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archivio > Archivio sulla sinistra>La vita del grande capo del comunismo italiano... (Le reveil communiste, n. 2, janvier 1928)

aggiornato al: 08/02/2011

Le reveil communiste, n. 2, janvier 1928

Riproponiamo, traducendolo dal francese, questo articolo tratto dal n. 2 di Le reveil communiste, la rivista che dal 1927 al 1929 pubblicò in Francia Michelangelo Pappalardi  con i Gruppi di avanguardia comunista.

Pappalardi, militante del Partito Comunista d'Italia a Napoli dalla sua fondazione, esule già dal 1923, prima in Germania e poi in Francia, da sempre con la Sinistra, si avvicinò in Germania alle posizioni della sinistra tedesca di Karl Korsch e ruppe con l'ala maggioritaria della frazione di sinistra del PCd'I nell'estate del 1927 dando appunto vita a Le reveil communiste di cui uscirono cinque numeri. Questa pubblicazione fu sostituita poi, dall'agosto del 1929, da L'Ouvrier communiste, organo dei gruppi operai comunisti che durò qualche anno.

Non è qui il caso di soffermarsi su Michelangelo Pappalardi e le sue vicissitudini. Diciamo solo che, dopo la rottura dell'estate 1927 l'ala maggioritaria della Frazione, guidata da Ottorino Perrone,  diede vita a Prometeo (n.1, giugno 1928) e a Bilan che continuarono fino alla vigilia della seconda guerra mondiale.

Ritornando a questo articolo, il suo estensore è ben a conoscenza di quanto successe a Bordiga, confinato  ad Ustica, nell'autunno 1927. Bordiga, accusato di un fantomatico complotto e di "insurrezione contro lo Stato" fu trasferito in catene, con altri, all' Ucciardone di Palermo da dove fu poi inviato nel giugno 1928 a Poggioreale e da qui, una volta cadute le accuse del preteso complotto,  nell'agosto, a Ponza per continuare il confino.

Se in Italia poco si seppe di questi fatti, essi ebbero una certa risonanza all'estero tanto che anche il giornale trotskista La lutte de classes (del giugno 1928) ne parlò in questi termini:

Attualmente Bordiga è incarcerato a Palermo, abbandonato dall' Internazionale Comunista, e minacciato nella sua vita. E' bastato che si sia opposto alla politica malaccorta della frazione Stalin del PCR, che abbia combattuto la bolscevizzazione dell'IC del tipo Zinoviev-Maslow-Treint, perché sia stato abbandonato a se stesso e che tutti i compagni che approvano la sua condotta e le sue idee siano fatti segno alle più infami calunnie da parte dei comunisti ufficiali.

Ma diamo spazio all' articolo.

   

 

La vita del grande capo del comunismo italiano

Amadeo Bordiga

è minacciata dagli aguzzini fascisti, vili servitori della borghesia italiana

 

 

E' un nome che nessuno ignora nell'Internazionale, che non è sfortunatamente più comunista, un nome che tra i proletari italiani nessuno ignora. E' un nome che è risuonato in molti congressi comunisti. I proletari francesi ne hanno sentito la voce potente al Congresso di Marsiglia del P.C.F. nel 1921. Fondatore della frazione astensionista (antiparlamentare) in seno al Partito Socialista Italiano, gettò le basi di un vero programma comunista, opponendo la linea del materialismo storico, della tattica rivoluzionaria e marxista, al Barnum (come gli piaceva chiamarlo in ricordo dell'università fondata da Barnum negli U.S.A., sinonimo di confusionismo) del massimalismo italiano, miscuglio di socialismo infantile e demagogico che portò, nel 1921, al patto di pacificazione con i fascisti.

E' a lui e alla sua frazione che appartiene il merito della fondazione del P.C.I. E' attraverso il suo programma, la sua linea impeccabile di rivoluzionario marxista, per la sua azione che una parte del P.C.I. poté rendersi conto della necessità di un partito veramente rivoluzionario. E questo partito fu creato nella scissione di Livorno, dove i sentimentalisti del P.S.I.  si attaccarono disperatamente alla tradizione per salvare l'unità del loro partito, e ci riferiamo a Serrati e a Costantino Lazzari, socialisti di buona fede,  ma in fondo veri riformisti che hanno contribuito enormemente alla disfatta del 1922. Questo partito comunista ha fatto tutto quanto era nei suoi mezzi per contrastare l'azione disfattista del riformismo e del massimalismo italiani e non è colpa sua, non è colpa del suo capo, Bordiga, se i rapporti di forza si sono rivelati ancora una volta favorevoli alla borghesia. La colpa è di questi elementi riformisti e massimalisti che, in buona o cattiva fede, hanno fatto tutto ciò che era loro possibile perché il capitalismo italiano potesse avere la meglio sullo slancio eroico del proletariato. Si è cercato qui, come in Russia, di rifare la storia. Quando la bolscevizzazione ha guadagnato i ranghi del Comintern, quando sono stati cacciati o messi da parte tutti i migliori rivoluzionari, il compagno Bordiga è stato oggetto di una campagna di calunnia e di denigrazione. Abbiamo ascoltato dalla bocca di Semard, questo ridicolo burattino dello stalinismo in Francia, in una Conferenza d'informazione del P.C.F., le odiose accuse che i bolscevizzatori italiani, gli ordinovisti, hanno sparso contro il nostro «incorruttibile». E se questa campagna infame si è arrestata, se il compagno Bordiga non è stato cacciato dal Comintern, ciò è stato dovuto al suo imprigionamento.

Si è finto di non scorgere che era sempre lì in attesa del giorno del rilascio per ritornare nel campo della lotta rivoluzionaria, per combattere senza quartiere contro tutti gli opportunisti. Non sarà inutile ricordare qui all'epoca della capitolazione Trotzky-Zinoviev, nell'autunno 1927, che questi ultimi sconfessarono Bordiga, e allo stesso tempo Korsch, come elementi che non erano sul terreno teorico del leninismo e del Comintern. Era il momento in cui Bordiga entrava nel silenzio. Inoltre non è inutile notare che i cosiddetti bordighisti o perronisti, che si sono staccati dal nostro gruppo nel luglio 1927, si sono lasciati rimorchiare da questi stessi elementi politici che avevano sconfessato Bordiga nell'autunno 1926. Il fatto della sconfessione completa di Bordiga nel 1926 da parte dell'opposizione russa, sconfessione imposta dagli stalinisti, ci prova che se Bordiga non è formalmente al di fuori del Comintern, lo è nei fatti, perché non è sul terreno teorico del leninismo, cioè del neo-leninismo.

Ma è obbligato al silenzio. La borghesia italiana che vedeva in lui un nemico potente, lo spirito che, solo tra i dirigenti attuali del proletariato italiano, poteva mostrare la diritta via della rivoluzione e della vittoria della classe operaia, ne ha fatto un ostaggio inviandolo a domicilio coatto e accontentando gli stalinisti arrabbiati che indicavano in lui, come al solito, il nemico del proletariato.

Essa lo aveva ben conosciuto, nel periodo della lotta accanita tra il proletariato da una parte e le camice nere, i gendarmi, i poliziotti, la magistratura dall'altra; lo ha conosciuto completamente all'epoca del processo di Roma, dopo l'avvento del fascismo. Il tribuno focoso, l'impeccabile dialettico, il rivoluzionario indomabile, tutta la sua figura di gigante del pensiero marxista sono apparsi in questo momento alla borghesia che aveva conosciuto ore di panico negli anni rossi. Ma allora lo si era lasciato andare temendo che l'ondata di indignazione avrebbe potuto rompere le catene della reazione. Lo si era ben conosciuto in ogni caso e lo si sarebbe ricordato in seguito.

Il compagno Bordiga, insultato dagli stalinisti, isolato a Napoli, era minacciato nella sua vita già prima del suo arresto. Un compagno che è, anche lui, al domicilio coatto, ci aveva detto: «La vita del nostro capo è in pericolo».

Ma Bordiga, che era stato invitato a venire all'estero, dove avrebbe potuto meglio salvaguardare la sua esistenza preziosa per il proletariato mondiale, non ha voluto lasciare l'Italia, non ha voluto lasciare il suo posto. Era solo, sapeva bene che al momento dato sarebbe caduto nelle mani del nemico; ma non ha voluto lasciare il proletariato italiano in questo momento di disperazione per dare l'esempio. Non ha chiesto aiuto a nessuno, né al partito, né ai suoi compagni di fede.

E' così che il gioco della politica borghese in Italia è andata di pari passo con il gioco della politica del kulakismo russo.

Ma la borghesia italiana, se custodiva l'ostaggio, non dimenticava l'avvenire e il fascismo italiano ha molto imparato dalla socialdemocrazia tedesca. E' uccidendo i due grandi capi della rivoluzione in Germania, Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, che i Noske e gli Scheidmann hanno reso il miglior servizio alla loro borghesia. E Mussolini, questo sporco servo del capitalismo italiano, sogna in questo momento di rendere lo stesso servizio alla sua borghesia.

Così è stato montato il complotto dell'evasione e si è trasportato il nostro compagno dal domicilio coatto di Ustica alla prigione di Palermo.  

I bolscevizzatori si sono oggi ricordati del compagno Bordiga per specularci sopra, gli stessi che lo hanno già calunniato di fronte al proletariato internazionale. Contestiamo ai Cachin e a tutti i patrocinatori della causa dei kulaki di infangare il nome del grande internazionalista Bordiga. Non sono i buoni amici della patria borghese che potranno difendere questo grande rivoluzionario.

Cosa farà il proletariato italiano di fronte a questo tentativo di assassinio del suo capo rivoluzionario? Cosa faranno i veri comunisti nel mondo intero?

Le masse italiane sono sbeffeggiate e strangolate e, pur conservando il loro spirito rivoluzionario, gemono nella più dura oppressione. Sul terreno internazionale, i buoni rivoluzionari sono molto pochi e la loro volontà non è sufficiente per salvare il capo della rivoluzione italiana.

La borghesia italiana oserò punirlo con la pena capitale? Amadeo Bordiga è destinato a finire sotto i colpi dei torturatori fascisti? Diventerà un grande martire come Rosa e Karl? Non vogliamo rispondere a questa domanda per noi piena di tormento. Quello che sappiamo bene è che non cadrebbe inutilmente e che ci sono uomini e forze che saprebbero vendicarlo: i suoi discepoli e il proletariato italiano e internazionale.

 

Le reveil communiste, n. 2, janvier 1928