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archivio > Archivio sulla sinistra>Al fondo dell'indifferentismo II (Battaglia comunista, n. 16, 12 - 28 settembre 1952)

aggiornato al: 04/09/2012

Battaglia comunista, 12 - 28 settembre 1952
Ecco la seconda parte dell'articolo di cui la scorsa volta abbiamo pubblicato la prima. Buona lettura!
 
 
Al fondo dell'indifferentismo 
II
 
Dopo aver rievocato i tratti fondamentali della situazione in questo dopoguerra, la prima parte dell'articolo, pubblicata nel n. 15 di Battaglia Comunista, rileva che la pretesa «indifferenza» circa lo svolgersi della alternativa Mosca-Washington e il risultato della contesa fra i due grandi poli imperialistici cela in realtà l'accomodamento ad uno dei due.
 
Cerchiamo di spiegarci. Vi sono «vie nuove» tanto per Mosca che per Washington. Mosca dice: le condizionistoriche sono profondamente mutate; alla battaglia violenta per la distruzione dello stato capitalista e l'instaurazione della dittatura proletaria va sostituita l'altra battaglia per la penetrazione progressiva nel seno dello stato capitalista, e poiché ― grazie all'esistenza del grande stato comunista russo che controlla il sesto del mondo ― il proletariato è diventato di già classe predominante in tutti i paesi, esiste la possibilità di un progressivo adattamento di questo stato borghese alla struttura sociale della democrazia popolare, dove la condizione è infine realizzata perché lo Stato, divenuto organo di tutti, avvii la società verso il socialismo e il comunismo.
Washington dice: fin dalla sua nascita lo stato capitalista (si dice sempre più, per la necessità della propaganda, «lo Stato non comunista») ha solennemente affermato la possibilità della sua progressiva trasformazione; e non si dice nulla di nuovo oggi, poiché anche formalmente nessuna esclusiva è mai stata posta, affermando la possibilità di una progressiva trasformazione verso il socialismo. Si insiste d'altra parte sul fatto che la Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo, il figurino su cui sono state modellate le costituzioni degli Stati borghesi di tutti i paesi, prevede il diritto all'insurrezione armata contro gli usurpatori che si opponessero a quelle costituzioni e quindi anche alla possibilità delle loro legali e democratiche trasformazioni.
Corollario di Mosca. Lo Stato e la sua metamorfosi sono divenuti il pernio della lotta per il socialismo; entriamovi, diamo ad esso supremazia totale in tutti i campi e facciamone lo Stato non più della minoranza dei grandi capitalisti, ma lo Stato di tutti.
Corollario di Washington. Lo Stato è già ― come d'altronde lo è sempre stato ― lo Stato di tutti, al contrario del «comunismo»che istituisce la dittatura e la tirannia; noi vi offriamo la libertà in tutti i campi e voi non avete che da usarne per giungere al socialismo; se manteniamo un apparato di repressione lo facciamo unicamente per preservare i diritti dell' «uomo libero».
A queste due impostazioni, l'una centrata sullo Stato, l'altra sulla libertà ― concetti non opposti ma che dialetticamente esprimono i termini inseparabili della costruzione di ogni società di classe ― , si oppone quella marxista che, basata sui principi della lotta di classe, punta sulla distruzione dello Stato capitalista, il deperimento dello Stato proletario e la distruzione della stessa classe borghese.
Chi entra nell'orbita dell'impostazione statolatra (e non è da trascurare la sottospecie titista), anche se proclama la sua indifferenza quanto al risultato della contesa Mosca - Washington, ha in effetti rotto col movimento marxista ed entra nel girone del capitalismo via Mosca.
Chi non oppone all'impostazione della libertà i principii della divisione della società in classi, chi anche dicendo che si dovrà passare successivamente alla battaglia violenta per la distruzione dello Stato capitalista ovunque costituito e ovunque scopra un fianco debole – criterio giusto questo – proclama poi, senza saper valutare la grandezza delle forze in rapporto, che la ipotesi della esistenza del partito equivalga alla sua costituzione ed attività come forza indipendente, e fa assegnamento, per l'ulteriore sviluppo quantitativo fino alle possibilità di effettivi interventi storici, sull'impiego delle libertà esistenti, per il solo fatto di non conformare rigorosamente la sua attività ai principii della lotta delle classe, anche se afferma che gli è indifferente la vittoria di domani di Mosca o di Washington, ha in realtà già scelto oggi  ed è definitivamente entrato nel girone del capitalismo sotto quello dei due aspetti presentato nello slogan del mondo libero, cioè via Washington.
Alla formula marxista: il partito di classe è là perché si collega ad un movimento di classe dirigentesi verso la distruzione dello Stato borghese della libertà per tutti, egli ha sostituito l'altra formula: il partito di classe è fatto; la prova? lo affermo deducendolo dal fatto che la società è divisa in classi; la contro-prova? sono marxisti i testi che sbandiero. Infine le condizioni dello sviluppodel partito dipenderanno non più dall'evolvere delle situazioni ma dalla sicura influenza che avrà su questo evolvere il persistente impiego di tutte le armi della propaganda e dell'agitazione; in una parola, ed astraendo da quello che si dice e che serve unicamente ad ingannare, le classi non sono più generate dal fronte dei rapporti di produzione ma dall'altro opposto della libertà: tale la deformazione in cui sono caduti vari gruppi di dispersi in vari paesi, e proprio i più impotenti.
Un'ultima considerazione. Abbiamo già detto che cosa si possa pensare della indifferenza quanto al volgere e al risultato di un conflitto per militanti che pretendono battersi per obiettivi sociali. Dobbiamo soggiungere che, per motivi la cui giustezza elementare è impossibile contestare la battaglia rivoluzionaria del proletariato essendo di natura internazionale ad un titolo anche superiore che per le classi che lo precedettero al timone della società, è evidente che il suo trionfo non potrà risultare che dall'abbattimento del centro più potente dell'imperialismo, anche se le fasi di questo cammino passeranno ( come è quasi certo che avverrà) attraverso vittorie rivoluzionarie in altri paesi. Questa è la realtà dell'evoluzione della storia, e da essa dipende un'altra realtà per quanto concerne le situazioni attuali: per spostare i proletari sul fronte rivoluzionario, per ottenere che sfuggano dall'ermetismo dei due compartimenti stagni alla cui guardia si trovano possenti strumenti di dominio in tutti i campi: sindacale, politico, ideologico, e che tollerano solo spostamenti dall'uno all'altro, da Mosca a Washington e viceversa, la sola possibilità esistente è quella che corrisponde all'effettivo svolgersi degli avvenimenti e che solleva quale fortilizio essenziale del sistema capitalista mondiale attuale non quello che appare tale, ma quello che in forza di fattori economici, geografici, militari, lo è in realtà: e cioè Washington.
Nulla vale l'obiezione che attendendosi come eventualità più favorevole lo sfasciamento dello Stato imperialista più forte si auspichi il successo di un imperialismo sia pure il più debole, in quanto non si tratta di ammettere comunque che il partito rivoluzionario storicamente svoltosi conceda minimamente quartiere a qualunque dei due, ma di considerare quale è la via più favorevole e breve che consentirebbe di pervenire alla distruzione successiva di tutti gli imperialismi. Chi a questo problema storico sostituisce una stupida formuletta come quella della rivoluzione è indipendente dall'ordine di caduta dei poteri capitalistici non ha, di Marx e di Lenin, digerito neppure il primo rigo.
 
Battaglia comunista, n.16, 12 - 28 settembre 1952