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archivio > Archivio sulla sinistra>Il partito dei preti e le sue maschere (Battaglia comunista, n. 3, 1-8 febbraio 1946)

aggiornato al: 02/12/2011

Battaglia comunista, n. 3, 1 - 8 febbraio 1946

Un articolo limpido, chiaro e semplice del lontano 1946 che non ha perso nulla della sua carica rivoluzionaria. Non sappiamo chi possa essere il compagno che firma con lo pseudonimo Sepro l'articolo.

 

Il Partito dei preti e le sue maschere

 

Sul finire del secolo scorso, dopo il susseguirsi in Italia di governi conservatori reazionari, la volontà popolare spazzò le consorterie allora dominanti, e la borghesia italiana fece il cambio della guardia affidandosi al potere della sinistra di allora: ebbe così inizio l'era del liberalismo giolittiano. Ma rimasero in piedi le forze tradizionalmente reazionarie della chiesa, le quali diedero sviluppo al loro compito storico creando il partito clericale. Questo partito, operando su un piano prettamente conservatore, elaborava un programma che si riassumeva nel diritto del padrone di comandare e nel dovere dei servi di obbedire, poiché padroni e servi ci sono per suprema volontà di Dio e a lenimento dei disagi dei servi c'è la carità cristiana e il premio del paradiso. Contemporaneamente, però, le masse lavoratrici prendevano grado a grado coscienza dei loro diritti e della loro forza, si affermava sempre più imperiosa la lotta di classe, e il partito socialista, in costante sviluppo, si imponeva sempre più nella vita politica italiana. Quest'evoluzione politica, che si affermava di pari passo con l'acuirsi della crisi capitalista, si concluse con lo scoppio della guerra imperialista del '14 che travolse il proletariato distruggendone la forza come classe. Dello scoppio del conflitto, voluto dalla borghesia capitalistica, il partito clericale fu pienamente corresponsabile.

Finita la guerra nel 1918, tornano i reduci e chiedono conto dell'inganno patito e del massacro subito, si agitano le masse che si spostano sempre più a sinistra, e nella crisi del dopoguerra , si va determinando una situazione nettamente rivoluzionaria. I preti studiano come parare la situazione. Resisi impopolari per il loro gretto conservatorismo, non possono più ricostruire l'inviso partito clericale. Ci vuole un partito che, sfruttando il mito religioso, faccia presa sulle masse, frazionandone le forze per  deviarle dai loro obiettivi di classe. Nelle diocesi si dà allora consistenza al partito popolare,  le sacrestie sono mobilitate a favore del nuovo partito politico, e gli oratori diventano il fulcro del lavoro di base. Compito del nuovo partito è differire quei problemi sociali che minacciano di trovare una soluzione rivoluzionaria, e, mentre l'ala destra intriga dietro le quinte della vita politica italiana,  la sinistra è sguinzagliata fra le masse con programmi socialistoidi e demagogici.

Scongiurato il pericolo rivoluzionario, la borghesia passa all'attacco e, col trionfo della reazione fascista, il partito dei preti mostra  il suo vero volto. Si radiano dal partito gli uomini compromessi tipo Miglioli, i meno compromessi vanno in riserva; dopo di che, i registi del partito passano alla collaborazione col fascismo. Si arriva così alla seconda guerra mondiale coi suoi prologhi d'Africa e di Spagna, e noi vediamo le forze clericali dare  il più sfacciato appoggio a tutte le manifestazioni guerrafondaie del regime. Ma con la prevista sconfitta e  e col fallimento dell'esperimento mussoliniano, si delinea la possibilità di una situazione rivoluzionaria. Poiché la resa dei conti della borghesia italiana sarebbe fatale al clericalismo, che, forza di conservazione della stessa borghesia, ha legato ad essa il suo destino, si corre ai ripari; si passa all'antifascismo e, invece di ricostruire il mendace partito popolare di malfamata memoria, si crea un nuovo partito dal nome seducente.

Così i vecchi arnesi della reazione possono rifarsi una verginità politica nel partito della democrazia cristiana. Si rimettono alla ribalta gli uomini di riserva, si rispolverano i più radicali progetti di riforme sociali a sfondo rosso e, con un po' di demagogia  e l'aiuto valente dei pulpiti, si ingannano ancora una volta larghi strati di masse lavoratrici con palliativi atti  a differire i problemi che l'attuale crisi capitalistica pone.

Facendo queste constatazioni non abbiamo certo l'aria di lamentarci che la borghesia e le forze clericali ad essa legate manovrino per la propria conservazione; è cosa naturale e comprensibile, questa, ma ciò che è infame e che ci indigna è la complicità che i socialcentristi danno a questo trucco. Anziché richiamarsi alle lezioni della storia e denunciare alle masse la manovra occulta di queste forze reazionarie; anziché combattere la loro ingerenza nel nostro campo di lotta, i socialcentristi ne caldeggiano l'alleanza, ne mendicano la tolleranza e passano con loro sul terreno del parlamentarismo e  della collaborazione, abdicando ai postulati della lotta di classe rivoluzionaria per tornare al rancido riformismo patriottardo di un tempo, i cui risultati negativi non vale neanche la pena di riepilogare. Molti lavoratori, portati a queste riflessioni, si demoralizzano, chiedendosi delusi a chi mai debbano ancora credere, in che cosa debbono ancora sperare. Ebbene, bisogna che sappiano, questi lavoratori, che ci sono ancora compagni fedeli alla causa, a mantenere alta e immacolata la bandiera della rivoluzione. Essi operano nel Partito Comunista Internazionalista, l'autentico partito dei proletari. Battaglia comunista, il giornale del partito, indica a tutti gli sfruttati della attuale società la giusta via da seguire. Bisogna che questo nostro giornale giunga in mezzo a tutti gli operai a portarvi il verbo che fu di Lenin. Se i lavoratori raccoglieranno questo verbo di lotta e di intransigenza, la reazione borghese non vincerà, il trucco dei preti sarà smascherato e, ai margini della nostra strada maestra, lasceremo dietro di noi i relitti del nostrano menscevismo contemporaneo.

 

Sepro

 

   Battaglia comunista, n. 3, 1 - 8  febbraio 1946