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archivio > Archivio sulla sinistra>A Palmiro Togliatti

aggiornato al: 05/09/2007

La sinistra proletaria, 19 febbraio 1945

Come avevamo preannunciato riportiamo un altro vecchio articolo apparso su «La sinistra proletaria», organo romano della «Frazione di Sinistra dei Comunisti e Socialisti Italiani».  Questa volta si tratta di una lettera di Victor Serge indirizzata «A Palmiro Togliatti» che apparve nel numero del 19 febbraio 1945 del giornale. Nello scritto  non compare il nome di Victor Serge; è firmato «Redazione di Mundo» che era la rivista messicana cui Serge collaborava. La lettera venne ripubblicata in una nuova traduzione, da Attilio Chitarin,   probabilmente all'oscuro che era già apparsa in italiano, nel numero del 18 febbraio 1978 del quotidiano «Lotta  Continua» e ripresa poi nel n. 1 del 31 gennaio 1983 della rivista «Belfagor».
Troppo nota la figura di Victor Serge per dilungarsi su di essa, ma possiamo rimandare ad un lavoro apparso recentemente nei «Quaderni Pietro Tresso»: Sandro Saggioro, Gli ultimi anni di Victor Serge (1940-1947), Quaderni Pietro Tresso n. 57, giugno 2006.

A Palmiro Togliatti

Signor Ministro,
dal 1926 lei è stato il rappresentante a Mosca del Partito Comunista Italiano, membro del Comitato Esecutivo dell'Internazionale Comunista, Segretario di questo esecutivo per i paesi latini, incaricato di missioni di fiducia in Spagna, e godette della piena fiducia del governo russo. In un modo inevitabile, lei doveva collaborare con il Commissario degli Interni di Russia, ossia con la Polizia Politica di quel governo. Era a lei che, dal fondo delle carceri in cui si trovavano, si rivolgevano i rifugiati italiani perseguitati dalla G.P.U., mandandole preghiere completamente inutili. Lei è stato testimonio delle persecuzioni di cui son stati vittime da quindici anni i suoi compatrioti antifascisti italiani rifugiati nella URSS. Lei non può ignorare il numero di quelli che furono fucilati e di coloro che tuttora soffrono nelle carceri, e che oggi ancora potrebbero essere salvati. Riconosciamo che, a Mosca, a giudicare delle alte funzioni che lei occupò, poco o nulla poteva fare per salvarli o per  attenuare le loro persecuzioni. Non avrebbe potuto fare altra cosa che elevare una coraggiosa protesta, la quale l'avrebbe condotto ad essere sommariamente giustiziato. Lei preferì collaborare con i persecutori ed i carnefici dei suoi compatrioti. Fu un atteggiamento politico che preferiamo non discutere in questo momento.
Il riconoscimento da parte del governo dell'URSS, del governo monarchico del Maresciallo Badoglio, ex membro del Gran Consiglio Fascista, e poi di quello di Bonomi, ha portato lei ad un posto di Ministro nel governo antifascista d'Italia. Lei arrivò nel suo paese a bordo di un aeroplano sovietico.  Però ora, come membro del governo di un'Italia che comincia a liberarsi, lei ha altri obblighi, distinti da quelli precedenti. Difatti, ha obblighi con il popolo italiano, con gli antifascisti che han lottato durante vent'anni contro la dittatura di Mussolini, con i compagni di Matteotti, di Lauro de Bosis, di Amendola, dei fratelli Rosselli, di Gramsci. Lei ha obblighi con tutti coloro che nel vasto mondo han sostenuto senza tregua la lotta contro il fascismo ed hanno conservato la loro fede nell'ideale di libertà del popolo italiano. In particolare, lei è tenuto a rispondere con chiarezza e pubblicamente alle domande seguenti che noi le poniamo in nome di un'emigrazione socialista, composta di rappresentanti di quasi tutti i paesi d'Europa:
Che è accaduto degli antifascisti italiani, rifugiati nell'URSS nel tempo in cui la Rivoluzione russa offriva un'ospitalità generosa ai perseguitati del mondo intero?
Quanti fra questi furono fucilati, quanti si trovano nelle carceri russe, quanti furono deportati dalla GPU da quando, tra il 1929 ed il 1930, si installò in Mosca un regime totalitario?
Quali sono i sopravvissuti e quanti potranno essere ora rimpatriati?
Sappiamo che all'epoca dei processi d'ignominia e di sangue chiamati «processi di Mosca» la maggior parte dei rifugiati italiani nella URSS, inclusi membri del suo stesso Partito, furono imprigionati: molti scomparvero nelle tenebre.
Conosciamo molto nomi, ed abbiamo archivi.
Che è stato del vecchio militante della «Unione Sindacale Italiana», l'operaio milanese FRANCESCO GHEZZI, che nel 1921 si rifugiò a Mosca, che fu detenuto senza processo dal 1929 al 1931, che fu posto in libertà grazie alle proteste internazionali ed alle domande di intellettuali liberali (Romain Rolland, George Duhamel, Henri Barbusse, Boris Souvarine, Leon Werth, Magdaleine Paz, Henry Mann e molti altri) e che scomparve di nuovo nelle carceri della GPU nel 1937?
Che ne è stato del toscano OTELLO GAGGI, condannato a 30 anni di carcere nel 1921 dal tribunale di Arezzo per aver difeso il suo paese contro le bande fasciste, che si rifugiò nell'URSS nel 1922, che fu detenuto senza conoscenza di causa nel 1935 e che nel 1936 sollecitò inutilmente di andare a combattere in Spagna? Ioaquin Ascaso delegato della milizia, Emilian Morin Duruti, delegato della colonna Duruti, Alfonso Miguel, delegato della stampa della CNT, telegrafarono a quel tempo a Stalin appoggiando la domanda di Gaggi. Gli antifascisti spagnoli non ricevettero nessuna risposta e Gaggi scomparve.
Che ne è stato di LUIGI CALLIGARIS, ex redattore del giornale comunista clandestino di Trieste, confinato per cinque anni nell'isola di Lipari (1926-1932), evaso da quell'isola con il concorso e con l'ordine del suo Partito, rifugiato a Mosca, detenuto senza accuse precise nel 1935 e deportato a Shenkursk, nella regione del mar Bianco?
Che è stato delle mogli e dei figli di questo coraggiosi militanti le cui pratiche lei conosce a fondo, e sa molto bene che erano irreprensibili e che il loro unico delitto fu l'aver sostenuto il diritto della libertà di pensiero?
Sono scomparsi senza nessun processo. Nessuno poté difenderli. Quanti di essi morirono? Quando e perchè? Quanti vivono ora, e dove?
Il suo dovere è di informare il governo al quale appartiene, l'opinione italiana e l'opinione internazionale, su coloro che morirono e su coloro che vivono, se ancora ve n'è qualcuno. Il suo dovere è di esigere il ritorno dei sopravviventi ai loro paesi. Lei ha potuto tornare perchè apparteneva al partito dei persecutori. Ebbene devono poter tornare i i perseguitati.
Non è mai troppo tardi per ascoltare la voce della coscienza. Il suo dovere è di parlare ed agire attivamente per salvarli. E' certo che se lo fa il suo Partito lo espellerà e che lei perderà il suo portafoglio di Ministro, ma almeno avrà cancellato un lungo passato di complicità con il totalitarismo. E forse avrà contribuito a salvare la vita ad alcuni militanti che hanno avuto molto più coraggio e chiaroveggenza di lei.
Decida lei come crede: la questione è posta. I veri antifascisti si disonorerebbero ignorandola, e può avere la certezza che non la dimenticano.
Redazione di  «Mundo»
Tradotto dalla rivista messicana «Mundo» secondo un ritaglio allegato a lettera del novembre 1944 da Mexico City

A precisazione dell'articolo aggiungiamo che Togliatti nel suo viaggio di ritorno in Italia viaggia fino a Baku, Teheran, Il Cairo ed Algeri in aereo e da qui sul mercantile inglese Ascania giunge poi a Napoli il 27 marzo.
Degli esuli italiani di cui Serge chiede ragione: Luigi Calligaris fu fucilato nel 1937 nel campo di Severo-Vostocnyj, Francesco Ghezzi morì nel GULag di Vorkuta nel 1942 e Otello Gaggi morì nel Kazachstan nel 1945.