Il Soviet, 6 gennaio 1921
Questo articolo poco conosciuto di Ludovico Tarsia apparve nel primo numero di Il Soviet del 6 gennaio1921 (ancora organo della Frazione comunista astensionista del Partito socialista Italiano). Dal numero successivo (n. 1 del 6 febbraio) il giornale sarà organo del Partito Comunista d'Italia sezione dell'Internazionale Comunista.
Ci fa piacere riproporlo oggi ai nostri lettori.
Per la costituzione del Partito Comunista
Il convegno di Imola della frazione comunista ha presentato una lacuna, la quale non manca di portare i suoi dannosi effetti. E' vero che esso, come disse il compagno Bordiga, doveva servire principalmente per l'organizzazione del lavoro della frazione stessa ma è pur vero che da esso doveva venire fuori una franca, netta, esplicita dichiarazione che affermasse la imminente costituzione del Partito Comunista italiano, sezione della Terza Internazionale, unica sezione in Italia riconosciuta da essa e ad essa aderente.
Il convegno avrebbe dovuto dire, come espressione del suo pensiero collettivo non come considerazione di uno dei suoi componenti, che in quella riunione il partito comunista era già costituito in potenza, se non addirittura nella realtà effettiva, cui un prossimo convegno non avrebbe dato che la esteriorità della formalità. Ed avrebbe anche potuto anche fissare la data di questa formalità, coincidente col cessare della sua convivenza nel seno del partito socialista italiano, all'atto stesso della votazione sulla mozione da essa proposta e da presentarsi immutata nel congresso del partito.
Questo voto doveva essere additato come l'ultimo atto della sua esistenza come frazione del partito socialista e insieme come l'effettivo voto di costituzione del partito comunista.
Il non avere fatto ciò dà luogo a qualche equivoco e fa speculare gli unitari, specialmente coloro che si chiamano unitari comunisti, per ingrossare le loro file.
Non è che ci preoccupa tale fatto ossia una diminuzione nella efficienza numerica del partito da costituirsi ma deve preoccuparci che sia netta e chiara la nostra posizione e la nostra azione.
In seno al partito socialista, specie nei suoi membri operai vi sono non pochi elementi rivoluzionari, i quali senza seguire tante sottigliezze, hanno questa intima convinzione che solo facendo parte della Terza Internazionale può costituirsi un partito sinceramente rivoluzionario. Per costoro e sono parecchi - checché ne dicano alcuni unitari i quali sostengono che le parole di Zinovieff o di Lenin non fanno preso nel dibattito interno del partito - l'adesione alla Terza Internazionale è l'argomento principale per la loro decisione nel conflitto delle tendenze. E poiché tale adesione è voluta in forma generica da tutti, essi ne concludono che sia inutile aderire alla frazione che vuole la scissione e che secondo le apparenze tende a diminuire le forze della Internazionale stessa.
Bisogna per costoro e per tutti chiaramente ed esplicitamente fare noto che l'adesione platonica alla Terza Internazionale, quale fu votata dalla Direzione del Partito Italiano e confermata dal Congresso di Bologna, ha fatto il suo tempo. Ora l'Internazionale ha stabilito le sue condizioni per i partiti che vogliono fare parte di essa, o a cui debbono uniformarsi quei partiti che avevano ad essa aderito. Queste condizioni o le si accettano come sono e si entra e si resta nell'Internazionale, o non le si accettano e si va fuori senz'altro se si era fatta la formalità della adesione antecedentemente.
Ciò avviene, automaticamente potrebbe dirsi, colle votazioni intorno alla accettazione delle condizioni di Mosca. Coloro che le accettano integralmente restano nella Internazionale, gli altri si mettono da sé fuori in virtù dello stesso voto. Se il partito italiano fosse fuori della Internazionale potrebbe formulare delle proposte e presentarle al Comitato Esecutivo di questa per tentare, per quanto inutilmente, di ottenere l'accettazione; ma questo non è ammissibile nella condizione attuale.
Non è quindi quistione di vedere se si è oppure no minoranza o maggioranza nel congresso - questo potrà valere al più nella conseguenza immediata materiale che, se si è maggioranza si cacceranno via gli altri, e se si è minoranza bisognerà andar via - né di attendere per deliberare intorno alla costituzione del partito il che avviene nella votazione della mozione, che accetta le condizioni di Mosca.
Coloro che si illudono e cercano di illudere su possibili accomodamenti dell'ultima ora debbono sapere che essi si ingannano assolutamente.
Costituito il partito in virtù del voto sulla mozione e sul programma presentato al congresso insieme ad essa, esso non potrà accogliere nel suo seno altri se non secondo le norme statutarie che debbono regolarne il funzionamento, alle quali, coloro che si saranno trovati fuori dovranno assoggettarsi se vorranno far parte del partito. L'esperienza degli errori del partito socialista dovrà essere di guida per non ripeterli nel nuovo partito. Se i congressi stabiliscono le direttive dell'azione, le guide di essa, non sono l'azione in sé che viene dopo in conseguenza di quelle e che è affidata unicamente agli organi esecutivi, i quali debbono essere affidati a compagni provati, scelti per lungo tempo naturalmente tra coloro che del partito faranno parte nel momento stesso della sua costituzione. A tali organi esecutivi debbono essere affidate larghissime mansioni, non essendo possibile altrimenti mantenere in esso una salda compagine ed una ferrea disciplina. Il modo di organizzazione dei comitati direttivi del partito socialista devono essere abbandonati, le direzioni pletoriche convocate a quando a quando con ordini del giorno e processi verbali pubblici, le superfetazioni dei consigli nazionali devono sparire. Il partito deve essere organizzato non per la coreografia democratica, ma per l'azione rivoluzionaria, onde ogni infrazione alla disciplina non solo non deve essere tollerata ma deve essere immediatamente colpita con la massima severità dagli organi dirigenti; non può essere ammessa alcuna riserva sul programma. Libertà di discussione nel seno del partito ma nessuna libertà di azione.
Il partito deve presentare nella lotta un fronte unico non un mosaico che abbia la possibilità di disgregarsi, per cui coloro che ad una determinata azione non si dimostreranno spontaneamente preparati a compierla, dovranno senza esitanze essere sostituiti da quelli che saranno ad essa più disposti ed adatti. Disciplina ferrea, fedeltà assoluta, devozione e dedizione completa alla causa rivoluzionaria non possono esigersi se non da coloro che liberamente, spontaneamente sentono queste esigenze, e ad esse si uniformano.
Coloro che in questa ora hanno esitato di fronte a così modeste richieste, anche se domani saranno nel partito, dovranno essere tenuti in sospetto come spiriti deboli. La forza del partito sarà grande, per la compattezza ed energia dei suoi componenti, non per il numero di essi.
Il partito comunista non sarà un partito democratico che si proponga delle conquiste sulla base maggioritaria, esso riporrà la sua forza nella fede che il suo programma di azione corrisponde allo sviluppo storico della rivoluzione proletaria, della quale dovrà necessariamente in virtù di quello divenire la guida sicura ed il propulsore più efficace.
Ludovico Tarsia
Il Soviet, anno IV n. 1, Napoli 6 gennaio 1921