Prometeo, n.151, gennaio 1938
Continuiamo con questo amaro articolo pubblicato nel gennaio 1938 su Prometeo la serie di articoli sulla guerra di Spagna. In esso si evidenzia come la vittoria di Franco o di Negrin si equivalgono ed entrambe rappresentino la sconfitta per il proletariato.
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La vittoria di Teruel è la vittoria sui cadaveri operai
Per tre settimane una offensiva repubblicana si è sferrata contro Teruel: migliaia di sfruttati sono stati lanciati sotto una pioggia di proiettili e di obici contro altri sfruttati. La «vittoria» è stata ottenuta dall’esercito del Fronte Popolare come ieri lo era stato per quello di Franco. Ma chi non conosce il carattere reale di queste vittorie militari del capitalismo che lasciano dietro loro torrenti di sangue operaio e cimiteri proletari? Teruel è dunque caduta e il fronte mondiale dell’ «antifascismo» può imbandierare in onore della guerra imperialista. Nei paesi «democratici» centristi e socialisti pubblicano comunicati deliranti, fanno delle descrizioni liriche del massacro che ci riporta ai più bei giorni di ubriacatura patriottica della guerra del 14-18. La vittoria di Teruel viene al momento giusto per rimontare le azioni dell’antifascismo che ribassavano per la stanchezza sorda degli operai non solo nella Spagna repubblicana ma anche negli altri paesi.
Lasciamo da parte tutte le ipotesi che la situazione odierna può determinare: la vittoria di Teruel è uno degli aspetti di questa guerra imperialista che presenta così differenti peripezie. Alla vittoria di Negrin può succedere la vittoria di Franco allo stesso modo che la situazione può evolvere verso delle ulteriori avanzate dei repubblicani che permetterebbero al capitalismo, di fronte alla fermentazione degli avvenimenti nel mondo intiero, di impiegare le forze del Fronte Popolare, vittoriose in Spagna, per strangolare le lotte sociali degli altri paesi.
Poco ci cale l’aspetto militare della guerra imperialista in Spagna: vittoria di Franco o di Negrin si equivalgono nelle loro conseguenze di classe e l’una o l’altra non possono che corrispondere a un grado determinato della tensione delle situazioni e della necessità del dominio capitalista.
Per ciò che riguarda la Spagna l’offensiva di Teruel si accompagna diggià con una offensiva contro il proletariato. I boia e i loro valletti servili «estremisti» possono, una volta tanto, provare che organizzazione di un vero esercito popolare con una gerarchia, una disciplina, uno stato maggiore capitalista, può giustificarsi colla vittoria di Teruel. Sono numerosi i giornalisti che hanno vantata questa «organizzazione» dove il soldato si mette sugli attenti per parlare col graduato, ma nessuno si è sognato di scrivere che gli operai hanno accettato questo ristabilimento dell’ «ordine tradizionale» solo dopo manovre del fronte antifascista e particolarmente dopo i massacri di Barcellona.
Certo gli anarchici hanno ragione quando scrivono altezzosamente nella «Solidaridad» che oramai è un esercito che si oppone all’altro: dalle due parti del fronte l’ «organizzazione» è perfetta e l’ «antifascista» come il «fascista» il moro come l’internazionalista potranno scannarsi a vicenda per molti mesi ancora tra il fervido consenso degli imperialismi fascista e democratici che spingono, gli uni gli altri, gli operai nel massacro dei loro fratelli di classe.
La battaglia di Teruel (la «terza battaglia per Madrid» afferma il Fronte popolare) porta già scritta le conseguenze che avrà nella Spagna «legalista». Il segnale cioè di un nuovo attacco contro gli operai che è stato dato traverso le migliaia di cadaveri che giacciono nella capitale della bassa Aragona.
La retroguardia deve avere essa pure la sua «vittoria». Accanto ai comunicati ditirambici, pel successo, la censura taglia dovunque appare l’idea di rivoluzione. Negrin si fa intervistare ed afferma che in caso di vittoria repubblicana si ristabilirà la costituzione del 1931, quella che conobbe la repressione da parte del governo provvisorio di Caballero, quella dei massacri delle Asturie. Dove sono andate a finire le dichiarazioni di un impossibile ritorno alle situazioni anteriori al 19 luglio 1936 che facevano il P.O.U.M. (prima della sua dissoluzione), gli anarchici, i trotskisti e tutti quelli che hanno confuso la rivoluzione colla guerra imperialista.
L’offensiva contro i sindacati continua e quelli che sono presi di mira non sono naturalmente i bonzi anarchici e riformisti, ma gli operai malcontenti. Per i primi Teruel viene a proposito. Bisogna rinforzare la collaborazione dei sindacati colla economia scrivono gli «ultra-rivoluzionari» della C.N.T. che deplorano gli attacchi «incomprensibili» contro i sindacati. Questi non hanno forse rifiutato l’aumento dei salari, la diminuzione delle ore di lavoro proposti da Companys nella Catalogna? Non affermano che gli operai lavorano sempre più per la «vittoria»? Non profittano di Teruel per rafforzare la disciplina nella produzione? La «Solidaridad» scriveva di recente: «la retro-guardia proletaria trasformando ogni luogo di lavoro in un focolare di guerra accelererà la disfatta totale del fascismo». Si sa ciò che ciò significa in Spagna: si tratta di spingere alla militarizzazione del lavoro per meglio contenere le reazioni proletarie e tener tranquilli i «sabotatori». Ed anche un grande capo anarchico (?) il «generale» Mera in una intervista all’ «Humanité» ammetterà di essere stato promosso divisionario perché aveva «compreso che bisognava farla finita colle milizie e trasformarle in unità dell’esercito regolare».
Malgrado questo la reazione «repubblicana» si accentua. Quando gli anarchici dicono: il passaggio dalla difensiva alla offensiva deve significare la marcia in avanti per la libertà, la censura sopprime e per la rivoluzione ed il bianco che resta sul giornale segna bene il vuoto della fraseologia «estremista» che vuole arrivare alla rivoluzione traverso lo scannamento reciproco dei proletari. La censura lascia passare gli articoli che parlano di «produrre produrre e produrre ancora», quelli che legano Teruel alla «disciplina del lavoro» o quelli che rifiutano gli aumenti di salario come indegni per degli operai coscienti, ma sopprime più severamente di prima tutto ciò che ha attinenza colla «rivoluzione». Ed è questo l’istante in cui gli anarchici preconizzano nuovamente la partecipazione delle centrali sindacali al governo.
A Barcellona il fronte unico dei partiti si è realizzato attorno Teruel che avrebbe salvato la «libertà del mondo» proprio come Verdun salvò la civiltà dalla «barbarie teutonica».
La Spagna possiede ora un comando che «sa comandare» e i «tradimenti» di Malaga, di Bilbao, di San Sebastiano non si potranno più ripetere. Ma questa Unione Sacra della vittoria è la stessa di quella precedente delle disfatte: difensiva o offensiva, vittoria o disfatta non sono che fasi del massacro degli operai e nessuno può dissimulare questa verità che scaturisce dalla reazione di classe del capitalismo, corollario dell’avanzata militare.
Le illusioni degli anarchici saranno presto relegate in secondo piano per arrivare a nuove «vittorie», accettando di diventare gli strumenti del governo per strangolare gli operai nella produzione di guerra.
Ai gridi isterici del Fronte Popolare, dei social-centristi per la «vittoria» di Teruel i comunisti internazionalisti devono contrapporre la realtà di classe che passa attraverso l’opposizione degli operai alla guerra, al disfattismo rivoluzionario sui due fronti.
Solo dai movimenti di classe che sorgeranno tanto nel campo anti-fascista che fascista potranno scaturire per gli operai «vittorie» che saranno realmente loro vittorie di classe.
Prometeo, n. 151, gennaio 1938