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archivio > Archivio sulla sinistra>Vomitorium Montecitorii, (il programma comunista, n. 9, 26 maggio 1960)

aggiornato al: 20/11/2008

il programma comunista, n. 9, 26 maggio 1960

Bellissimo questo articolo ed il suo titolo, attualissimo inoltre anche se apparve nel 1960.

E' necessario, per comprenderne i particolari,  parlare brevemente del governo Milazzo in Sicilia alla fine degli anni cinquanta, sulla alleanza cioè fra democristiani dissidenti, monarchici, missini, socialisti e comunisti contro la democrazia cristiana ufficiale. La cosa allora destò molto scalpore tanto che Togliatti in parlamento disse (Discorsi parlamentari, vol. II, 1984, p. 1060): «Le convergenze che si sono determinate (...) hanno dato luogo, anche qui, alle solite inette arguzie sul comunista e sul missino che si stringono la mano, si abbracciano e così via. Sciocchezze. Si tratta di un problema di fondo, che deve essere riconosciuto ed apprezzato in tutto il suo valore». Su questo palcoscenico scoppiò lo scandalo Corrao - Santalco, ossia la rivelazione che era stato tentato l'acquisto da parte di Ludovico Corrao, deputato dell'Unione Siciliana cristiano-sociale, e del deputato comunista Enzo Marraro del voto mancante alla maggioranza milazziana mediante la corruzione di un compiacente deputato della D.C. (Santalco).

Chi si ricorda di queste cose? Nessuno. Scomparsi la DC, il PCI, il PSI, il MSI rimangono però le compravendite e gli uomini, cambiata la sigla partitica, dello stesso potere, in verità più squallidi e clowneschi che mai; dall' intramontabile capo-comico che quando vuol essere spiritoso si mostra solo patetico, ai suoi servili ministri tuttofare (Alfano, Carfagna e soci di cui fra poco nessuno si ricorderà più come i politici siciliani di cinquant'anni fa).

I governi di oggi come quelli di ieri continuano ad essere "governi di intrallazzo", e se a Petronio Arbitro il vomito era suscitato dalla lettura di una poesia del suo imperatore Nerone per noi è sufficiente la lettura dei nomi dei nostri "rappresentanti" ed anche quella dei pretesi "oppositori": Veltroni vale Berlusconi, D'Alema vale Bossi e ogni elemento della maggioranza uno della minoranza.

 

 

VOMITORIUM MONTECITORII

 

In un modo o nell'altro – seguiamo poco i particolari stufosi di tale prassi – siamo usciti fino a nuovo ordine dal periodo di crisi ministeriale. Dicono che abbia avuto il primato della lunghezza: non sappiamo se il governo Tambroni avrà un primato della brevità: è chiaro che non ce ne frega nulla.

Ma sulla «sinistra democratica», popolare, socialcomunista, e così via, e (a dire dei suoi portavoce) sulle masse lavoratrici, settore timidamente ammesso nel gran corpo dei veri italiani e dei cittadini onesti, il lutto è sceso, nella caligine della delusione e della tristezza, ancora una volta. La democrazia cristiana è, ancora una volta, al potere con un governo di amministrazione e di affari. Ma è questo che punge i disillusi di oggi: l'Italia non può avere che governi che fanno fare affari, governi di intrallazzo. La rabbia della nobile opposizione è che proprio questo, a destra e a sinistra, è il suo traguardo.

La borghesia italiota, passando dalla destra del regime fascista alla sinistra della costituzione libero-partigiana, ha marciato decisa verso il più alto intrallazzismo. E' fatto palese nella generica e nella specifica della sua funzione storica.

Lutto dunque a sinistra; non siamo più nel roseo tempo di crisi. Se avessero inventati i contatori Geiger per la tensione della libidine politica, questi da qualche giorno avrebbero cessato di impazzire gioiosamente. E nell'oscuro delle note botteghe si sarebbe ridotti a consultare nelle gramaglie del segreto ansioso, le immobili lancette. Non che lì si sia tanto ingenui da credere sul serio che nella parentesi di crisi l'intrallazzo sosti preoccupato. Oh!, que nenni! può dire in francese...Nenni: l'intrallazzamento vi celebra i migliori suoi saturnali. Fabbricate l'altra crisi, e l'amministrazione statale italiota dal vertice in giù varerà un'altra flotta di classici suoi carrozzoni nelle more (dite così in gergo?) di essa.

Finita la crisi come si sapeva, nella esecrata combine clerico fascista, non si doveva,  nel deludente silenzio del corteggiato vertice, dare corso all'appello alla base? Non si era minacciato l'intervento delle masse?

Le masse si muovono forse a Seoul o ad Istanbul; ma a Roma o a Milano o a Napoli, come le stelle, stanno a guardare: esse dormono; ed Intrallazzo lavora.

Da quarant'anni la castrazione della forza rivoluzionaria si fa con la vantata nuova dottrina della spontaneità delle masse, in nome della quale si è ucciso il partito rivoluzionario e la lotta di classe,  soli aspetti storici della loro vitalità e dinamica. Le masse spontaneamente dormono davanti al peggiore degli intrallazzi: quello dei traditori della rivoluzione, quello del partito ex comunista. La dottrina della spontaneità consiste nella fede nella illimitata coglionabilità delle masse, a cui oggi si può tutto propinare, anche consegne che mezzo secolo fa avrebbero indignato il più riformista dei socialisti, come la invocazione di un governo democratico amico della Costituzione e dei lavoratori.

 

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Le masse che attendevano salvezza dalla costituzione e dalle decisioni di Gronchi, come promesso dai loro «esponenti», se sono rimaste di ghiaccio, che colpa ne hanno? Presidenzialmente e costituzionalmente il clerico fascista Tambroni è in regola. Le masse slittano di un altro scalino nel nullismo. Crediamo aver ricordato un episodio del 1948. Un vero compagno, comunista da Livorno, marittimo che nel ventennio ci veniva a trovare ad ogni viaggio atlantico, era, il poveraccio, come tanti altri passato al centrismo elettorale; e sognava. Sapemmo della sua morte. La compagna ci scrisse da Genova: è andato giù giù dopo questa sconfitta! Era la vittoria DC del 1948... Al proletariato i rinnegati hanno tolto virilità, vitalità e la stessa vita.

 

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Costituzione! Contiene già tutta la salvezza; basta vegliare a che sia rispettata. Questo, o merda delle merde, sarebbe il principio leninista sullo Stato!

Nel 1898 la borghesia italiana voleva abolire le garanzie costituzionali per reprimere gli insorti. La sinistra radicale di allora (i socialisti erano un pugno in Parlamento, e Turati era in piazza) chiamò eresia il principio che con la maggioranza della Camera si poteva votare lo statuto. Questa era una posizione analoga a quella, che si vanta modernissima, dei «Marxisti» di oggi.

Ma allora si trattava di difendere la costituzione albertina del 1848, la cui data di storica nascita era data di rivoluzione borghese sì ma degna allora di sangue proletario. La costituzione del 1946 è di un tempo di compromesso tra preti massoni e marxisti (!) pur mò usciti dal blocco partigiano o dai nascondigli in convento. La protesta di sessant'anni fa era contro la violazione di una vergine quella di oggi è contro il commercio di una puttana.

 

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Intrallazzo? Prostituzione? Queste immagini vorrebbero dire che tutta la quistione italiana è una questione morale e l'invettiva vale quella di un discorso Merzagora? Mai più: è solo il fine di brevità che giustifica certe drastiche figurazioni. Dall'altro secolo distingue i marxisti dai buoni radicali borghesi il rifiuto delle quistioni morali e dell'uso dello scandalismo, in cui guazzano sempre più i rinnegati della nostra fede.

Quando si pone, come risolutiva, la domanda: da quale parte sono i porci? la risposta giusta è sempre quella: da ambo le parti! Per il marxista la domanda risolutiva è quella delle posizioni di classe, e sempre abbiamo sostenuto che per porla dialetticamente si deve dire: ammesso che dalle due parti siano non porci, ma puliti ed onesti, quale delle parti va combattuta?

Questa formola sola ci avrebbe salvato dallo scandalismo mefitico italiano, vecchio di un secolo, e tra l'altro dalla sua folle impostazione della questione meridionale (regionale in genere, oggi di moda).

Un nobile paese, la Sicilia, dal grande passato rivoluzionario, è presa oggi per unità di misura della corruzione. L'esempio dei disgustosi episodi serve bene per illustrare la formola: quali i porci? Tutti e due!

Le bombe scandalistiche sono scambiate in 48 ore. Il democristiano Santalco annunzia (da mammoletta) che lo volevano comprare perché lasciasse la D.C.: il denaro lo aveva offerto il milaziano Corrao e il comunista Marraro. Come far capire alle grosso-beventi masse che non è vera l'accusa di corruzione? Controscandalo, contro bomba: Santalco non è una mammoletta, è un porco, un intrallazzatore concussore nella amministrazione comunale messinese. Colpo parato! Ah, poveri proletari, quanto è debole la parata! Se Santalco è venale, ben verosimile che proprio lui fosse scelto per comprare quel voto o due, che invertivano la maggioranza incerta. E la formola va proprio bene: gara morale? Porci da tutti e due i lati!

Importa a noi che nella valle di Giosafat sia bianca o nera l'anima di Santalco Corrao o Marraro? Ma nemmeno un copeco falso! A noi importa che i lavoratori non siano deviati senza speranza dalla giusta impostazione. Il senso di questa storia lurida è che i voti missini, che servono per chiedere la testa di Tambroni a Roma, furono accettati dai comunisti a Palermo quando fu varato il primo governo Milazzo spezzando la D.C.; governo poi rovesciato nel descritto episodio intrallazziere. Buoni quelli, buono Santalco.

La stessa manovra è il clou del pensiero storico delle botteghe oscure. Fare a Roma quello che si fece a Palermo. Spezzare il blocco voti della D.C. in modo di varare un governo aperto a sinistra. Domani per far tracollare la bilancia servissero i voti missini? Giusta la sua strategia, Togliatti li prende; anche se restassero smarriti i Nenni e i Saragat (nessuno con ciò è per noi mammoletta! traditore e nemici tutti).

Antifascismo, antiporcismo? Ti conosco mascherina!

 

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I romani antichi usavano dopo consumato il lauto banchetto nel triclinium, passare in un cubicolo detto vomitorium ove vuotavano gli stomaci pieni per ritornare e ripranzare. Atleti e guerrieri, i romani della classe dominante avevano solidi stomaci, che mancano ai borghesi moderni. In Francia si limitano oggi al «trou normand» o buco normanno che consiste in una bevuta di liquori ultralcoolici che danno l'impressione che il ventre sia vuoto di nuovo.

Plebei schiavi e proletari stanno ancora studiando il modo di chiudere il buco la prima volta.

Comunque, il geniale ironista Petronio Arbitro si poneva il problema della migliore tecnica per poter vomire. Il tale, narrava, usa un bastoncello di avorio e si vellica l'ugola – un altro si fa mettere in gola le dita da uno schiavo – un terzo ingoia acqua tiepida con gocce di olio. Io, sorrideva Petronio, mi limito a leggere una poesia di Nerone.

Se fosse vivo oggi, potrebbe leggere l'ultimo voto del C.C. del P.C.I. La parola ultimo vale per quelli di ieri e quelli di domani. Chi li legge più?

Noi non abbiamo triclinium.

 

il programma comunista, n. 9, 26 maggio 1960