Poliziotto e cittadino, n. 1, 2011
Questo articolo che abbiamo trovato in internet e che apparve nel n.1 di «Poliziotto e cittadino» organo di "Polizia Nuova Forza Indipendente"di cui, ovviamente, non sappiamo nulla, ci sembra, oltre che una curiosità anche interessante e che valga la pena di essere ospitato nel nostro sito. Sono presenti solo pochi errori e diremo i soliti 2 e cioè la data del matrimonio con Ortensia De Meo (che è il 9 giugno 1914 e non il 9 gennaio) e ancora l'attribuzione della carica di primo segretario del partito che non fu mai sua.
AMADEO BORDIGA: UN PROTAGONISTA DIMENTICATO E LA SUA CITTÀ
A 40 anni dalla morte, la città di Ercolano ha dedicato una strada ad Amadeo Bordiga (attenzione, non Amedeo), ma chi era questo personaggio? Egli nacque ad Ercolano (allora Resina) il 13 giugno del 1889 e fu battezzato il 15 nella Parrocchia di S. Maria a Pugliano dall’allora parroco Ciro Rota; padrino fu il conte Michele Amadei e madrina Erminia Bordiga. Il padre, prof. Oreste, era un illustre cattedratico di Economia rurale presso la Facoltà di Agraria di Portici (ad Oreste è anche intestata una scuola di Ponticelli) e nella Biblioteca Civica di Ercolano vi è anche conservata una sua pubblicazione; la madre, Zaira degli Amadei, apparteneva a una nobile famiglia. I nomi imposti al bambino furono Amadeo (in omaggio al nobile casato della madre), Adriano, Erminio, Antonio. Agli agi della sua famiglia di antica nobiltà e della sua professione (era ingegnere) preferì il farsi rivoluzionario e condottiero di masse. Infatti, nel 1910 entra a far parte della gioventù socialista e nel 1912 fonda il gruppo socialista intransigente “Carlo Marx” collocandosi all’estrema sinistra del partito. Scrisse sui più importanti giornali della sinistra e polemizzò con Gaetano Salvemini affermando un netto rifiuto della cultura crociana allora imperante. Il 9 gennaio 1914, sposa a Napoli Ortensia de Meo. Nel 1917, sull’onda della rivoluzione sovietica, si accendono fermenti rivoluzionari anche in Italia, ma i forti contrasti, gli opportunismi e i tatticismi politici provocano una spaccatura interna del Partito socialista in 3 correnti: i massimalisti di Serrati, i riformisti di Turati e gli astensionisti di Bordiga che rifiutavano ogni compromesso ed erano tesi alla realizzazione di uno sbocco rivoluzionario. Nel 1918 Bordiga fonda e dirige il giornale “Il Soviet”, che si stampava a Napoli e che diffondeva a livello nazionale le tesi astensionistiche (astensione dalle elezioni e lotta rivoluzionaria). L’anno seguente Lenin fonda la Terza Internazionale (Komintern) cui dovevano prendere parte i partiti socialisti a livello mondiale per elaborare una strategia comune. Nel 1920 Bordiga si reca a Mosca per partecipare al II congresso costitutivo dell’Internazionale; qui Lenin redige i cosiddetti 21 punti , cioè le condizioni che i partiti socialisti dovevano accettare per entrare a far parte del Komintern, il nostro propose e fece approvare il 7° punto che prevedeva l’espulsione dei riformisti. Nel 1921 si tiene a Livorno, in un clima infuocato, il XVII Congresso del PSI; massimalisti e riformisti (che insieme costituiscono la maggioranza) rifiutano i 21 punti provocando la fuoriuscita di Bordiga, dei delegati astensionisti e della Federazione Giovanile, capeggiata da Ignazio Silone, che fondano il Partito Comunista d’Italia (denominazione mantenuta fino al 1943, quando in seguito allo scioglimento del Komintern, fu assunta quella di PCI). Primo segretario generale del partito viene eletto Bordiga, la cui azione e funzione fondamentale è superiore a quella di Gramsci. In effetti, mentre Gramsci e il suo giornale – L’Ordine Nuovo – influenzavano solo l’area torinese, l’influenza bordighiana era a livello nazionale. Con la morte di Lenin e l’ascesa dittatoriale di Stalin, con il quale Bordiga ha sempre avuto un rapporto conflittuale, al punto che durante una violenta discussione Stalin giunge a dirgli: ”Dio vi perdoni per aver parlato così”, il rapporto con il Komintern diventa sempre più conflittuale. In effetti, egli era sempre più cosciente della degenerazione dittatoriale e burocratica che stava avvenendo in URSS e nel Komintern, inoltre rifiutava decisamente il tentativo staliniano di strumentalizzazione dei partiti comunisti quali mezzi della politica estera dell’Unione Sovietica. Nel frattempo viene arrestato e anche confinato a Ustica e a Ponza. Il Komintern ne approfittò per escluderlo dalla direzione ma, capita la manovra che tendeva a colpire la sua battaglia contro l’asservimento del partito, rifiutò sia il sussidio che il partito inviava agli arrestati sia le cariche che gli vennero offerte a Mosca per allontanarlo dall’Italia e renderlo inoffensivo. Scrisse infatti dal carcere: ”Non collaborerò in alcun modo alla direzione del partito. Dall’esecutivo del Komintern sono lieto di essere già escluso. Non mi dimetto da non so che carica mi hanno dato a Mosca, ma se dovessi uscire non andrò laggiù neanche per poco tempo”. Liberato, grazie ad una sua abile difesa e al fatto che la magistratura non era ancora del tutto asservita al fascismo in quel periodo, le lotte interne diventano sempre più aspre; in un convegno clandestino a Como (preceduto da un incontro tenutosi nella nostra città in zona S. Vito), Gramsci tentò inutilmente di metterlo in minoranza. Tuttavia, nonostante la durezza del confronto politico, rimaneva una stima profonda tra i due leader e scriveva di lui Gramsci: “Per sostituire Amadeo nella situazione italiana, bisogna inoltre più di un elemento, perché Amadeo effettivamente, come capacità generale di lavoro, ne vale almeno tre, ammesso che si possa in tal modo sostituire un uomo del suo valore”. Intanto in URSS scoppiava il conflitto tra Stalin e Trotski; Bordiga si schiera a favore di quest’ultimo attaccando Stalin quale affossatore della rivoluzione, ma ormai egli era sempre più isolato; battuto al congresso di Lione (1926) fu espulso dal partito nel 1929 insieme a Silone, Leonetti, Tresso (che sarà ucciso a Parigi da sicari di Stalin nel 1944), Tasca, Damen e altri dei principali fondatori. Anche Gramsci, che dal carcere iniziò ad opporsi alla politica staliniana, fu emarginato dal partito e persino dai comunisti detenuti nel suo stesso carcere. Bordiga si ritirò a vita privata esercitando la professione di ingegnere (comunque sottoposto a sorveglianza speciale da parte del regime fascista) e solo nel 1945 riprese l’impegno politico fondando periodici, piccoli gruppi politici e scrivendo libri come la “Storia della sinistra comunista” in 2 volumi e testi di analisi della teoria economica marxista che egli pubblicava anonimi in quanto contrario al principio, da lui definito borghese, della proprietà intellettuale. E’ morto a Formia il 21 settembre 1970. Egli rivendicò sempre con orgoglio la sua coerente intransigenza, anche se lo porta ad una concezione abbastanza chiusa di un partito visto come insieme di professionisti della rivoluzione. Nell’unica intervista televisiva rilasciata a Sergio Zavoli nel programma Nascita di una dittatura del 1969, quando gli si fanno presente le critiche di essere poco elastico, a formare gruppi settari e ad essere troppo intransigente, Bordiga afferma: “mi attribuisco questa doppia qualità: di avere una tendenza settaria e di essere poco duttile quando cambiano le situazioni”. In fondo egli è sempre stato un personaggio scomodo, anche e soprattutto per il partito da lui stesso fondato: per l’antistalinismo, anti opportunismo e per la sua spietata critica all’URSS, della quale afferma senza mezzi termini la degenerazione in capitalismo di Stato. Tuttavia, la sua intransigenza politica e durezza ideologica, secondo la testimonianza di quanti l’hanno conosciuto, non hanno inficiato un profondo senso di umanità e perfino di dolcezza, che gli veniva dalla sua formazione familiare, intellettuale e dalla sua napoletanità.
Francesco e Vincenzo Accardo
Poliziotto e cittadino, n. 1, 2011