il programma comunista, n. 2, 15 - 31 gennaio 1970
Ai patiti di scienza e agli scienziati analfabeti che sorgono ovunque, un bell'articolo per distruggere questo mito. Come già troviamo scritto in La stolta era "frontista" (presente nel sito) così il marxismo rivoluzionario porta scritto nella sua bandiera:
«Non fede cristiana, non scienza borghese, ma dittatura della tua rozza vergine forza, che libererà un giorno l’uomo dalla dittatura di tutte le tenebre!»
L'articolo citato all'inizio (L'Avanguardia, n. 283, 13 aprile 1913) è la seconda parte di Per la concezione teorica del socialismo. La prima parte era apparsa nel n. 280 del 23 marzo dello stesso giornale; nella sua stesura originaria l'articolo era firmato ed il nome che vi compariva era quello di Amadeo Bordiga; Per la concezione teorica del socialismo è già presente, nella sua interezza, nel nostro sito.
Scienza borghese, drogatura ideologica
«Alla scienza vera – scriveva un portavoce della sinistra su L’Avanguardia del 13-4-1913 – come somma dei portati, delle ricerche e dell’attività umana, noi possiamo credere, ma non riteniamo possibile la sua esistenza nella società attuale minata dal principio della concorrenza economica e della caccia al profitto individuale. Urtiamo così un altro pregiudizio comune, quello della superiorità del mondo scientifico. Si credono oggi indiscutibili le decisioni delle accademie, come nel medioevo quelle delle sagrestie. Eppure sarebbe necessario un libro e non un articolo per svelare un poco i retroscena miserabili e mercantili della scienza! Il dilettantismo più incosciente, le più audaci ciurmerie, le più vili prepotenze delle minoranze dominanti, trovano con facilità la garanzia dell’etichetta scientifica... La scienza borghese è anch’essa al pari della filosofia un ammasso di frottole. Il socialismo scientifico non può respirare questa atmosfera di menzogna».
Il comunismo rivoluzionario, ossia l’unico socialismo e comunismo marxista, stritolerà teoricamente e fisicamente i vari Kautsky che tuttora blaterano «pane e scienza!», o meglio implorano alle deità della cultura di spezzare il pane dell’eucaristia scientifica per dare «coscienza» alle «masse».
Ma per i marxisti è evidente non solo che le applicazioni della scienza e in genere le cosiddette scienze sociali, storiche («umane»), sono meri strumenti di dominazione rincoglionitrice utili al capitalismo, ma altresì che le stesse scienze pure, nella misura in cui sono costrette, per non ridursi a insignificanti constatazioni sperimentali, a darsi un inquadramento teorico, non possono non attingere dal bagaglio ideologico capitalistico. Donde i fenomeni meravigliosamente analizzati da Engels e da Lenin (Antidühring, Dialettica della natura, Materialismo ed empiriocriticismo, Quaderni filosofici) che indicano come la scienza pura od applicata non possa non mettere capo, nell’attuale ordinamento sociale, ad una forma di mistificazione ideologica, che nulla ha da invidiare al vecchio misticismo e che anzi ben spesso attinge motivi da questo medesimo riabilitando il fideismo che il preteso rischiaramento della rivoluzione borghese proclamava sconfitto per sempre.
Abbiamo voluto ripetere, alla buona ed in breve, posizioni nostre caratterizzanti ed irrinunciabili, per introdurre un esempietto grazioso che ci sembra dimostri la effettiva «serietà» dell’anche più qualificata scienza borghese contemporanea.
Lo zoologo Konrad Lorenz (popolare perché sostiene di saper conversare con le oche selvatiche) nel suo libro sull’aggressività ha ripreso, con lievi modifiche, vecchie tesi del cosiddetto darwinismo sociale, imputando appunto a questo presunto istinto universale degli animali le lacerazioni della moderna società umana, con la sola distinzione che per l’autore l’istinto dell’aggressione, utile negli animali e nell’uomo stesso come basilare espressione «mascolina», diviene nocivo allorché lo si applica su vasta scala con i mezzi forniti dall’odierna tecnologia. Sussiste quindi per il Lorenz un eccesso di aggressività, che sfugge al controllo umano, e che al massimo si può sperare d’incanalare in manifestazioni relativamente innocue come... le partite di calcio.
Non spenderemo parole per sottolineare la veramente ochesca (chiedendo venia alle oche palmipedi) stupidità di simili argomentazioni, che assimilano l’aggressività come fenomeno biologico (anch’esso, nell’uomo, più o meno distorto e diretto dall’ambiente storico-sociale), la lotta di classe ed il conflitto bellico, che discendono dalla determinazione economica dei modi e rapporti di produzione interumani storicamente determinati.
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Ma, se Lorenz si ispira in qualche modo al darwinismo sociale e cioè pensa che le contraddizioni della società borghese si spieghino con una universale lotta per la vita, non è mancata nemmeno la riedizione di un complementare atteggiamento teorico che ebbe a massimo esponente il geografo e naturalista Pietro Kropotkin, ben noto anarchico. Questi alla preponderanza della lotta per la vita oppose quella di mutuo appoggio (titolo di un suo saggio), sostenendo insomma che la «natura» umana (come la natura in genere) accanto ad una tendenza alla concorrenza ed alla sopraffazione ne ha una, in ultima analisi predominante, alla cooperazione. In realtà basta a demolire tutte queste costruzioni, a parte l’esplicita confutazione di Engels, la constatazione di Marx che nel 1847 obiettava a Proudhon non essere la storia altro che storia delle trasformazioni della cosiddetta «natura umana». Inutile aggiungere che il fatto dell’esser l’uomo tale in quanto modifica l’ambiente, non toglie la determinazione biologica, cui tuttavia s’assomma quella sociale come risultante dei rapporti di produzione che scaturiscono dal modo di produzione, e dai relativi mezzi di appropriazione e trasformazione dell’ambiente esterno. Ma questa complessa dialettica, sistematicamente deformata dai cultori di etologia, come il Lorenz e come i suoi avversari Claire e W. M. S. Russell, i quali hanno pubblicato un anno fa a Londra uno scritto dal titolo Violenza: scimmie ed uomo non sospettando di ripetere con alcune modifiche superficiali le tesi kropotkiniane; ed è divertente vedere come V. Reynolds (cfr; Nature, 221, 99) ne ricavi una «filosofia progressista», opposta a quella «politicamente reazionaria» di Lorenz. È qui il caso di dire con la celebre battuta: invece pure; perché la spiegazione dei Russell vale quella dei Lorenz. Mentre questi paragonano senz’altro gli uomini alle scimmie (viva l’originalità!), i Russell li paragonano alle scimmie ingabbiate, cercando di fare dell’aggressività presa come idea in sé, dalle lotte dei cervi ai conflitti mondiali, un fenomeno «innaturale», indotto (psicoanaliticamente) da frustrazioni e provocazioni, nonché da ristrettezza di spazio e di cibo. Ed ecco che con Kropotkin viene risuscitato Malthus o meglio il neo-malthusianesimo: tutto sta ... nel ridurre le nascite e nel trovare forme più eque di convivenza tra le nazioni ed in seno alle nazioni singole.
I nostri democraticissimi riscovano pure la nozione di «spazio vitale» (Lebensraum), mascherandola con un preteso universale «istinto di territorio», per cui l’eccessivo affollamento, invece di essere un risultato delle presenti contraddizioni, ne diventa una causa essenziale.
Navigando così sul fognoso oceano piccolo-borghese, si avvista l’isolotto di Proudhon, col suo giardino e l’albero di fico al quale ciascun «libero produttore» ha «diritto». I Russell sognano di «conquistare lo spazio» per salvare l’individualità compromessa, e propongono una serie di misure che paiono attinte un po’ dal «socialismo» proudhoniano e fabiano, un po’ dall’Esercito della Salvezza: limitazione delle nascite, muri isolati acusticamente, casamenti a sviluppo orizzontale anziché verticale, stanze da bagno per tutti, «riduzione» degli inquilini per ogni vano di casa popolare di slums, coree o baraccopoli, pianificazione generale della privacy universale...
Al che commenta spassosamente Reynolds: «Si tratta incontestabilmente di una filosofia socialista basilare!» Ma il fine e dotto commento comprende anche delle critiche: la limitazione delle nascite - spiega Reynolds - riduce il tasso d’incremento demografico piuttosto che la massa globale della popolazione, e la «violenza» potrebbe essere legata al sesso maschile, al cromosoma Y. Prova ne sia il gran numero di criminali con due cromosomi Y. Altro che Lombroso con la sua «antropologia criminale», altro che «l’antropologia scientifica del professore-poliziotto Ottolenghi» di cui parlava il nostro articolo del 1913!
Sia i Lorenz, sia i Russell, hanno trovato dunque la formula della salvazione: gira e rigira, tutto si riduce al vecchiotto binomio «pane e giochi da circo». A tutto ciò possiamo aggiungere, col (nientepopodimeno) premio Nobel Linus Pauling la ... vitamina C, o con il duo dei «polemologi» Gaston Bouthoul e Franco Fornari, la psicoterapia preventiva anti-bellica. Il vecchio positivista Achille Loria pensava tra l’altro di sfamare le «plebi» cospargendo di vischio le ali degli aeroplani e raccogliendo gli uccelli che vi rimanevano impaniati. I nostri scienziati odierni vogliono invece rimuovere i «lati spiacevoli» (sempre Proudhon!) del capitalismo con il giuoco del calcio, le pillole ricostituenti, i muri con pannelli isolanti, le docce e via di seguito. Sia questo esempio un piccolo spaccato del progresso scientifico oggi tanto conclamato, e un indice di misura dell’affidamento che la «scienza imparziale» dà alla borghesia di ripetere sempre con maggior monotonia le sue mistificazioni ideologiche per rincitrullire gli affamati con la promessa di spezzar loro il pane eucaristico del sapere. Chi ha ferro ha pane, diceva invece Blanqui, e solo chi ha pane ha scienza: l’unica alternativa alla scienza borghese sarà la scienza socialista, la scienza di tutta la specie umana, ma il cammino ad essa non è affatto ideologico, né teorico né culturale: è il cammino del rovesciamento della prassi, ossia dell’attività rivoluzionaria.
il programma comunista, n. 2, 15 - 31 gennaio 1970