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archivio > Lettere di Bordiga>24. Articoli di "Prometeo" sulla guerra di Spagna (Prometeo, n. 144, 1° maggio 1937)

aggiornato al: 26/02/2010

Prometeo n. 144, 1 maggio 1937

Dopo aver pubblicato poco tempo fa il manifesto apparso su Prometeo per il primo maggio 1937, questa volta, continuando nella serie dedicata a quanto apparso su Prometeo riferito alla guerra di Spagna riproponiamo dallo stesso numero di Prometeo (n. 144 del 1° maggio 1937) un articolo riferito alla Spagna.

 

 

24

 

Può una nuova prospettiva aprirsi per gli avvenimenti spagnoli?

 

 

È noto che, sulla base delle esperienze precedenti italiana, tedesca ed austriaca, la nostra frazione aveva considerato che, in Ispagna, si assisteva ad un corso di situazioni che si sarebbe chiuso con la vittoria, ad una scadenza assai rapida, delle armate reazionarie di Franco. Il ruolo del Fronte Popolare [vi] sarebbe stato lo stesso di quello che ebbero i socialisti in Italia, i socialcentristi in Germania, cioè di preparare le condizioni migliori al trionfo della reazione. Non che il Fronte Popolare, integrandosi successivamente dell’appoggio del POUM e degli anarchici, abbia considerato le nostre prospettive. Al contrario gli ultimi avvenimenti confermano pienamente le posizioni che avevamo emesso non solamente per la natura stessa degli avvenimenti, ma altresì per quanto concerne il ruolo che vi hanno giocato le differenti organizzazioni che, direttamente o indirettamente,  erano collegate al Fronte Popolare. Ma laddove sembra aprirsi una variante nuova degli avvenimenti, in una direzione che conferma luminosamente la posizione generale che abbiamo difeso e respinge vigorosamente le posizioni opposte che sono state difese dai cosiddetti comunisti di sinistra, non esclusi quelli che facevano parte della ex minoranza della nostra frazione. Il Fronte Popolare, il POUM, gli anarchici, si rivelarono essere delle forze di primissimo ordine nell’opera dell’accerchiamento delle masse proletarie e l’ipotesi non può essere esclusa che, alla vittoria totale delle armate di Franco, faccia posto l’altra di un compromesso fra il governo di Burgos e quello di Valenza, dopo le opportune modificazioni ministeriali che potranno facilitare questo accordo. Gli avvenimenti più recenti sono la caduta di Malaga e la crisi del governo della Generalidad di Barcellona. Le rivelazioni del governatore di Almeria hanno permesso di comprendere in quali circostanze si è verificata la caduta di Malaga. Non sappiamo fino a quale punto le pubblicazioni della Solidaridad Obrera siano conformi alla realtà e se cioè il colonnello Villalba, delegato dal governo di Valenza alla difesa della città, fosse in diretto collegamento con le armate di Franco, ma quello che è certo è che le condizioni in cui si è svolta l’evacuazione della città e la ritirata delle milizie, provano nettamente che l’esercito di Franco non poteva trovare di fronte ad esso circostanze migliori per poter operare il massacro dei proletari.

Le conseguenze della caduta di Malaga sono state, da un canto, la polemica degli anarchici per la ricerca delle responsabilità individuali del disastro, da un altro canto una campagna che ha compreso tutti gli organi dei partiti di governo ad esclusione della Batalla (perché il POUM è stato escluso dal governo della Generalidad, altrimenti anch’essa sarebbe stata parte importante del concerto, come lo proveremo in seguito), contro i pericoli del “settarismo”, l’inutilità delle discussioni intestine, e la necessità di costituire un blocco di ferro per vincere la guerra. È sopravvenuta la disfatta italiana sul Guadajara e ne è risultato che le formazioni di destra del Fronte Popolare hanno stimato che il momento era venuto per sferrare un colpo diretto contro le masse. È in questo ambiente politico che scoppia la crisi del governo di Barcellona. Da che cosa è stata essa determinata? Forse da un disaccordo fra C.N.T. e P.S.U.C. su certe misure reazionarie decretate dal governo della Generalidad? Nemmeno per sogno: la crisi ministeriale si è manifestata bene appresso che il decreto sulla riorganizzazione dei Servizi di Ordine Pubblico era stato approvato. È unicamente quando si è visto che la masse operaie non restavano inerti di fronte alla ricostituzione degli organi di polizia sulla stessa base di quella che esisteva prima del 19 luglio, che la crisi ministeriale è scoppiata. E come si è risolta questa crisi? Sulla base del mantenimento delle decisioni prese dal precedente ministero, la C.N.T. si è limitata a registrare qualche modificazione nel personale, nella attribuzione dei differenti ministeri. 

Nel corso della crisi, sono apparsi ad un tempo, i motivi fondamentali dell’accordo, come quelli accessori del disaccordo. Tutte le formazioni politiche, dall’estrema destra del Fronte Popolare, all’estrema sinistra del POUM, sono d’accordo nell’affermare che il dovere immediato dell’ora è di vincere la guerra. I social-centristi del P.S.U.C. ritengono che, per ottenere questo risultato, occorre una disciplina di ferro e propongono a questo scopo, attraverso il ministro Comorera, il “piano della vittoria”. Gli anarchici ed il POUM affermano che la via migliore per ottenere questa vittoria è quella di estendere le “conquiste della rivoluzione”. Sarebbe spassoso, se non fosse crudelmente tragico, di esaminare attentamente quanto scrive la Batalla, la quale sostiene, ad ogni istante, di essere di un’ortodossia marxista assoluta. In un recente comizio l’ex ministro della giustizia, il señor Nin, ha detto che prima di tutto occorre stabilire a quale classe appartiene il potere e che da questa affermazione centrale dipendono ineluttabilmente tutte le soluzioni conseguenti. Ma, e di grazia, se il governo di Barcellona è il governo di uno Stato capitalista, allora come si può qualificare di guerra in cui il proletariato può difendere i suoi interessi, una guerra che è diretta da questo Stato capitalista? Giacché è fandonia affermare che, poiché le milizie sono sul fronte, la sorte delle operazioni militari dipende da loro. Come in tutte le guerre, altresì in quella spagnola, l’andamento e lo sviluppo delle battaglie dipende dallo stato maggiore che è un annesso dello Stato capitalista.

Il Comitato Centrale del POUM ha stabilito i tredici punti del suo programma attuale e, fra i molti punti di riforma dello Stato capitalista attuale di Barcellona, ne presenta uno per l’“offensiva immediata in Aragona”, senza dubbio per prendere il contropiede del P.S.U.C. che, basandosi sulla disfatta italiana sul Gaudalajara ha ritenuto che il momento era arrivato per scatenare un’offensiva frontale contro il proletariato di Barcellona e da questo scopo parlava della “criminale inattività del fronte di Aragona”.

La Solidaridad Obrera, nel suo numero del 4 aprile, ha esposto il programma degli anarchici e quivi ancora noi vi troviamo molte rivendicazioni tendenti alla riforma dello Stato capitalista catalano, tutte improntate tuttavia al criterio della necessità di allestire le migliori condizioni per vincere la guerra.

Tanto il POUM, quanto la C.N.T., mantengono fermamente la loro posizione sulla necessità di penetrare nel meccanismo dello Stato al fine di preservare i suoi caratteri evidentemente … proletari. La Batalla dell’8 aprile pubblica una risoluzione del “Comitato dei Gruppi di Investigazione e Pattuglie di Controllo del POUM” dove, essa comunica che all’epoca della sua entrata nel governo di Barcellona, alla prima riunione del Dipartimento di Investigazione (emanazione del Comitato Centrale delle Milizie), le organizzazioni lasciarono sussistere gli antichi corpi di polizia accanto alle nuove formazioni sorte dopo il 19 luglio. Per facilitare l’opera di accalappiamento delle masse nel seno dello Stato capitalista, la borghesia aveva bisogno di un governo di estrema sinistra, ed i marxisti (?) del POUM furono al loro degno posto di tradimento. Le masse avrebbero potuto combattere per la distruzione di uno dei gangli dello Stato capitalista; per evitare questo, la borghesia aveva bisogno di un ministero che desse l’impressione alle masse che si andava verso la rivoluzione ed il POUM ha risposto immediatamente “presente”. Ancora oggi, il POUM proclama “assurda” la posizione che sostiene la necessità di rompere con tutti gli organismi statali, per la costituzione di organi autonomi non mescolati con quelli della polizia statale. E gli argomenti della lotta contro l’“infantilismo” sono sfoderati nuovamente da questi difensori del marxismo alla salsa poumista.

Per dare un’idea della situazione reale in Spagna, vogliamo citare un passaggio dell’organo anarchico di Madrid, il “Frente Libertario” n. 134, dove, a proposito dell’assassinio di contadini nelle zone repubblicane, si legge: “E pensare che tali fatti possono arrivare a nove mesi di distanza dal 19 luglio, in piena guerra di indipendenza, mentre noi lottiamo per la rivoluzione sociale. E tuttavia essi succedono. Succede la stessa cosa che nel biennio nero, nella repubblica di Aprile e negli anni vergognosi della dittatura di Primo de Rivera”. Aggiungeremo che, senza dubbio per frenare le arcigiustificate rappresaglie dei lavoratori, il ministro anarchico della Giustizia del governo di Valenza, ha reso pubblico un comunicato in cui si afferma solennemente che l’amministrazione della giustizia spetta unicamente agli organi legali dello Stato e che egli, il ministro, non fallirà alla sua mansione di colpire rigorosamente i responsabili. I proletari italiani ricorderanno la tragica esperienza di queste comunicazioni ufficiali che preparavano nuovi attacchi fascisti e la repressione spietata di ogni resistenza proletaria.

Per terminare diremo che il governo basco ha sequestrato tipografia e giornale della C.N.T. ed ha arrestato redattori del giornale e membri del comitato regionale della C.N.T.. Malgrado questo la collaborazione continua a Barcellona con un governo legato a quello di Bilbao dal patto di vincere la guerra a tutti i costi.

La crisi ministeriale di Barcellona che si è risolta sulla base del mantenimento delle misure reazionarie reclamate dal P.S.U.C., sotto il pretesto di mantenere la piccola borghesia al seguito del proletariato, la persistenza di questa collaborazione malgrado gli avvenimenti di Madrid e di Bilbao, fanno supporre che la C.N.T. farà come il POUM: essa resterà al governo per tutto il tempo in cui il capitalismo avrà bisogno di essa, per fare passare senza gravi incidenti i colpi che saranno assestati al proletariato. Nel momento successivo, quando si tratterà di passare ad un attacco di più grande stile, la C.N.T. sarà licenziata dal governo ed il potere sarà passato alle formazioni della destra del Fronte Popolare.

Questo corso delle situazioni incita a sollevare l’ipotesi che noi assisteremo ad una certa stabilizzazione dal punto di vista militare, mentre nelle due zone si prosegue l’opera della distruzione delle energie proletarie. Ad un certo momento non è escluso che, sulla base di quanto avvenne a San Sebastiano, si passerà ad un compromesso, per facilitare il quale si provocheranno le opportune crisi ministeriali: il governo di Valenza e quello di Barcellona hanno preso tutte le loro precauzioni del caso per assicurarsi una vita di rifugiato politico del tipo di quella che mena il Negus d’Abissinia.

Dalla parte sua, il capitalismo internazionale metterebbe a profitto questo periodo di tempo per fare avanzare la sua azione contro il proletariato di tutti i paesi e se, come non è escluso, l’incendio rivoluzionario dovesse scoppiare in altri Stati, la borghesia si appoggerebbe sulla resistenza che oppone il Fronte Popolare in Spagna, per accreditare questa formazione nemica fra le masse insorte per la lotta rivoluzionaria.

Solamente queste prospettive capitaliste sono destinate ad urtarsi contro una realtà di ferro: i dieci mesi degli avvenimenti spagnoli sono un insegnamento supplementare che fermenta nei cervelli dei proletari i quali sentono e sanno che non vi è che una via di salvezza per la loro classe: quella di dirigersi verso la distruzione del meccanismo specifico della dominazione capitalista, dello Stato, la via che respinge vigorosamente ogni tentativo di compromissione giacché da questa non può sorgere che il massacro delle vite del proletariato e l’annientamento delle sue istituzioni.

 

 

Prometeo,  n.. 144,  1° maggio 1937