I Seduta plenaria del Congresso, Lione 1926
Recentemente abbiamo pubblicato (nella sezione "gli scheletri nell'armadio") la Risoluzione dell'Ufficio Politico del P.C.d'I. sul ricorso della Sinistra contro la validità del Congresso di Lione. Pubblichiamo ora la Dichiarazione della Sinistra di cui nella "Risoluzione dell'Ufficio Politico" è scritto:
« ...all'inizio delle sedute del III Congresso nazionale del P.C.I. i compagni della estrema sinistra (...) tentarono di inficiare la legalità statutaria dell'assemblea e quindi la validità delle decisioni che esso avrebbe preso nello sviluppo dei suoi lavori. Il Congresso stesso fece giustizia dell'audace tentativo: ma l'estrema sinistra per bocca del compagno Bordiga si riservò di appellarsi al Presidio dell'I.C. contro la validità del Congresso.»
D'altra parte, a differenza di Giorgio Amendola che scrisse che la preparazione e lo svolgimento del Congresso di Lione «fu una lotta politica esemplare» ( Giorgio Amendola, Storia del partito comunista italiano 1921-43, Editori Riuniti, Roma, 1978, pag. 101), Giuseppe Berti, nel suo libro I primi dieci anni di vita del P.C.I. (Feltrinelli, Milano, 1967, pag. 188.), scrive:
«Obiettivamente, però, bisogna dire che se la Conferenza di Como fu preparata troppo poco, anzi, per nulla, e diede, quindi i risultati che sono noti [e cioè la grande maggioranza alla sinistra], il Congresso di Lione (attraverso la Conferenza di organizzazione del dicembre 1925) fu, forse, preparato un po' troppo nel senso che preliminarmente la Conferenza di dicembre separò il grano dal loglio e fece in modo che a Lione l'estrema sinistra bordighiana venisse rappresentata in maniera non adeguata alle forze che ancora essa contava nel Partito. Certo, dalla Conferenza di Como del maggio 1924 al Congresso di Lione del febbraio 1926 molte cose erano mutate e Bordiga aveva, senza dubbio, perduto la schiacciante maggioranza che un anno e mezzo prima serbava ancora nel partito. Tuttavia, contava certamente qualcosa di più del 9% che a Lione gli venne concesso, e il nuovo centro dirigente qualcosa di meno del 90% circa che attribuì a se stesso; Bordiga, difatti, ricorse (così come gli Statuti dell'I.C. consentivano) al successivo Congresso dell'I.C. contro i modi in cui il Congresso di Lione era stato organizzato e tenuto.»
Alla Dichiarazione della sinistra aggiungiamo la dichiarazione di Bordiga sempre al III Congresso di Lione, pubblicata nel n. 1 di Prometeo del giugno 1928.
Dichiarazione della estrema sinistra presentata nella I seduta plenaria del Congresso
I delegati di sinistra del 3° Congresso del P.C.I., riservandosi di fare più ampie contestazioni in materia di verifica dei poteri, tengono ad elevare all'apertura dei lavori del Congresso questa pregiudiziale:
Le condizioni nelle quali è stato preparato dalla Centrale il Congresso sono tali da togliere ogni valore alla consultazione del Partito ed ai dati numerici delle votazioni che avranno luogo.
La sinistra quindi interviene al Congresso per spirito di disciplina e di devozione al Partito e per assolvere il proprio dovere esponendo e difendendo in modo completo le sue vedute per tutti i problemi in discussione; ma non potrebbe riconoscere esecutive le deliberazioni del Congresso per la convalida delle quali si rimette però incondizionatamente alle disposizioni che crederà di emanare in merito l'esecutivo dell'Internazionale, al quale si rivolge perchè esprimi l'insieme delle proteste elevate contro i metodi e le procedure adottate.
I fatti principali che hanno determinato l'irregolarità e la non validità della consultazione congressuale sono i seguenti:
1°-Fin dal V Congresso mondiale la Centrale, designata dall'Internazionale ma mai eletta dal Partito, in luogo di intraprendere una leale campagna ideologica e politica per la difesa in seno al Partito delle opinioni della maggioranza dell'Internazionale, ha intrapreso una campagna meschina e personale restringendosi a questioni di procedura e di così detta disciplina eliminate dallo stesso Congresso mondiale.
2°-La Centrale ha operato nel seno del Partito come un Comitato di tendenza e di frazione boicottando e vessando i compagni che non condividono le sue opinioni, ed immobilizzando sempre più nella rete emanante dall'alto la organizzazione di base e le manifestazioni delle loro opinioni.
3°-Raggruppatisi i compagni di sinistra all'annuncio della convocazione del Congresso e per difendersi dalla sistematica campagna di alterazione del loro pensiero in un "Comitato d'Intesa", la Centrale apriva contro di essi una campagna scandalistica ed ingiuriosa, accusandoli di disfattismo e di scissionismo, e negando loro per un mese il diritto a rispondere ed a difendersi, fino a provocare su tale base sleale dei voti dei Comitati Federali imposti dall'alto per compromettere il contenuto politico delle successiva consultazione.
4°-Contemporaneamente la Centrale intimava ai segretari interregionali e funzionari il rinnegamento delle opinioni di sinistra, sotto pena di destituzione, ed iniziava il rastrellamento dei Comitati Federali di sinistra ovunque fu possibile sostituirli anche con elementi di valore inadeguato.
5°-Apertosi il dibattito sulla stampa, dopo lo scioglimento del Comitato d'Intesa da noi deliberatamente subito, la Centrale lo conduceva in maniera partigiana sopprimendo, a partire da una capitale dichiarazione del comp. Bordiga, molti scritti della sinistra e presentando insidiosamente quelli pubblicati con commenti, note e persino titoli destinati ad impressionare e confondere i compagni nel loro giudizio.
6°-Allo scopo evidentissimo di presentare ovunque fosse possibile le tesi di sinistra sotto le note apparenze adulterate e deformate, si impedì che nelle discussioni di base intervenissero compagni di sinistra anche ricoprenti in certi casi cariche di partito, facendo sì da ottenere frequentemente dai presenti una condanna della sinistra, privata di ogni attendibilità.
7°-A coronamento di tutto questo la Centrale inaugurava una procedura vergine di ogni precedente, secondo la quale i voti degli assenti e non consultati sono stati senz'altro attribuiti alla tesi della Centrale, il che nella speciale situazione del Partito Italiano ha rappresentato il colpo di grazia ad ogni residuo di serietà che potrà essere presentato dalle cifre del voto nella loro interpretazione politica.
Dichiarazione di Bordiga a nome della Sinistra al
III Congresso
Parlerò pacatamente e con pieno senso di responsabilità. Le cose che dirò saranno gravi per tutti noi e per il partito, ma si è voluto creare la situazione incresciosa che mi costringe a dirle. Indipendentemente da ogni considerazione di sincerità e di purezza maggiore o minore degli individui, io devo qui affermare a nome della Sinistra, che i procedimenti che qui si svolgono, non solo non hanno scosso le nostre opinioni, ma costituiscono con la preparazione e organizzazione del congresso, col programma che si è esplicato, l'argomento più formidabile per la severità del nostro giudizio.
Io devo dichiararvi che il metodo che qui è in azione e che culmina in una imposizione dopo aver attraversato tutto lo svolgimento contro cui noi abbiamo protestato, se resta in voi un residuo di capacità marxista e rivoluzionaria a giudicare partiti e situazioni politiche, ci appare dolorosamente ma sicuramente come metodo deleterio agli interessi della nostra causa e del proletariato.
Sì, i sistemi attuali, quelli coi quali si è organizzato questo Congresso, non sono metodi utili per la elevazione della educazione rivoluzionaria del proletariato e del suo partito, non sono come paiono a voi rappresentanti operai, l'espressione della unità e della disciplina, ma esasperano la divisione, inaspriscono il frazionismo, preparano la dilacerazione e la degenerazione del partito, e il fallimento della battaglia proletaria.
Il gruppo che è stato artefice di questa politica, io sono costretto a dirlo ora che avete deliberatamente rifiutato la nostra proposta di leale, onesta, disciplinata convivenza nel partito senza la nostra forzata inclusione nella Centrale, quel gruppo a cui ci troveremo vicino al Comitato Centrale se voi non intenderete come sia pericoloso di giungere fino in fondo di questa atroce situazione, noi lo considereremo come l'esponente del disfattismo opportunista visibilmente avanzato nel partito del proletariato.
Noi crediamo nostro dovere, giunti a questo punto della nostra esperienza di gruppo, il quale, al di sopra delle cifre in cui è piaciuto tradurre la pretesa consultazione del partito, è o si illude di essere il rappresentante di una autentica corrente della classe operaia rivoluzionaria, noi crediamo nostro dovere di dire senza esitazioni e con completo senso di responsabilità questa grave cosa, che nessuna solidarietà potrà unirci a quegli uomini che abbiamo giudicati indipendentemente dalle loro intenzioni e dai loro caratteri psicologici come rappresentanti dell'ormai inevitabile prospettiva dell'inquinamento opportunista del nostro partito.
Il procedimento che vediamo assicurarsi un apparente trionfo, che sembra a qualcuno di voi suscettibile di essere salutare, urta talmente con tutto il nostro chiaro e continuo impostamento del problema, traducendosi in una tale repugnanza per la situazione in cui volete soffocarci, che noi, pur avendo saputo fare tutte le rinunce, per impedire che si rovinasse il partito, siamo sicuri oggi di rendere un servizio alla causa facendo sì che quel procedimento e quel metodo debba dare fino in fondo le esperienze che è capace di dare, perchè il proletariato possa giungere a capirlo e a respingerlo al più presto possibile sia pure in una crisi dolorosa del suo cammino.
Se io, se noi siamo vittime di uno spaventevole errore nel valutare così quello che avviene, allora davvero dovremo essere considerati indegni anche soltanto [di stare] nel partito e dovremo sparire agli occhi della classe operaia.
Ma se quella antitesi spietata che noi sentiamo porsi è vera e ci riserva nell'avvenire dolorose conseguenze, allora perlomeno potremo dire di avere lottato fino all'ultimo contro i metodi esiziali che intaccano la nostra compagine, e di avere portato, resistendo ad ogni minaccia, un po' di chiaro nel buio che qui si è voluto creare.
Ora che ho dovuto parlare, giudicate come volete.
Prometeo n. 1, giugno 1928