Le Proletaire, n. 86, 3 agosto - 6 settembre 1970
Questo breve scritto apparve, alla morte di Bordiga, sul giornale in lingua francese del partito in cui Bordiga militava: Le Proletaire. Non ci risulta che sia mai stato tradotto in italiano.
Lo offriamo ora noi ai nostri lettori continuando quanto già fatto, in questo luglio in cui cade il quarantesimo della morte di Amadeo Bordiga, con Una milizia esemplare al servizio della rivoluzione e con Forgiatore di militanti.
AMADEO BORDIGA
La terribile notizia ci giunge mentre questo numero è in stampa; il nostro compagno Amadeo Bordiga è morto; notizia tanto più terribile quanto prevista in modo confuso da tempo, da quel giorno in cui la paralisi lo aveva colpito, abbattuto e praticamente messo da parte dal nostro lavoro politico del quale aveva assunto fino ad allora il maggior peso.
Consacreremo le colonne del nostro prossimo numero a colui che fu il fondatore della nostra corrente, il capo della frazione astensionista del partito Socialista italiano, e il dirigente del primo e solo autentico Partito Comunista di Italia. La sua lotta accanita per il marxismo rivoluzionario, la si incontra in tutte le pagine delle nostre pubblicazioni: testi teorici o articoli di mordente critica, non c'è una riga in cui non corra il suo spirito, che non rifletta fedelmente la sua battaglia.
Bordiga odiava più di ogni altra cosa l'individualismo la cui forma politica fu quel «culto del capo» che ha corrotto l'Internazionale comunista. Fu uno dei primi a denunciare il caporalismo bigotto dietro il quale fu portata a compimento la contro rivoluzione staliniana. Nessuno ha saputo, con tanta eloquenza e lucidità, mostrare che l'opera dei «grandi» e dei «capi» - anche i più prestigiosi -non è che l'espressione dei profondi movimenti sociali della Storia. Così è quasi una violenza postuma a suo riguardo ricordare il suo potente rigore dottrinale, la sua bruciante passione di rivoluzionario, la sua instancabile attività per la causa, e sopra ogni altra cosa l'estrema chiaroveggenza che lo portò, malgrado il suo rispetto e la sua stima per Lenin, a opporsi a lui su gravi questioni di tattica e a metterlo in guardia contro un «revisionismo comunista» cui l'Internazionale, nel 1920, prestava già il fianco. Se lo fece e se la sua difesa accanita dell'ortodossia marxista permise non solo di salvare l'audace programma della III Internazionale, ma anche di trarre le lezioni della sua disfatta e della sua degenerazione opportunista, è perché incarnava le virtù impersonali di una corrente storica che si getta e trova completamente le sue radici nel «Manifesto Comunista» e trovò i suoi migliori combattenti nella generazione dell'Ottobre 1917 cui apparteneva.
La grande stampa si accorgerà forse della sua memoria acconciandola alle ricette del suo «sensazionalismo», mescolandolo ai rinnegati che non denunciano che tardivamente lo stalinismo per non cadere che nelle braccia della democrazia o assimilandolo al gauchisme invertebrato oggi di moda. Questa prospettiva non avrebbe potuto che fare scoppiare una risata omerica di Bordiga stesso.
In effetti, nessuno può annettere l'opera politica di Bordiga, perché è un'opera di partito, nel senso che noi diamo a questo termine, cioè un prodotto della tradizione comunista, del suo programma rivoluzionario e di una intransigente fedeltà ai principi del movimento proletario. Questo partito al quale Bordiga ha consacrato il meglio di se stesso, è il nostro.
La morte di Amadeo Bordiga è una perdita irreparabile, un motivo di afflizione che le parole non possono tradurre, ma lui resterà tra di noi, ben vivo, in ognuno degli sforzi della nostra lotta, in ogni atto in cui noi proseguiamo il fine e il senso della sua vita.
Le Proletaire, n. 86, 3 aout - 6 septembre 1970