del partito comunista, la avvertono e cercano di correggerla lavorando all'interno del partito.

Non bisogna farsi soverchie illusioni: questo lavoro all'interno del partito non potrà mai riuscire a raddrizzarlo, a riportarlo sulla giusta strada segnata da Marx e da Lenin. La corruzione è arrivata alle radici, nel partito comunista, ed esso è ormai un organismo che non ha più nessuna funzione rivoluzionaria. Inoltre, la sapienza manovriera dei capi ha impostato l'organizzazione in modo che essa non potrà mai sfuggire loro di mano. La divisione dei militanti in cellule, che avrebbe un significato solo ove il partito si proponesse un'attività rivoluzionaria, oggi ha per unico scopo quello di dividere i militanti in compartimenti stagno, per poterli meglio controllare e per localizzare e soffocare ogni movimento di opposizione che riuscisse a prendere piede all'interno delle organizzazioni.

Infatti, quando una cellula vota un ordine del giorno contrario alla volontà dei dirigenti, è facile ricondurla alla obbedienza: mentre non sarebbe altrettanto facile, ove invece di una cellula si trattasse di una sezione unitariamente costituita con elementi molto più numerosi. E quando la cellula si dimostra assolutamente refrattaria alle manovre intimidatorie del centro, la si scioglie senza che ciò costituisca un grave scandalo, come sarebbe se si trattasse di una intera sezione e non soltanto di una piccola cellula. Ancora, i dirigenti riescono, dividendo la massa fra gli iscritti, ad impedire che il movimento di opposizione sorto in una o più cellule, si generalizzi e monti fino al punto di travolgerli.

Si aggiunga a questo che i dirigenti sono riusciti a creare all'interno del partito una maggioranza di piccolo-borghesi, di arrivisti, di impreparati, di uomini compromessi politicamente o moralmente: e si vedrà come sia impossibile il raddrizzamento di un simile partito.

Ciò non pertanto, il lavoro all'interno del partito è egualmente necessario: i proletari che, per la prima volta si avvicinano alla vita politica, soprattutto dopo venti anni di fascismo, non sono in grado di valutare le differenze esistenti tra il partito e la frazione. E poiché il partito promette e permette loro una vita più comoda, sono portati naturalmente ad entrare nel partito, e non certo nella frazione.

Se la frazione non lavorasse all'interno del partito, questi elementi sarebbero abbandonati a se stessi e diventerebbero facile preda della diseducazione e della corruzione cui il partito li indirizza. Invece, lavorando all'interno, la frazione può e deve sgrossare questi elementi, chiarir loro le idee, condurli sapientemente a quelle posizioni di intransigenza classista e rivoluzionaria che sono le posizioni stesse della frazione.

E' certamente un lavoro difficile, lungo, pesante. Ma è un lavoro indispensabile. Senza di esso, il disfacimento inevitabile del partito comunista si risolverebbe in un disastro per l'intero proletariato: perchè gli elementi di base, nel disfacimento del loro partito, rimarrebbero sbandati e cadrebbero facili vittime della reazione borghese.

Invece la presenza e l'attività della frazione raggrupperanno questi elementi sbandati, e, selezionandoli con severità dal punto di vista qualitativo, li immetteranno in un organismo molto più sano, e ne faranno dei buoni militanti rivoluzionari.

Sarà allora il momento di trasformare la frazione in partito, e di creare così quell'organismo che, solo e unico, potrà portare alla rivoluzione e alla vittoria definitiva il proletariato italiano.

 

IL PROLETARIO (foglio della Frazione di Sinistra dei Comunisti e Socialisti italiani)    15 settembre 1944