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archivio > Archivio sulla sinistra>Due lettere della Frazione Comunista Astensionista all' I.C. (novembre 1919, gennaio 1920)

aggiornato al: 10/01/2010

10 novembre 1919, 11 gennaio 1920

Riproduciamo le due lettere che il gruppo del Soviet inviò, la prima nel novembre 1919, la seconda nel gennaio 1920 all'Internazionale Comunista.

Le due lettere non arrivarono mai ai loro destinatari ma finirono negli archivi della polizia italiana. Secondo quando racconta Giuseppe Berti, le lettere furono consegnate da Amadeo Bordiga ad un corriere del PSI tale Soncelli che però altri  non era che un capitano dei carabinieri.

Come scrive Mauro Canali, pur non riferendosi a questo episodio  (Le spie del regime (Il Mulino, 2004, pag. 27-28):

Nel 1920, Soncelli, coperto sempre dalla falsa ditta commerciale [si trattava di un'agenzia d'affari e di rappresentanza con sede a Milano] e spacciandosi per un contrabbandiere disponibile a far passare il confine alla documentazione più riservata del gruppo dirigente socialista, era riuscito a entrare in contatto con i vertici del movimento socialista e a carpire la buona fede dello stesso Serrati. (...) Soncelli venne smascherato da Serrati nel settembre 1920, nel corso di un drammatico confronto a due.

Erano passati, quando questo contatto fu cercato, otto mesi dalla fondazione (dal 2 al 6 marzo) dell' Internazionale Comunista e la prima lettera mostra nitidamente come il gruppo di Il Soviet si ponesse sulla stessa linea dell'Internazionale. Il Soviet individuava con chiarezza la necessità della scissione nel PSI per la nascita di un partito rivoluzionario in Italia mentre ancora nel 1920 Gramsci e amici intitolavano un loro documento programmatico Per un rinnovamento del Partito socialista.

Queste due lettere non sono una novità; sono apparse in vari testi e scritti della sinistra e sono già presenti anche in internet. Ci pare utile , in ogni caso, riproporle.

 

IL COMITATO CENTRALE DELLA FRAZIONE COMUNISTA ASTENSIONISTA DEL PSI AL COMITATO ESECUTIVO DELLA III INTERNAZIONALE

 

Frazione Comunista Astensionista del Partito Socialista Italiano

Comitato Centrale - Napoli, Borgo S. Antonio Abate 221

Al Comitato di Mosca della III Internazionale

La nostra frazione si è costituita dopo il congresso di Bologna del Partito socialista italiano (6-10 ottobre 1919) ma aveva iniziato prima la sua propaganda a mezzo del giornale "Il Soviet" di Napoli, indicendo quindi un convegno a Roma il 6 luglio 1919 nel quale venne approvato il programma poi presentato al Congresso. Inviamo una collezione del giornale e diverse copie del programma e della mozione assieme alla quale fu posto in votazione.

E' bene premettere che durante tutto il periodo della guerra vi fu in seno al Partito un forte movimento estremista che si opponeva alla politica troppo debole del gruppo parlamentare, della Confederazione Generale del Lavoro - perfettamente riformisti - e della stessa Direzione del Partito, sebbene fosse rivoluzionaria intransigente secondo le decisioni dei congressi di prima della guerra. La Direzione è sempre stata divisa in due correnti di fronte al problema della guerra; la corrente di destra faceva capo a Lazzari, autore della formula "nè aderire nè sabotare la guerra"; la corrente di sinistra a Serrati, direttore dell'Avanti! In tutte le riunioni tenute durante la guerra le due correnti si presentavano però solidali tra loro, e pur facendo riserva sul contegno del gruppo parlamentare non si mettevano decisamente contro di esso. Elementi di sinistra estranei alla Direzione lottavano contro questo equivoco prefiggendosi di scindere dal Partito i riformisti del gruppo e assumere un atteggiamento più rivoluzionario.

Il congresso di Roma del 1918, tenuto poco prima dell'armistizio, nemmeno seppe romperla colla politica transigente dei deputati, e la Direzione, pure aggiungendosi elementi estremisti come Gennari e Bombacci, non mutò sostanzialmente la sua direttiva, attenuata dalla debolezza verso certe manifestazioni della destra contraria all'indirizzo della maggioranza del Partito.

Dopo la guerra, apparentemente tutto il Partito prese un indirizzo "massimalista" aderendo alla Terza Internazionale. Il contegno però del Partito non fu soddisfacente dal punto di vista comunista; vi preghiamo di vedere sul Soviet le polemiche col gruppo parlamentare, colla Confederazione (a proposito della "costituente professionale") e colla stessa Direzione, specie per la preparazione dello sciopero del 20 e 21 luglio.

Subito noi, con altri compagni di tutta Italia, ci orientammo verso l'astensionismo elettorale, che abbiamo sostenuto al congresso di Bologna. Desideriamo sia chiaro che al Congresso ci siamo divisi da tutto il resto del Partito non solo sulla questione elettorale, ma anche su quella della scissione del Partito.

La frazione "massimalista elezionista", vincitrice al Congresso, aveva anche essa accettata la tesi della incompatibilità della permanenza nel Partito dei riformisti, ma vi rinunziò per considerazioni puramente elettorali nonostante i discorsi anticomunisti di Turati e Treves.

Questa è una forte ragione per l'astensionismo: non sarà possibile la costituzione di un partito puramente comunista se non si rinunzierà alla azione elezionistica e parlamentare.

La democrazia parlamentare nei paesi occidentali assume forme di tale carattere, che costituisce l'arma più formidabile per la deviazione del movimento rivoluzionario del proletariato.

La sinistra del nostro partito fin dal 1910-1911 è impegnata nella polemica e nella battaglia contro la democrazia borghese, e questa esperienza conduce a concludere che nell'attuale periodo rivoluzionario mondiale deve essere troncato ogni contatto col sistema democratico.

La situazione attuale in Italia è questa: il Partito fa la campagna contro la guerra ed i partiti interventisti, sicuro di ricavarne un gran successo elettorale, ma poichè il governo attuale è composto dai partiti borghesi contrari alla guerra nel 1915, si determina una certa confluenza tra l'azione elettorale del Partito e la politica del governo borghese.

Siccome tutti gli ex deputati riformisti sono stati ripresentati candidati, il governo Nitti, che è con loro in buoni rapporti, come risultò dalle ultime vicende parlamentari, farà in modo che essi riescano a preferenza. Dopo, l'azione del partito, già esaurito dai grandi sforzi della attuale campagna elettorale, si perderà in polemiche col contegno transigente dei deputati. Avremo quindi la preparazione delle elezioni amministrative pel luglio 1920; per molti mesi il partito non farà propaganda e preparazione seriamente rivoluzionaria. E' da augurarsi che avvenimenti imprevisti non superino e travolgano il partito.

Noi diamo importanza alla questione dell'azione elettorale e pensiamo che non sia conforme ai principi comunisti lasciare la decisione in merito ai singoli partiti aderenti alla III Internazionale. Il Partito comunista internazionale dovrebbe esaminare e risolvere tale problema.

Oggi noi ci prefiggiamo di lavorare alla costituzione di un partito veramente comunista, e per ciò lavora la nostra frazione nel seno del P.S.I. Ci auguriamo che i primi eventi parlamentari condurranno verso di noi molti compagni, in modo da realizzare la scissione dei socialdemocratici.

Al Congresso hanno votato per noi 67 sezioni con 3417 voti, mentre i massimalisti elezionisti hanno vinto con 48000 voti, e i riformisti ne hanno avuti 14000.

Noi dissentiamo anche dai massimalisti su altre questioni di principio; per brevità vi uniamo una copia del programma approvato dal congresso che è oggi il programma del Partito (col cambiamento del programma, nemmeno un socio ha lasciato il partito) con alcune nostre osservazioni.

Occorre notare che non siamo in rapporti di collaborazione coi movimenti fuori dal partito: anarchici e sindacalisti, perché seguono principi non comunisti e contrari alla dittatura proletaria, anzi essi accusano noi di essere più autoritari e centralizzatori degli altri massimalisti del partito. Vedete le polemiche su Il Soviet.

E' necessario in Italia un complesso lavoro di chiarificazione del programma e della tattica comunista, a cui noi dedicheremo tutte le nostre forze. Se non si riesce ad organizzare un partito che si occupi unicamente e sistematicamente della propaganda e preparazione comunista nel proletariato, la rivoluzione potrà risolversi in una sconfitta.

Sull'opera tattica e specie in merito alla costituzione dei Soviet, ci pare che si stanno commettendo errori anche dai nostri amici, col pericolo che tutto si limiti ad una modificazione riformistica dei sindacati di mestiere. Si lavora infatti alla costituzione dei comitati di officina, come a Torino, riunendo poi tutti i commissari di una data industria (metallurgica) che prendono la direzione del sindacato professionale col nominarne il comitato esecutivo.

Si resta così fuori dalle funzioni politiche dei Consigli operai a cui occorrerebbe preparare il proletariato, pur essendo, secondo noi, il problema più importante quello di organizzare un potente partito di classe (partito comunista) che prepari la conquista insurrezionale del potere dalle mani del governo borghese.

Sarebbe vivo desiderio nostro conoscere la vostra opinione:

a) sull'elezionismo parlamentare e comunale e l'opportunità d'una decisione in merito della Internazionale Comunista;

b) sulla scissione del partito italiano;

c) sul problema tattico della costituzione dei Soviet in regime borghese e sui limiti di tale azione.

Salutiamo voi e il grande proletariato russo pioniere del comunismo universale.

Per il Comitato Centrale Amadeo Bordiga

 Napoli, 10 novembre 1919

 

 

 

IL COMITATO CENTRALE DELLA FRAZIONE COMUNISTA DEL PSI AL COMITATO ESECUTIVO DELLA TERZA INTERNAZIONALE

Napoli, 11 gennaio 1920

Carissimi compagni,

L'11 novembre vi abbiamo indirizzato un'altra nostra comunicazione. Ci serviamo della lingua italiana sapendo che il vostro ufficio è diretto dalla compagna Balabanoff che la conosce benissimo.

Il nostro movimento è stato costituito da coloro che al Congresso di Bologna votarono per la tendenza astensionista. Torniamo a mandarvi il nostro programma e la mozione che lo accompagnava. Speriamo che vi siano giunte le collezioni del nostro giornale Il Soviet e vi mandiamo ora copie del I e II numero della nuova serie, le cui pubblicazioni si sono iniziate al principio dell'anno.

Scopo della presente lettera è il sottoporvi alcune osservazioni alla lettera del comp. Lenin ai compagni tedeschi, che l'Avanti! del 31 dicembre 1919 riportava dalla Rote Fahne del 20, per chiarirvi bene quale sia il nostro atteggiamento politico.

Richiamiamo anzitutto la vostra attenzione sul fatto che nel PSI vi sono ancora quei socialdemocratici opportunisti tipo Adler e Kautsky, di cui parla nella prima parte la lettera di Lenin. Il Partito italiano non è un Partito comunista e nemmeno rivoluzionario; la stessa maggioranza "massimalista elezionista" è piuttosto sul terreno degli Indipendenti tedeschi. Noi al Congresso ci dividemmo da essa non solo per la tattica elettorale, ma altresì per la proposta di esclusione dal Partito dei riformisti capitanati da Turati.

La divisione, dunque, tra noi e quei massimalisti che votarono a Bologna la mozione Serrati non è analoga a quella che separa nel Partito Comunista tedesco i sostenitori dell'astensionismo da quelli della partecipazione elettorale, ma è piuttosto simile a quella tra Comunisti e Indipendenti.

Programmaticamente, il nostro punto di vista non ha nulla a che fare con l'anarchismo e il sindacalismo. Siamo fautori del partito politico forte e centralizzato di cui parla Lenin, anzi siamo i più tenaci assertori di questa concezione nel campo massimalista. Non sosteniamo il boicottaggio dei sindacati economici, ma la loro conquista da parte dei comunisti, e le nostre direttive sono quelle che leggiamo in una relazione del comp. Zinoviev al Congresso del Partito Comunista russo pubblicate nell'Avanti! dell'11 gennaio.

Quanto ai Consigli operai, essi esistono in Italia solo in alcune località ma consistono soltanto nei consigli di fabbrica composti di commissari di reparto, che si occupano di questioni interne dell'azienda. È invece nostro proposito prendere l'iniziativa della costituzione dei Soviet municipali e rurali eletti direttamente dalle masse riunite per fabbriche e villaggi, perché pensiamo che nella preparazione della rivoluzione la lotta deve avere carattere prevalentemente politico. Siamo per la partecipazione alle elezioni di qualunque rappresentanza della classe operaia a cui prendano parte solo lavoratori.

Siamo invece apertamente avversi alla partecipazione alle elezioni per i parlamenti, consigli comunali e provinciali o costituenti borghesi, perché riteniamo che in tali organismi non sia possibile fare opera rivoluzionaria e crediamo che l'azione e la preparazione elettorale ostacolino la formazione nella massa lavoratrice della coscienza comunista, e la preparazione della dittatura.

Partecipare a tali organismi ed evitare le deviazioni socialdemocratiche e collaborazionistiche è una soluzione che non esiste in realtà nell'attuale periodo storico, come i fatti dimostreranno anche per l'attuale esperimento parlamentare italiano. Ci conduce a tali conclusioni l'esperienza della lotta condotta dalla sinistra del nostro Partito dal 1910-11 ad oggi contro tutti gli inganni del parlamentarismo, in un paese che da un lungo periodo è retto a regime democratico borghese, la campagna contro il ministerialismo, i blocchi politici e amministrativi elettorali coi partiti democratici, la massoneria e l'anticlericalismo borghese, ecc. Da questa esperienza traemmo la conclusione che il più grave pericolo per la rivoluzione socialista è la collaborazione con la democrazia borghese sul terreno del riformismo sociale, esperienza generalizzata poi nella guerra e negli avvenimenti rivoluzionari di Russia, Germania, Ungheria, ecc.

L'intransigenza parlamentare era realizzabile, sempre però tra continui urti e difficoltà, in periodo non rivoluzionario - quando non si prospettava possibile la conquista del potere da parte della classe operaia -, e le difficoltà dell'azione parlamentare sono tanto maggiori, quanto più il regime e la composizione del Parlamento stesso hanno tradizionale carattere democratico. È con questi criteri che noi giudicheremmo i confronti con la partecipazione del bolscevichi alle elezioni della Duma dopo il 1906.

La tattica seguita dai compagni russi di partecipare alle elezioni per la Costituente, e poi di sciogliere con la forza questa stessa assemblea, anche se non ha costituito una condizione sfavorevole al successo, sarebbe pericolosa in paesi in cui la rappresentanza parlamentare, anziché essere una formazione recente, è un istituto saldamente costituito da molto tempo e radicato nella coscienza e nelle abitudini dello stesso proletariato. Il lavoro occorrente a predisporre le masse alla abolizione del sistema di rappresentanza democratico appare ed è per noi molto più vasto e sostanziale che in Russia e, forse, in Germania, e la necessità di dare la massima intensificazione a questa propaganda di svalutazione dell'istituto parlamentare, e di eliminazione della sua nefasta influenza controrivoluzionaria, ci ha condotti alla tattica astensionista. Contrapponiamo all'attività elettorale la conquista violenta del potere politico da parte del proletariato, per la formazione dello Stato dei Consigli, e quindi il nostro astensionismo non discende dalla negazione della necessità di un governo proletario centralizzato. Siamo anzi contrari alla collaborazione con gli anarchici e i sindacalisti nel movimento rivoluzionario perché essi non accettano quei criteri di propaganda e di azione.

Le elezioni generali del 16 novembre, pure svolte da parte del PS sulla piattaforma del massimalismo, hanno ancora una volta provato che l'azione elettorale esclude e fa dimenticare ogni altra attività e soprattutto ogni attività illegale. In Italia il problema non è di unire azione legale e azione illegale, come Lenin consiglia ai compagni tedeschi, ma di cominciare a diminuire la attività legale per iniziare quella illegale che manca affatto.

Il nuovo gruppo parlamentare si è dato a fare opera socialdemocratica e minimalista presentando interrogazioni, preparando disegni di legge, ecc.

Concludiamo la nostra esposizione col dichiararvi che, secondo ogni probabilità, se finora siamo rimasti nel PS, disciplinati alla sua tattica, tra poco e prima forse delle elezioni comunali che avranno luogo nel luglio, la nostra frazione si separerà dal partito che vuol tenere nel suo seno molti anticomunisti per costituire il Partito Comunista italiano, il di cui primo atto sarà quello di mandarvi la sua adesione alla Internazionale Comunista.

Saluti rivoluzionari.

 

Per il comitato della frazione

Bordiga