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archivio > Archivio sulla sinistra>Geografia della controrivoluzione (Battaglia comunista, n.4, 19 febbraio - 5 marzo 1952)

aggiornato al: 18/11/2010

Battaglia comunista, n. 4, 19 febbraio - 5 marzo 1952

Riproponiamo questa volta un bell'articolo di più di cinquanta anni fa che ci offre  una immagine della situazione mondiale valida tuttora.

Tuttora attendiamo le immancabili convulsioni di questo mondo decrepito e agonizzante anche nel suo bastione americano e la ripresa del proletariato internazionale. 

 

 

GEOGRAFIA

della controrivoluzione

 

D'accordo, l'opportunismo è fatto che nulla ha a che vedere con le coordinate geografiche, essendo un fenomeno prodotto da  fattori puramente storici  e sociali. Sono note le concezioni marxiste in argomento. L'opportunismo operaio, ideologicamente, è la difesa del regime salariato sotto l'aspetto della  conciliazione di «ambo gli estremi» del lavoro salariato e del capitale; socialmente,  è la corruzione di taluni strati relativamente meglio retribuiti delle masse lavoratrici, dell'artigianato, della piccola borghesia, dei contadini medi; storicamente, è il fenomeno tipico che accompagna, sul terreno della lotta di classe, il travolgente processo di accumulazione e concentrazione del capitale, che rendono possibile la adozione di misure di organizzazione della produzione e di assistenza sociale, che ritardano lo scoppio delle contraddizioni sociali. Fin qui la geografia c'entra poco, anzi nulla, ma andiamo avanti...

Il dato immediato dell'esperienza ci avverte che le influenze opportuniste, o addirittura controrivoluzionarie, nelle masse operaie sono più potentemente radicate e diffuse, laddove meno accidentata e caotica è la prassi economica del capitalismo, e quindi più salda la impalcatura dello Stato borghese. Ciò non contraddice la teoria della crescente miseria e, in generale il materialismo storico. Marx ed Engels non hanno mai creduto,  come pretendono di attribuir loro i nemici, che la coscienza rivoluzionaria derivasse meccanicamente dall'accrescersi numerico della classe lavoratrice, e parlarono spesso delle cosiddette aristocrazie operaie annidate nel corpo sociale della allora prima potenza mondiale capitalistica, l'Inghilterra. Colà, la rivoluzione capitalista era un fatto compiuto fin dalla fine del secolo XVIII; un proletariato immenso cresceva quotidianamente. Ma dopo il periodo delle violente agitazioni dei Cartisti (1838 - 1842), l'impeto sovversivo delle masse lavoratrici  si affievolì e si stemperò nella pratica del movimento riformistico: sorgono in seguito le grandi associazioni di mestiere, le correnti socialdemocratiche programmaticamente avverse al principio della conquista violenta del potere e operanti nei limiti costituzionali. Le industrie siderurgiche metalmeccaniche, tessili britanniche erano le prime del mondo, lo stesso dicasi per le maestranze, ma allo enorme sviluppo del capitalismo e al crescere a dismisura della popolazione lavoratrice non corrispose un parallelo sviluppo teorico e politico in senso rivoluzionario delle masse. La radicalizzazione acuta delle idee politiche dei proletari si verificò invece in Francia, in Germania, in Italia, cioè nei centri secondari dello schieramento borghese. Il materialismo dialettico non ha difficoltà, nelle opere di Marx ed Engels, a spiegare il fenomeno del rigoglio dell'opportunismo nel massimo concentramento di potenza economica e militare del capitalismo mondiale.

Le tradizioni legalitarie, le illusioni superstiziose nell'indefinito progresso sociale, il mito del gradualismo riformista, il vano miraggio della conquista legale del potere furono il riflesso, nel campo operaio, delle ideologie borghesi dominanti, fondate sulla relativa sicurezza del mercato inglese, sul dominio incontrastato dei mari, sul progressivo ingrandirsi dell'impero coloniale durante gli ultimi decenni dell'800. A guardare retrospettivamente la storia recente, si comprende che l'opportunismo allignato nella roccaforte della reazione capitalistica internazionale, non si dimostrò solo un vantaggio sicuro e una salda difesa della borghesia nazionale e dello Stato britannico, ma al contrario, agì da bastione insormontabile contro l'ondata rivoluzionaria partita dalla Russia bolscevica. Non riuscendo a scoprire il tremendo inganno nascosto nella politica dei dirigenti laburisti, non essendo in grado di strappare ad essi la maschera di agenti della borghesia, preferendo il governo dei Mac-Donald alla dittatura proletaria comunista, le masse lavoratrici inglesi mentre si illudevano di essere servite dai laburisti, permettevano non solo il riassestamento del potere borghese britannico, scosso dall'uragano della prima guerra mondiale, ma di tutto lo schieramento capitalistico internazionale, che su Londra faceva pernio. E che le nostre parole non siano interpretate in contrasto con le nostre concezioni deterministiche che escludono il ridicolo concetto della «responsabilità»! La verità è che il capitalismo internazionale vinse la sua battaglia contro la rivoluzione, nel primo dopoguerra, non in Ucraina, non in Siberia, non in Polonia, non in Finlandia, cioè sul campo delle operazioni militari contro la Russia leninista; ma impedendo che crollasse il centro mondiale dell'imperialismo, il pilastro della difesa borghese contro la rivoluzione: il governo di Londra. Resistendo e contrattaccando Londra, resistettero e contrattaccarono Berlino, Parigi, Vienna, Roma, ecc., cioè i centri secondari o satelliti del capitalismo mondiale.

Il secondo dopoguerra, se non ha presentato i terremoti sociali del primo, se ha spezzata la concatenazione guerra-rivoluzione, ci ha mostrato però le cause del mancato scoppio rivoluzionario. Hanno agito in senso controrivoluzionario gli effetti distruttivi della radicale asfissia delle tradizioni rivoluzionarie operata dallo stalinismo e dai regimi totalitari occidentali, ciò è indubbio. Ma la guerra aveva ridotto in tale strato di prostrazione e di caos questi baluardi della reazione che è facile immaginare che difficilmente avrebbero resistito ad un assalto insurrezionale delle masse. Ma per i marxisti è un nonsenso parlare di ciò che «sarebbe potuto succedere», per cui dobbiamo badare a quello che è stato e che è cioè al compito di ricostruttore del potere statale borghese in Europa, che il governo degli Stati Uniti si è assunto fin nel corso della guerra e i cui risultati sono visibili a tutti. Quel che è successo nella storia del brigantaggio capitalista, durante e dopo il secondo massacro mondiale, è l'irregimentazione delle forze borghesi internazionali nella santa alleanza capitalista, non più dalla Gran Bretagna, ma dal mostro statale di Washington. Se succede che il mondo borghese si perpetua e vive, ciò succede perché si perpetua e vive l'oligarchia delle oligarchie borghesi dominanti, cioè la classe degli imperialisti americani. C'è ancora qualcuno che ne dubiti? Il nemico della rivoluzione mondiale, il gendarme vegliante sulle casseforti dei borghesi, di tutti i borghesi della terra, il massacratore dei proletari di tutti i paesi , è lì, oltre atlantico, come ieri l'altro fu sulle rive del Tamigi. Né lo stato maggiore della controrivoluzione vi si trova a caso. Alla base della sua esistenza agiscono le stesse cause che determinarono la supremazia borghese dell'Inghilterra, e cioè una struttura economica la più solida, relativamente parlando, di quante ne esistano sulla faccia del globo, e le più intatte tradizioni dell' opportunismo controrivoluzionario. Condizioni queste, che non si presentano più in Inghilterra, ove la ferrea politica di austerità e lo scadimento del prestigio inglese lasciano presagire il fermentare delle idee rivoluzionarie; né si presentano in Russia, altro concentramento di potere economico e militare, ma che solo negli ultimi venti anni ha portato faticosamente innanzi la sua industria pesante, e molto cammino ha da compiere per potenziare capitalisticamente le sue riserve di materie prime e di forza-lavoro. D'altra parte il suo originarsi da una rivoluzione proletaria fallita oscura ancora la essenza capitalistica della produzione e dello Stato, nonostante i potenti sforzi propagandistici e politici fatti quotidianamente dal Cremlino per dimostrare che la Russia può coesistere con gli altri paesi capitalistici.

La geografia politica dell'opportunismo ci mostra altri concentramenti di forze controrivoluzionarie, raggruppate in sindacati giganteschi e in partiti politici operanti in ambienti sociali caratterizzati da profonde divisioni di classe: la Germania, la Francia, il Giappone, l'Italia, il Belgio, il Canadà, la Jugoslavia, ecc. Ma è chiaro a tutti che tali centri capitalistici non hanno, o hanno perduto, un irraggiamento di influenza internazionale, e sono solo satelliti, e subordinati servitori dei Grandi dell'imperialismo. Rimangono i paesi di Asia, Africa, Australia, America del Centro e del Sud, che celano nella loro compagine sociale formidabili potenziali esplosivi, ma il fatto che solo ora entrino nel girone infernale della industrializzazione, e quindi della proletarizzazione delle moltitudini nullatenenti, basta a dimostrare che,  nella futura rivoluzione anticapitalista, la funzione di guida e rottura spetterà al proletariato industriale dell'America del Nord e dell'Europa, ai proletari che vivono al di qua e al di là del cosiddetto sipario di ferro; ai lavoratori salariati inglesi, tedeschi, francesi, italiani, jugoslavi, russi, polacchi, ungheresi, ecc., ecc. E dicendo America intendiamo dire Stati Uniti d'America. Ciò significa esattamente questo: il movimento rivoluzionario del proletariato, ovunque prenda inizio, avrà possibilità di vittoria solo a condizione che diventi internazionale e pervenga a distruggere la roccaforte mondiale borghese dell'America- Europa. Qui si accentra il potere economico  e politico del capitalismo mondiale, qui si concentrano le forze dell'opportunismo controrivoluzionario. Ma nell'ambito di questo stesso concentramento  capitalistico-opportunista non esiste unitarietà di schieramento imperialistico, anche se l'unità di classe contro il proletariato e la rivoluzione è viva e operante. La stessa mancanza di uno schieramento rivoluzionario di classe delle masse proletarie americane ed europee, rende possibile la cosiddetta  guerra fredda tra gli Stati Uniti e la Russia staliniana e rende non attuale la costituzione della Internazionale unitaria dell'opportunismo controrivoluzionario sul modello 1919-20.

Un primo abbozzo di unificazione mondiale delle forze opportuniste ci fu, nell'immediato dopoguerra, e si configurò nella Federazione mondiale sindacale, cui aderirono i sindacati americani, russi, inglesi, francesi, italiani, ecc. L'obiettivo dello stato maggiore della controrivoluzione di serrare in una organizzazione unitaria le forze vive della fortezza reazionaria America-Europa, fu visibile a chi seppe vedere. Lo scoppio della guerra fredda non doveva smentire questa valutazione di fatto, ma confermarla, in quanto la contesa internazionale mostrava le tendenze sotterranee dell'imperialismo americano a realizzare, anche sul terreno politico, col tentativo di assorbimento pacifico della Russia, l'unificazione delle forze reazionarie sotto la direzione americana. Il tentativo è ancora in atto, la resistenza russa pure. E' tuttora in atto purtroppo la confusione in molte menti operaie, che o vedono la guerra fredda sotto la specie di una guerra di classe (assolutamente inesistente) o sotto la specie di un combattimento fra forze eguali fino al milligrammo.

Il capitalismo e l'opportunismo americano, il capitalismo e l'opportunismo russo sono egualmente in senso qualitativo, centri della reazione, sorgenti della guerra, focolai delle ideologie conciliazioniste, riformatrici, social-nazionali. Ma considerare i due centri imperialistici in un rapporto di assoluta parità di forza materiale, economica, militare, significa esporsi a gravi errori. Se non convincono i dati della produzione e dell'armamento, basterebbe dare uno sguardo alla carta geografica dell'opportunismo per vedere che le influenze opportunistiche di colore russo sono molto inferiori, su scala mondiale, a quelle di colore americano. Abbiamo delimitato lo spazio, che non è fisico, ma storico e sociale, dell'America-Europa, cittadella mondiale della controrivoluzione. Ebbene, solo in Italia e in Francia, il partito stalinista gode il primato, e non certamente incrollabile. Per il resto, in Inghilterra, nella Germania Occidentale, in Belgio, Olanda, Svezia, Finlandia, ecc., le forze opportunistiche obbediscono al centro americano; e stiamo parlando del nerbo del proletariato occidentale. Egualmente, lo stalinismo è in netta minoranza, o addirittura fuori legge, in Giappone, Canadà, Australia, Sud Africa. ecc., dove chi domina è la influenza politica americana, che dallo Stato si infiltra, tramite l'opportunismo, nelle masse lavoratrici. Su tutto questo colossale ammasso di forze antiproletarie e controrivoluzionarie, si erge il mostro statale americano. E se compariamo tra di loro gli Stati nazionali, considerandoli nel loro sviluppo storico sotto il profilo della lotta di classe, concludiamo agevolmente che lo Stato americano ha conosciuto meno di tutti gli altri i violenti  sommovimenti sociali, le insurrezioni, le repressioni violente, propri della lotta tra il capitale e il lavoro salariato. D'altra parte, dalla guerra di Secessione alla seconda guerra mondiale, esso non ha subito sconfitte militari che abbiano diminuito il suo prestigio di forza di fronte alle masse, come è il caso di tutti gli Stati d'Europa, tranne l'Inghilterra.

Tutto ciò ha coltivato nella borghesia americana un nazionalismo a prova di bomba e la fiducia cieca nella vitalità del sistema capitalistico, che sono alla base delle ideologie controrivoluzionarie instillate nelle masse operaie americane da una poderosa organizzazione di forze opportuniste sostenute dai colossi del monopolismo.

Già da sola, l'alleanza capitalistico-opportunistica americana è un ostacolo formidabile che blocca la strada della rivoluzione, ed essa è solo il centro dirigente della crociata borghese internazionale contro il proletariato e il socialismo! I marxisti rivoluzionari non si sono mai nascosti l'esatta valutazione delle forze nemiche, non possono dunque che riconoscere la formidabilità del blocco avverso, prendendo a testimonio nello stesso tempo il risultato di due guerre mondiali che hanno dimostrato come neppure i centri dell'imperialismo sfuggano al caos e alla disgregazione. La seconda guerra mondiale ha seppellito il primato mondiale dell'Inghilterra. Tutto lascia prevedere che le immancabili convulsioni dell'imperialismo travolgeranno anche il bastione americano.

Ma ciò avverrà, s'intende, a condizione che le avanguardie rivoluzionarie, cui è affidato il compito di costruire il partito mondiale della rivoluzione, sappiano individuare a tempo la giusta strategia da seguire nei confronti dell'opportunismo nella sua rete internazionale.

 

 

battaglia comunista, n. 4, 19 febbraio - 5 marzo 1952