Cerca nel sito



 


archivio > Archivio sulla sinistra>Dedicata a Saragat, (Battaglia comunista, n.5, 2 - 9 febbraio 1949)

aggiornato al: 09/04/2012

Battaglia comunista, n. 5, 2 - 9 febbraio 1949
Un vecchio articolo di più di sessanta anni fa dedicato ai socialdemocratici saragattiani poco dopo la loro rottura (del 1948) con i socialisti ufficiali.
Da che parte stesse Saragat lo si capiva bene già allora senza bisogno di aspettare che diventasse presidente della repubblica. Altri tempi e altro mondo, ben saldo comunque nel suo livore anticomunista e nel suo regno di borghesia liberaloide, oggi scomparsa.
 
Dedicata a Saragat
 
Non amiamo «pisellare», ridurre cioè ogni polemica che riguardi il P.S.L.I. ad argomenti di ricorrente vegetazione primaverile degni di far mostra di sé su questo o su quel banco del mercato di frutta e verdura, come fanno i suoi cugini del P.S.I. e del P.C.I., poiché siamo tra quei pochissimi che hanno saputo vedere nell'apparire di questo partito sulla scena della vita politica italiana un significativo orientamento di forze, alla quali non mancavano né possibilità pratiche di sviluppo né un preciso obiettivo da perseguire.
Mi pare che entro questa cornice debba essere visto il recente congresso di Milano, attorno a cui tutta la stampa amica e nemica ha arzigogolato con abbondanza eccessiva di tendenziosità e di pettegolezzo. Noi diciamo invece che a Milano il partito di Saragat ha centrato assai chiaramente e coraggiosamente il problema del giorno, che giustifica storicamente l'esistenza del partito e le sue fortune a venire. A questo problema fondamentale convergono tutti gli altri: quello della radicalizzazione della scissione politica e sindacale; quello della  lotta contro la Russia di Stalin e gli stalinisti in casa nostra e infine quello dell'entrata dell'Italia nel Consiglio Europeo, preludio all'adesione al Patto atlantico tanto sotto l'aspetto economico-politico che sotto quello militare. Tutto il resto è colorita e orchestrata messinscena, tra cui l'unificazione dei socialisti italiani.
Il congresso, data la sua composizione sociale, che è poi quella del partito, era in definitiva chiamato a tradurre in termini politici la sua stessa natura economico-sociale di classe media polarizzata nella situazione attuale più verso il riaffermato potere capitalistico che verso la sconfitta del proletariato; non quindi un'istanza di classe poteva legittimamente attendersi da queste assise socialdemocratiche di Milano. Per sincerarsene bastava dare un colpo d'occhio panoramico al Dal Verme o sentire quel qualsiasi discorso dei congressisti: la dottrina le esigenze la lotta e il divenire del proletariato non hanno avuta alcuna eco né a destra né al centro né a sinistra.
Mondolfo vale Zagari, entrambi valgono Saragat.
Le tendenze, se di tendenze si può parlare, non si sono incrociate nel dibattito per una diversa valutazione dei problemi del socialismo e per una ricerca di soluzioni socialiste della crisi del capitalismo: gli scontri cortesemente polemici invece che alla classe e al socialismo si sono richiamati gli uni alla pace, alla giustizia sociale e alla libertà (Zagari), e gli altri alla difesa della democrazia politica (Saragat). In una parola la bandiera spiegata a Palazzo Barberini non è stata ammainata al Dal Verme; semmai, strada facendo, dietro la secessione socialdemocratica si sono andati precisando i motivi reali della lotta; e questi, questi soltanto contano nell'urto dialettico delle classi e delle loro forze politiche.
Esaminiamoli insieme questi motivi reali della lotta del tuo partito, che così docilmente si piega alla suggestione che proviene, caro Saragat, non da prestigio personale, che assolutamente ti manca, ma dalla tua presenza al governo della repubblica e soprattutto dalla funzione esercitata da questo governo quale strumento della politica americana.
Può non piacere e generalmente non piace neppure ai tuoi quel gioco di dialettica formale che si concreta in una serie di finte; dietro Simonini sul problema potenziale della scissione sindacale; dietro Faravelli sul problema dell'anticomunismo; dietro Andreoni sul problema della soluzione di forza dell'antagonismo imperialistico Russia-America.
Tutti i problemi posti dal Congresso ci riportano logicamente a quello centrale della permanenza o meno al governo e tu hai divagato parlando di contaminazione imperialista dello Stato russo, di democrazia socialista e di unità socialista fingendo d'ignorare che esistesse in realtà il problema della corresponsabilità del potere. Sei stato abile e ti è riuscito di far ingoiare ad una sinistra troppo vuota, inconsistente e verbosa, ciò che veramente ti stava più a cuore, la permanenza cioè al governo e con essa la soluzione di tutti i problemi connessi allo schieramento dell'Italia nel blocco occidentale e quindi sul fronte della guerra democratica.
Non a torto perciò hai lasciato da parte Nenni e te la sei presa col centrismo di Lombardi che, una volta orientato verso l'unità socialista, potrebbe reagire e ostacolarti in qualche modo il gioco con la sua ingenuità curiosa e petulante e l'attaccamento tutto esteriore e freddamente intellettualistico, qui sta il pericolo, ad una futura istanza socialista in qualche modo librantesi al di sopra della mischia. Altro che «bacillo di contaminazione anomalo»! Perché se di contaminazione imperialista proveniente d'altro paese si deve parlare (il tuo marxismo è, sì, spurio che non incide oltre le solite formulazioni di contenuto idealistico-sentimentale), al bacillo Cominform corrisponde esattamente il bacillo Comisco; ai contaminati dell'uno corrispondono i contaminati dell'altro; a Togliatti russo, l'americano Saragat.
E infine due considerazioni si impongono.
Al vertice del tuo partito, caro Saragat, il credo politico imperante non è quello ingenuo ma profondamente umano di Bebel e di Turati e di Prampolini, è piuttosto il credo di Kerenski, di Ebeert e di Noske, gli strangolatori d'ogni tentativo di liberazione proletaria; e non è da escludere che l'astuto e utilitario empirismo anglo-sassone possa prediligere questa più aggiornata forma di fascismo per la liquidazione tempestiva d'ogni sforzo di ripresa dei lavoratori italiani.
Questa è una; l'altra è quella dell'antistalinismo che potrebbe sembrare a qualcuno, ignorante o ingenuo, come un'arma di battaglia che il tuo partito avrebbe in comune con i rivoluzionari internazionalisti.
Caro Saragat, ammicca se credi, con o senza gli occhiali; abbandonati pure ai molti contorcimenti dell'oratoria parlamentare, sculetta sul podio finché vuoi, ma il tuo antistalinismo nasconda la tacita e torbida solidarietà del controrivoluzionario incarognito. Tu sei contro Stalin non perché egli è l'affossatore della rivoluzione d'ottobre, ma soltanto perché è oggi la personificazione dell'anti-America. Se per ipotesi la Russia tornasse ad amoreggiare con l'America, Stalin tornerebbe ad essere per te ed il tuo partito, il simbolo vivente delle libertà democratiche. E osanneresti, insieme a Nenni e Togliatti al piccolo padre dei popoli per aver salvato la civiltà capitalistica dalla «contaminazione» del comunismo rivoluzionario.
E le vostre anime così parlamentarmente ostili sarebbero finalmente placate.
 
battaglia comunista, n. 5, 2 - 9 febbraio 1949