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archivio > Archivio sulla sinistra>Timore e speranze del borghese comune (Battaglia comunista, n.16, 23 agosto - 6 settembre 1950)

aggiornato al: 02/01/2013

Battaglia comunista, n. 16, 23 agosto - 6settembre 1950
Simpatico e bello, per cominciare un nuovo anno, questo articolo del 1950 che, facendo ampio uso di un articolo di Il Borghese ridicolizzava la paura e l'eventualità (quanto mai remota) di una vittoria russa nello scontro imperialista: sempre di una vittoria imperialista si sarebbe trattato e non certo della vittoria del comunismo.
 
 
Timore e speranze del borghese comune
 
 
Di fronte all'incupirsi della situazione internazionale il borghese comune è combattuto da sentimenti diversi. Da un lato, sogna che si presenti una situazione da stato d'assedio, che gli permetta di trar vendetta di tutte le paure (ingiustificate come si sa) degli anni trascorsi. Dall'altro, studia le prospettive che gli si presentano nel caso di una vittoria russa, vittoria che prende sempre più in considerazione di fronte alle spettacolose fughe delle «eroiche ed armatissime armate americane in Corea».
Non si creda che la venuta di Stalin lo riempia di molta costernazione. Da buon commerciante subodora l'affare con questi dannati comunisti del Cremlino, ai quali attribuisce, è vero, propositi incendiari, ma ai cui intendimenti rivoluzionari, sotto sotto si guarda bene dal credere! Sa che lui e i funzionari del Cremlino sono della stessa pasta, hanno la stessa natura e gli stessi obiettivi, e che perciò non v'è ragione che non trovino, prima o poi, una base d'accordo.
Una rivista di destra («Il Borghese») riporta il discorso di un industriale italiano che è quanto mai rappresentativo dello stato d'animo dei nostri capitalisti nei riguardi del comunismo sovietico, ed è molto vicino alla realtà. Sentite dunque il nostro buon borghese:
«Di fronte a una invasione comunista, non possiamo resistere nemmeno due giorni: non abbiamo esercito e non abbiamo armi. Gli americani potranno venirci in aiuto soltanto fra un paio di anni, ammesso che vogliano darci una mano. Perciò da qualunque parte si studi la possibilità di una aggressione sovietica, non vedo altra via di scampo che quella di trovare un accordo coi comunisti nostrani, i quali, in fin dei conti, sono stati sempre ragionevoli. Il comunismo italiano non è quello slavo e, dopo tutto, Togliatti è una persona civile, è un latino, e cercherà di mettere su un comunismo europeo, impostato più sulle riforme sociali e tecniche che sulle fucilazioni in massa. Egli dovrà pur mantenere l'ordine in Italia se vorrà soddisfare le richieste di Mosca: dovrà pur far funzionare le fabbriche e dar da mangiare alla gente. Anziché lavorare per altri, lavoreremo per la Russia, riprenderemo i mercati del medio oriente e agiremo nell'area del rublo anziché in quella del dollaro o della sterlina. Ormai il bolscevismo ha perduto il suo primitivo carattere rivoluzionario ed è costretto a seguire una politica più conciliante coi paesi satelliti, i quali, di fatto, ne diventeranno i fornitori, l'élite dirigente nel campo industriale. Io credo che quelli che staranno peggio, sotto i russi, saranno proprio gli operai. Di scioperi non se ne faranno più, e le paghe saranno minime. Impegnati come sono in una guerra mondiale, i sovietici hanno un solo interesse: che l'Europa funzioni a tutto vapore per fornirli di quanto gli occorre, e non verranno certo a vedere se qui a Biella lei od io eravamo liberali o iscritti al fascio. Gli interesserà, soltanto, che da Biella siano spedite tante tonnellate di stoffa. Certo, dovremo metterci d'accordo con qualche dirigente rosso, dovremo mandar giù qualche grosso rospo ma, tutto sommato sono sicuro che le cose non cambieranno gran che».
Della qual cosa siamo arcisicuri anche noi.
 
Battaglia comunista, n. 16, 23 agosto - 6 settembre 1950