Prometeo n. 139, 22 novembre 1936
Continuiamo nella ripubblicazione degli articoli di Prometeo sulla guerra di Spagna. Siamo ora al n. 139 del novembre 1936 (che occuperà tre o quattro puntate) e che inizia con il ricordo di Mario De Leone.
Su Mario De Leone, sulla sua vita, la sua avventurosa militanza rivoluzionaria e la sua morte esiste una bella pubblicazione curata da Fausto Bucci e Rossano Quiriconi, La vittoria di Franco è la disfatta del proletariato... Mario De Leone e la rivoluzione spagnola, La Ginestra - Comitato pro ex Ilva Follonica 1997 di cui consigliamo la lettura.
Alla commemorazione di De Leone seguono alcune note di attualità dell'autunno 1936; nelle prossime puntate altri articoli con il prosieguo della "discussione" nella Frazione.
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In memoria di Mario De Leone
Il 5 novembre, a Barcellona, è morto, schiantato da un attacco cardiaco, il compagno de Leone.
De Leone, dopo aver partecipato al movimento sindacale a Napoli, era stato tra i fondatori del Partito Comunista Italiano.
Nel decennio che fu in Russia, dove si era recato per ragioni di lavoro, prese dall’inizio posizione contro la degenerazione centrista.
Era il pratico tra noi, che dedicava la sua attività sovratutto nell’ambiente russo dove aveva acquistata tra gli operai un ascendente intollerabile per i centristi che finirono per escluderlo dal partito. Quando il gruppo degli emigrati politici di Mosca ritrovò uno scatto di energia contro i castrati politici del centrismo italiano, De Leone fu eletto segretario di esso. La sua nomina fu naturalmente immediatamente annullata dall’alto ed il comitato di Mosca del P.C.It. impose un nuovo segretario di sua fiducia… il famigerato provocatore Vecchi, il futuro eroe della tragicommedia di Sartrouville.
Gli ultimi anni di vita sono stati per il De Leone un vero calvario: alla catastrofe finanziaria si aggiunse la morte della sua compagna che lasciava due figli ancora in tenera età.
Ciò ha certo contribuito alla sua fine prematura –non aveva ancora cinquant’anni- nonché influito a determinare certi suoi recenti atteggiamenti altrimenti inspiegabili. Proprio in lui, nel nostro De Leone, così pacato, sempre alieno da ogni forma di avventurismo politico.
Perdere un compagno del valore di De Leone quando gli avvenimenti che hanno occasionato la rottura di una comunanza di idee che aveva durato anni ed anni, è straziante. Ma le forze gli sono mancate per arrivare al termine degli avvenimenti spagnoli nei quali egli si era gettato a corpo perduto con un entusiasmo ed una fede che, nel loro ardore stesso, avevano impedito un’assimilazione completa di tutti gli elementi di una tragedia che egli ha dolorosamente vissuto.
La veemenza del suo linguaggio contro la politica difesa dalla maggioranza della frazione faceva presagire che –quando la situazione avrebbe permesso un inventario definitivo- egli avrebbe agito nel senso di mantenere compatte ed unite le fila dell’organizzazione: «lavoro per voi» ci diceva quando operava per evitare la rottura e per rettificare degli errori.
Sei morto Mario. E’ il nemico che ti ha ucciso giacché la solidarietà fraterna dei pochi che siamo non ti ha permesso di salvare la tua compagna, di conservare presso di te i due fanciulli. Ma non hai esitato: tutto hai perduto per mantenere intatta la tua fedeltà alla causa del proletariato. Le forze ti sono mancate per continuare a combattere, ma il tuo esempio dura e durerà: noi che ti abbiamo conosciuto ed ammirato, troviamo nella tua vita dolorosa incitamento a continuare come te che ti sei reso degno soldato della rivoluzione, che domani sarai onorato dalle masse che conquistando la liberazione della loro classe, si ricorderanno di te che per loro hai combattuto, che per loro hai tutto sacrificato.
Il saluto del gruppo di Marsiglia
Il compagno Mario De Leone (Topo) è morto a Barcellona in seguito ad un attacco cardiaco. La notizia è giunta fulminea, inattesa, fra noi che lo conoscemmo nei momenti più difficili della sua vita di militante comunista. Già anziano, ma maggiormente invecchiato dal logorio imposto a tutti gli elementi che, distaccandosi dalla loro classe, ascendono il calvario dell’inserimento nella classe dei nulla-tenenti e ne affrontano le conseguenze con sacrificio e con stoico coraggio.
L’ideale, la famiglia: questo fu il suo dilemma costante e scottante. Servire il primo, sovvenire ai bisogni della seconda, ecco il terribile assillo che lo tormentava. E’ in questa lotta interna, spesso feroce, cagionata da elementi contrastanti insiti nel sentimento umano, che Topo, con sforzi supremi seppe fare emergere e convergere il suo totale apporto alla lotta liberatrice della classe di cui oramai divideva gli stenti e le privazioni rivoluzionari. Fu in Ispagna per incarico della frazione, ritornò poi in disaccordo con noi per seguire gli avvenimenti nel concetto della minoranza che vedeva nella tragedia spagnuola la possibilità di porre le condizioni per la ripresa della lotta liberatrice delle masse proletarie avvilite sotto il duplice apparato della borghesia: fascismo e fronte popolare.
Malgrado le divergenze, la perdita ci colpisce in pieno. Il suo sforzo di vivere con la classe proletaria, per la classe proletaria, senza fini arrivisti, senza preconcetti di fronte alla classe che lo aveva generato ed educato, lo inserisce nella lista delle vittime della grande battaglia fra sfruttati e sfruttatori. L’ultima fase vendicherà, insieme alla immensa schiera di combattenti che ne spianarono il terribile cammino, anche Mario De Leone.
Il compagno De Leone
Il compagno Mario De Leone ha cessato di vivere. La rivoluzione proletaria ha perduto uno dei suoi migliori militanti.
Aveva 47 anni e aveva dedicato i due terzi della sua esistenza alla lotta proletaria rivoluzionaria. Ancora in giovane età entrò nel partito socialista dove emerse sempre per la sua attività ed il suo spirito di sacrificio. Occupò nel movimento politico e sindacale posti di responsabilità ponendosi in prima fila nei momenti più difficili. Fu nel partito socialista alla sinistra, lottò indefessamente contro il riformismo e ne bollò tutte le deviazioni opportuniste.
Nel 1920 partecipò alla formazione della frazione astensionista che formava la reazione sana del proletariato rivoluzionario al marasma collaborazionista del P.S. e fu il nucleo del futuro partito Comunista.
Durante la guerra mondiale si ribellò contro la forma opportunista ed equivoca del P.S. e fu per la trasformazione della guerra imperialista nella guerra civile delle masse. Nel 1921, alla scissione di Livorno, fu uno dei fondatori del Partito Comunista d’Italia occupando posti di responsabilità nel periodo tormentoso della guerra civile. Il terrore fascista lo obbligò [a] rifugiarsi all’estero. Fu prima in Germania, poi in Russia, dove fu segretario dei gruppi di lingua italiana. Sempre coerente ai principi del comunismo internazionalista lottò contro la degenerazione burocratica stalinista, contro la teoria del socialismo in un solo paese, contro la liquidazione della rivoluzione di Ottobre.
Nel 1929 l’ondata di reazione scatenata dal centrismo trionfante lo obbligò rifugiarsi in Svizzera e, espulso di là, in Francia.
Aderì alla frazione di sinistra comunista che si era costituita, per scissione dal P.C., a Pantin nel 1927 sulla base delle «tesi di Roma» che costituiscono il patrimonio e la continuazione del movimento comunista rivoluzionario del proletariato, contro la degenerazione controrivoluzionaria del centrismo.
Fedele ai principi internazionalisti, allo scoppio del movimento rivoluzionario di luglio, si recò tosto in Spagna per portarvi il suo concorso fisico ed ideologico. Per tutta la sua vita lottò per l’emancipazione del proletariato ed è spirato nella terra scossa dalle convulsioni della rivoluzione sociale dove il proletariato lotta colle armi alla mano per la sua emancipazione che sarà sicura e definitiva se, al fuoco della lotta, si formerà un vero partito di classe alieno da ogni sorta di compromesso e di collaborazione.
Il compagno De Leone non è più, ma la sua opera di militante rivoluzionario vive e ci serve di stimolo per continuare l’opera nostra fino al trionfo della rivoluzione mondiale.
Il gruppo di Barcellona della Sinistra Comunista Italiana
(dalla «Batalla», 11. XI. 1936)
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Peggio di San Pietro
Il Fronte Popolare, anarchici compresi, ha dato prova di una solidarietà commovente. Nel tagliar la corda e scappare a Valenza abbandonando il proletariato di Madrid alle prese con il fascismo cui la sua politica di tradimento ha permesso di concentrarsi contro la metropoli. A tale proposito è comparsa sulla stampa una noterella che, se non vera, gli è tuttavia verosimile. La carovana dei ministri –pardon! dei consiglieri- aveva appena lasciata la capitale, che si vide nel primo villaggio arrestata dai proletari che imprecando alla loro viltà li costrinse, puntando contro le mitragliatrici, a tornare indietro. Duemila anni fa, secondo la tradizione, San Pietro, il pastore del gregge cristiano, aveva lui pure abbandonato Roma mentre infuriava la persecuzione contro i cristiani. Ma bastò che sulla via Appia s’imbattesse con Gesù perché si inducesse a tornare indietro ad incontrar il martirio. Ma i nuovi pastori del popolo spagnolo sono tornati anch’essi addietro, ma per subito dopo sfilare a tutta velocità verso Valenza su una di quelle autostrade costruite da Primo De Rivera di cui Caballero era anche allora consigliere.
E non esitiamo ad affermare che come «consigliere» della dittatura la sua posizione era meno ripugnante che nella attuale veste di «consigliere» del governo del tradimento.
«Madrid non cadrà » assicura Largo Caballero dal suo sicuro asilo a Valenza.
Il fatto che sia possibile a ministri sedicenti «proletari» abbandonare i lavoratori in lotta e che, questo è peggio ancora, si trovino in Spagna e all’estero, chi li giustifichi è una prova inequivocabile del disorientamento e della dislocazione in cui è precipitato il proletariato internazionale e della vittoria che ha ottenuto la borghesia con l’appoggio diretto dei vecchi e dei nuovi traditori.
Sempre più nel fango
Il P.U.M. protesta… Vorrebbe collaborare più attivamente con la borghesia e questa non accetta i suoi servizi a Madrid. Vuole partecipare alla Giunta di difesa di cui fanno parte già i rappresentanti di tutti i partiti «antifascisti» cui il governo rimpastato di Caballero ha affidato l’incarico di difendere la città «fino alla fine» mentre lui se ne scappava a Valenza. Il P.O.U.M. protesta, vuole il suo posto tra i traditori che inchiodano gli operai in una tomba di acciaio. A che pro? Il posto del P.O.U.M. è già ben marcato in due dei suoi ultimi manifesti. Si è immerso nell’ignominia di un tradimento che non riesce a dissimulare con le sue frasi «trosckiste».
Poco dopo l’assalto dei social-centristi di Madrid al locale della gioventù comunista iberica il P.O.U.M. ha avuto il coraggio di lanciare un manifesto per salutare l’intervento della Russia in Ispagna e riconoscervi non l’intervento del capitalismo mondiale, ma l’aiuto del proletariato russo. Solo dei traditori possono accreditare la manovra della Russia che interviene con i suoi aeroplani e con i suoi tanks quando Caballero ha organizzato il suo esercito regolare e quando bisogna mantenere ad ogni costo gli operai sui fronti territoriali con la illusione che, malgrado tutto, lottino per il socialismo. L’intervento della Russia è dello stesso tipo dell’intervento dell’Italia, della Germania o della Francia; esso tende a distruggere il proletariato mantenendolo lontano dal suo cammino di classe ed attorno alla mistica capitalista dell’ «antifascismo». E l’ironia delle cose ha voluto che sia proprio la sezione del P.O.U.M. di Madrid che affaccia posizioni trotskiste a salutare il beccamorto sovietico ed accreditarlo fra gli operai.
Finalmente un’altra manifestazione deve essere ricordata. Il 4 novembre, nel momento in cui si tramava già con l’aiuto della C.N.T. la fuga di Caballero, a Madrid il P.O.U.M. lanciava un manifesto con la parola d’ordine «mobilitate e mobilitatevi!» Un solo obiettivo, una sola volontà e noi passeremo sul fascismo.
Neppure una parola per mettere in guardia gli operai contro la «quinta colonna» di Mola, quella dei Caballero che pugnalano gli operai e ne preparano il massacro. Fino alla vittoria e fino alla morte dirà il P.O.U.M. agli operai come la socialdemocrazia del 1914 diceva agli operai: fino all’ultimo uomo.
Ma l’impudenza di questi messeri va oltre. Per l’anniversario della rivoluzione russa, sotto l’egida di Companys, dell’ambasciata sovietica e dei partiti repubblicani e social-centristi e della C.N.T., sarà organizzata a Barcellona una manifestazione. All’inizio il P.O.U.M. non sarà invitato ed ecco il P.O.U.M. che protesta manifestando il desiderio di partecipare al corteo posto sotto l’egida dei fucilatori di Mosca che il P.O.U.M. aveva denunciato, sia pur timidamente, due mesi avanti. Ma i tempi sono passati e il P.O.U.M. è divenuto un partito governamentale a Barcellona. E la borghesia che sa apprezzare i suoi servitori ha accolto la richiesta del P.O.U.M. e gli ha permesso di partecipare accanto alla C.N.T. e alla F.A.I. ad un corteo che fu tutto un insulto agli assassinati e a tutti quelli che gemono nelle galere sovietiche. Il P.O.U.M. può essere contento: può figurare nei cortei capitalisti mostrando di essere ben degno di collaborare con la borghesia. E se per caso la C.N.T. od i social-centristi lo trascurassero in qualche manovra tendente a strangolare sempre più gli operai, a opporre lo sbarramento delle «consegne sindacali» a proletari delle officine che non possono più lottare per le loro rivendicazioni, esigere il pagamento delle ore supplementari e che devono lavorare «più che avanti il 19 luglio» per vincere la guerra «antifascista», basterà al P.O.U.M. di protestare ancora una volta perché gli sia rilasciato il posto che gli compete nella funzione controrivoluzionaria.
Però i dirigenti del P.O.U.M. non si facciano illusioni che se sarà facile domani per loro tornare a formulazioni radicali e alla demagogia rivoluzionaria, non sarà così facile per essi far dimenticare il loro tradimento. Questo partito, fratello degenere del massimalismo che gli operai italiani conoscono bene e che ha loro costato sì caro, può elaborare a iosa risoluzioni internazionali per rabberciare i brandelli del Bureau di Londra financo gabellandosi di nuova internazionale. I lavoratori di tutti i paesi però non si lasceranno ingannare e si allontaneranno abbandonando nel brago il P.O.U.M. ed i suoi alleati.
Le iene fasciste all’opera
Gli avvenimenti di Spagna precipitano. La belva fascista infierisce quanto più il successo finale si approssima. Per spezzare l’eroica resistenza dei proletari di Madrid, Franco impiega spietatamente tutti i mezzi di distruzione. Lui fa la guerra sul serio. I generali spagnoli mietono sulle donne e i fanciulli quegli allori che non li hanno conseguiti né a Cuba, alle Filippine e nel Marocco. Bombe incendiarie, gas asfissianti «fanno meraviglie». Madrid avvampa in un immenso rogo in cui sono gettati sempre più numerosi gli operai di Madrid, di Barcellona… I massacri di Badajoz, di Irun, di Rio Tinto impallidiscono di fronte a questo olocausto. Ed il proletariato mondiale assiste allibito ed impotente a questo spaventoso macello dei suoi fratelli di classe spagnoli, chiede anzi, alle proprie borghesie, un più attivo intervento nella direzione cioè del più generale massacro nel conflitto mondiale di cui esso proletariato ancora una volta è destinato farne le spese.
I governi infine di Roma e di Berlino riconoscono «de jure» il governo di Burgos e Mussolini e Hitler salutano in Franco un «maestro» finora insuperato, il più valido difensore, con metodi fascisti, del regime capitalistico.
PROMETEO anno VIII n. 139 22 novembre 1936