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archivio > Archivio sulla sinistra>La concorde regia dell'infessimento elettorale (il programma comunista, n. 20, 28 ottobre 1960)

aggiornato al: 05/04/2008

il programma comunista, 28 ottobre 1960

Questo articolo  ci introduce a una qualche tornata elettorale di cinquanta anni fa. Allora eravamo all'inizio dei dibattiti televisivi, delle "tribune politiche", allora  gli attori erano i Nenni, i Saragat, i Fanfani e i Togliatti e, i partiti, la Democrazia Cristiana, il PCI e il PSI.

Oggi misere comparse, patetiche controfigure, ritoccate e rifatte per un sorriso più accattivante, si contendono stanchi e annoiati cittadini il cui torpore viene proprio poco smosso dai richiami alla  "libertà", alla "democrazia" e a quant'altro può servire per racimolare voti.

E, tra un balletto di affaticate "veline" e qualche exploit oratorio lo stanco spettacolo continua in una montante, qualunquistica indifferenza.

Purtroppo, ancora, come termina l'articolo «L'uomo, in quest'epoca di letame, gode in una vellicazione erotica passiva ad essere fatto fesso, purché in modo tecnicamente moderno e progressivo».

 

 

La concorde regia dell'infessimento elettorale

 

Le risorse della tecnica moderna, come in ogni settore (parola di moda) consentono agli stolti di gonfiare le gote, così mettono sempre più a mal partito quelli che da tempo lunghissimo hanno denunziato lo schifo della tribuna elettorale. Fu difficile mostrare che era negativo il bilancio della «utilizzazione» che di tal mezzo consentiva il potere di classe della borghesia, quando la diffusione si limitava ai giornali di ogni colore; poi è venuta la radio che con la sua voce entra in tutte le case, poi la televisione che consente di udire e al tempo stesso di vedere la faccia dell'oratore.

Si disse un tempo; se non utile il parlamento, lo può essere il comizio che non è lecito impedire, per la nostra propaganda. Quindi se non alla Camera e assemblee minori, andiamo ai comizi. Anche qui la tecnica è seducente e progressiva; ieri un tavolaccio o una botte e sopra uno con buoni polmoni; poi una rete di altoparlanti in circuito da cui può tuonare anche una mezza pugnetta; infine l'ultima parola, il video da cui si parla a decine di milioni di teleauditori. Non se ne sentono i fischi o gli applausi, è vero,  e non si può venire a botte, ma con l'ultima trovata si è voluto far rivivere il classico, italiano, contradittorio, con la parola all'avversario; il buon contradittorio alla romagnola (roba per Nenni, non per oratori da televisione e da frigorifero come Togliatti, vero arnese elettrodomestico per la politica, quali quelli che Krusciov si è comprato in America). In quei contradittori non prevaleva solo la sicurezza all'impronto, e il fiato, dell'oratore e del contradittore, ma il vigore delle squadre giovanili che lottando tra loro facevano navigare la rischiosa bigoncia sul mare della folla ululante e cazzottante.

La nuova edizione da salotto della guerra elettorale non fa che aumentare il nostro schifo per essa.

 

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Tuttavia è a  favore di Palmiro che qui interveniamo, tra gli ululati e gli schiamazzi di tutta la stampa italiana perchè si sarebbe fatto, cosa che se non in Piemonte sarebbe in Romagna la vergogna estrema, «mettere nel sacco».

Non ci curiamo della polemica sulla alleanza elettorale tra comunisti e fascisti in Sicilia ed altrove, giusta botta tirata nel momento che si proclama che bisogna battere la democrazia cristiana solo perchè i fascisti la appoggiano in combutte elettorali. Né ci importa la pietosa e penosa difesa dell'Unità contro i «falsi». I togliattiani ammettono di avere in Sicilia fatto blocco con fascisti e monarchici, ma con gruppi di dissidenti dalle centrali romane, e in nome della autonomia regionale. Questo non si chiamerebbe blocco col MSI, ma «frantumazione» del MSI, come il blocco col democristiano Milazzo non fu blocco, ma «frantumazione» della democrazia cristiana. Elegante tesi della prova di castità, per l'accusato di oltraggio al pudore: io non fornicavo, io...frantumavo!

Nossignore; noi consideriamo solo sballato lo stupore dei benpensanti per l'ultima replica finale del Palmiro al giornalista Ghirardo, che voleva sapere se in Italia, una volta al potere i comunisti, e quindi al potere anche nella RAI-TV, gli oppositori avranno il diritto di organizzarsi in partito, di votare e di parlare alla Televisione. E se no, come si spiega che nei paesi «comunisti» gli oppositori non lo possono fare?

Palmiro non aveva il dovere di rispondere che la domanda è posta male perchè quei paesi non sono comunisti per il solo fatto di non ammettere pluripartitismo, e che non lo sarebbe l'Italia sotto un ministero Nenni-Togliatti, con uno, due o dieci partiti, perchè in quelle due situazioni si è - e si sarebbe - in regime tanto capitalista quanto oggi in Italia.

Egli ha risposto con tutta fedeltà alle sue opinioni in materia di filosofia politica quali le professa da più di un quarantennio.

Siamo qui ad attestargli che non merita di essere chiamato duplice, reticente, anfibologico (come ha fatto qualche giornale) e nemmeno versipelle e voltabandiera.

La risposta di Palmiro tiene della sapienza e della saggezza alla quale dovrebbero fare omaggio tutti gli uomini della politica ufficiale in Italia e fuori.

Le regole dello sviluppo storico non si possono dare in modo generale per tutti i luoghi e per tutti i tempi, egli ha detto. Questo lo pensano, precisiamo noi, solo quei fessi di marxisti dogmatici ormai scomparsi salvo questo foglio.

Che c'entrano la Russia e la Cina? La sorte di ogni paese e la prognosi dei suoi sviluppi, va chiesta al «moderno» pensiero storicistico che non è più astratto e universalizzante, ma locale e «concretistico». Ecco che la lingua batte dove il dente duole. Ecco che Palmiro non ha cercato una sfuggita di comodo per una domanda imbarazzante che lo aveva sconcertato, ma risposto secondo la sua aperta e leale opinione.

In Russia e in Cina ci sono stati lo zarismo e i giapponesi... ma pare che sia mancato il pensiero storicistico. In Italia, è vero che ci sono stati i fascisti e i tedeschi, ma concretisticamente gli effetti sono opposti, perchè noi abbiamo avuto il pensiero storico (che Lenin fece la fesseria di copiare da Marx, materialista vile) dei nominati Vico, Carlo Cattaneo, Gramsci e Antonio Labriola! Ecco i maestri di Palmiro ed il suo credo. Ha solo scordato di citare Croce. Avendo tali uomini, siamo stati preparati al felice destino di avere in perpetuo una democrazia «pluripartitistica».

Egli ha sempre creduto in questo grandi nomi della filosofia idealistica, ed ha avuto sempre fiducia nel metodo concreto di spiegare la storia.

Nel 1919 quando apparve l' Ordine Nuovo a Torino col suo articolo programma, che girava tutto attorno alla parola «concreto», pure facendo adesione alle idee della rivoluzione russa, il giornale della frazione comunista astensionista, il Soviet, ammoniva il confratello che dietro quell'aggettivo si celavano tutte le insidie del riformismo e dell'opportunismo socialista.

Palmiro non ha mai lasciato quella bandiera. Dove eravamo concretamente?

A Roma, e non a Mosca o a Pechino. Ma che Roma? A Torino, anzi nella azienda FIAT, nella quale si comincerà col consiglio dei commissari di reparto a fondare un comunismo non astratto, ohibò! Siamo sulla linea delle autonomie regionali; purtroppo la formola del caso per caso e del contingentismo ha avuto immensi successi, ma non avrà quello di rendere autonoma l'Italia proletaria dalla Fiat piemontese e sabauda, stile che appesta tutti i settori da un secolo.

Ben evocato Carlo Cattaneo, fautore della repubblica federalista! Erano quegli astrattisti della storia che si chiamavano Marx ed Engels a tenere, dopo avere a dovere strigliato Mazzini ed ogni repubblicanesimo borghese, come quello della nostra TV di oggi, per la repubblica una ed indivisibile, tedesca, italiana e domani Europea e mondiale, o localisti  concreti e sapienti!

Comunque non vi è un briciolo di malafede nella promessa di Togliatti, o signori gazzettieri d'Italia. Quando egli andrà con Nenni al potere, tutto sarà come oggi, colla opposizione, i partitelli, la radio-TV, il Vaticano, gli intrallazzi e tutto il resto, e vi sarà (di concreto) solo che si tratterà di edizioni peggiorate e degeneri.

Inoltre siete dei fessi. Sparlando di Togliatti gli volete togliere dei voti di borghesucci antidittatoriali, poniamo alcune centinaia di migliaia. Ma lavorate a conservargli con le vostre etichette di abilissimo preparatore di dittature monopartitiche a sorpresa, i milioni dei voti dei proletari che cominciano ad essere tentati di fare della scheda l'uso appropriato.

 

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Dunque Palmiro non è stato convinto di slealtà né battuto in abilità.

Vi è di più. La commedia televisiva è la prova dell'accordo di tutti nel fine comune di coglionare il cittadino elettorale.

Questo crede che lassù si improvvisi come nelle piazze di Romagna, e si eccita alle pretese botte portate a segno, e al contradittore che è messo groggy da colpi efficaci.

Ma il potere capitalista ovunque dominante non lascia sfuggire questi mezzi diabolici dalle mani dello Stato. Sullo schermo come sul video tutto è scritto prima. La burocrazia di controllo ha nelle mani tutti i testi, le dichiarazioni, i quesiti e le risposte che i contendenti e commedianti si sono preventivamente comunicati e scambiati. Le risposte sono preparate da prima. Commedia, regia! Tale la democrazia che bandite voi governanti, e promettono gli oppositori. Siete infatti gli uni e gli altri per la democrazia, la cui formola (ci stava per scappare concreta!) è che la consorteria degli esperti e specialisti, politicanti e giornalisti, lavora concorde a fare fesso tutto il resto, profano e laico, del paese e della umanità. L'uomo, in quest'epoca di letame, gode in una vellicazione erotica passiva ad essere fatto fesso, purché in modo tecnicamente moderno e progressivo. E con salute! Alle urne!

 

il programma comunista, n. 20, 28 ottobre 1960