il programma comunista, n. 22, 20 novembre - 10 dicembre 1954
Anche se oggi veleggiamo su vette difficilmente immaginabili e raggiungibili qualche decennio fa quanto a corruzione, squallore e depravazione da parte di quelli che dovrebbero essere i nostri leader politici e l'immagine della moralità politica che questo articolo di più di sessanta anni fa ci offre è molto lontana dal degrado a cui la realtà di oggi ci espone in vario modo ogni giorno, noi rivoluzionari e comunisti non ci ergeremo mai a fare i moralizzatori dei costumi e della morale di questa società.
Sappiamo che ogni infamia morale e politica non è altro che l'espressione della putredine e della bancarotta cui è giunta la borghesia e sappiamo che l'unica soluzione è l' abbattimento violento di questo mondo e di questa società.
Non possiamo quindi che ripetere quanto scrive alla sua fine l'articolo che riproponiamo:
Foste anche mille volte onesti e «morali» vi spregeremmo e vi combatteremmo egualmente; di più, anzi, perché nascondete dietro la faccia di una moralità falsa e bugiarda la vostra realtà di aguzzini della classe operaia.
Dalla cloaca borghese la seconda ondata moralizzatrice
Ora che, essendosi incautamente lasciato il P.C. trascinare alla polemica contro i più vecchi e smaliziati partiti borghesi sul terreno, il terreno dei bordelli, sul quale essi sono per lunga esperienza imbattibili, si è finalmente ristabilito fra le due grandi coalizioni l'equilibrio degli scandali e alla faccenda Montesi si è potuto opporre, a guisa di contrappeso, la faccenda Sotgiu e consorte, chi più ci salverà dal vomitorio dell'eloquenza moralizzatrice? Avevano cominciato, sotto il segno dello scandalo Piccioni-Montagna, gli oppositori, riprendendo e teorizzando il motivo, vecchio quanto la Liberazione, dell'opposizione fra onesti e disonesti e fra buoni e cattivi, da sostituire all'antitesi di classe fra proletari e borghesi e da mettere a base del patriottico fronte della democrazia progressiva, affasciante operai e padroni, atei e preti, schiavi e guardiaciurme: e fu la prima ondata di moralizzazione. Il tema era questo: c'è uno «strato» di borghesi che è marcio, come c'è uno strato di borghesi che è «retrivo»; tagliamo spietatamente questo, e salviamo il resto, che è un sano e progressivo compagno di strada. Ora le parti sono rovesciate, ma il tema è sempre identico; c'è un settore della democrazia che è corrotto, ma le forze incorrotte e incorruttibili sono in sopravvento: «non prevalebunt»!
E' la seconda ondata della moralizzazione, più sudicia, ipocrita, furfantesca, del bersaglio che pretende di colpire. Come Togliatti e Nenni presero al balzo l'affare Montesi per esortare gli operai a correre a ripararsi sotto il moralissimo ombrello dell'opposizione, così Saragat, particolarmente interessato a rimpolpare di operai il suo striminzito partito, grida oggi ai lavoratori di abbandonare i dirigenti cominformisti «screditati e corrotti» e di abbracciare la causa della democrazia e del «mondo libero». Un personaggio soltanto si salva, dalle due ondate: il democratico e cristianissimo regime borghese.
Per gli oppositori la gran causa della corruzione era il governo quadripartito col suo codazzo di «strati retrivi» della società nazionale; per Saragat la gran causa è il totalitarismo. «Il laido caso in questione (il caso Sotgiu) è espressione non anomala, bensì tipica di una decadenza del costume proprio della burocrazia comunista», cui si aggregano «coloro che sono non già avidi di giustizia, ma sitibondi di dominio e anelanti a rompere ogni freno morale». Quale rapporto vi sia fra corruzione e totalitarismo Saragat non dice, visto che la storia della democrazia parlamentare è piena zeppa -si pensi all'Italia giolittiana o alla Francia della III Repubblica - di episodi ben più rivoltanti di questi ultimi, e visto che, d'altra parte, è un ben strano partito «totalitario» quel P.C. che, con tutto il suo famoso apparato burocratico e poliziesco, si lascia sfuggire di vista il famoso Catone che pur si reca in case non-chiuse con la macchina dell'amministrazione provinciale romana! «Delitto» totalitario? Oibò, il tipico rancido «delitto» borghese tradizionale. Ma a Saragat non interessa, più che non interessi a Togliatti, a Nenni o a Scelba, la verità storica di quello che dice; gli interessa di lanciare un inno alla democrazia, alla morale, alla santità della famiglia, all'indissolubilità del vincolo coniugale, all'onestà della persona, e di restituire così agli italiani smarriti una salda coscienza democratica. All' «Osservatore Romano», d'altra parte, interessa trarne un'altra ma complementare lezione: il contrasto non è fra morale proletaria e morale borghese: è fra morale cristiana e morale laica (ma dove mettiamo il Montagna così sollecito della Madonna di Pompei e così osservante dei precetti?). Ognuno tira l'acqua al suo mulino, ma sempre con quell'obiettivo: la lotta è tra buoni e cattivi, fra incorrotti e corrotti, fra sani e marci; votate per la democrazie e otterrete di liberarvi dei secondi e di assicurarvi vita natural durante il governo dei primi. Votate per la democrazia e avrete intorno a voi il luminoso spettacolo dei mariti e delle mogli fedeli, degli uomini e delle donne amanti di onesti piaceri, dei deputati e senatori con le alucce e delle deputatesse e senatrici col giglio, dei generali e degli sbirri in saio da penitenti, degli amministratori che non rubano (a proposito, l'equilibrio si è ristabilito anche ad Arezzo, dove al calderone delle imposte di consumo attingevano tanto oppositori quanto governativi), e, insieme con lo spettacolo avrete ogni giorno, una bella predica morale; un'iniezione, direbbe Saragat, di «senso religioso della vita». L'età borghese del ferro e del fuoco trasformata in una dolciastra età del lattemiele più disgustosa di tutte le Capocotte!
Ai moralizzatori della sinistra noi dicemmo: Alla gogna il borghese onesto, quello che esercita con tutte le carte morali in regola la sua professione di sfruttatore. Diciamo lo stesso al moralizzatore di centro o di destra: Foste anche mille volte onesti e «morali» vi spregeremmo e vi combatteremmo egualmente; di più, anzi, perché nascondete dietro la faccia di una moralità falsa e bugiarda la vostra realtà di aguzzini della classe operaia. L'ipocrisia borghese è vecchia quanto la borghesia e la sua corruzione. Non sarà mai troppo presto per liberarcene.
il programma comunista, n. 22, 20 novembre - 10 dicembre 1954