Prometeo, n. 135, 29 agosto 1936
Inseriamo ora tre scritti dal n. 135 del 29 agosto 1936 di Prometeo che riguardano: il primo la situazione internazionale e gli avvenimenti spagnoli, il secondo una breve nota sulla morte dell' anarchico Ascaso compagno di milizia di Durruti ed il terzo il primo processo di Mosca contro la vecchia guardia bolscevica. Li abbiamo uniti perché ci forniscono una significativa immagine di quello squarcio del 1936.
Nello stesso numero di Prometeo altri articoli sono dedicati alla Spagna e li riprodurremo anch'essi prossimamente.
Spesso certi vocaboli usati o certe espressioni impiegate lasciano, da un punto di vista grammaticale, un poco a desiderare, ma le abbiamo lasciate, correggendo solo gli errori grammaticali evidenti: il giornale era stampato in Belgio, in italiano, non da intellettuali antifascisti ma da proletari comunisti.
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La situazione internazionale e
gli avvenimenti in Spagna
La lotta sociale oggi in Spagna rappresenta essa un’ondata mondiale di battaglie proletarie o accelererà invece il corso del capitalismo verso il precipizio della guerra [?].
Noi non siamo dei profeti e la situazione attuale lascia ancora queste eventualità in sospeso. Per il momento è evidente che la guerra civile in Spagna continua su un piano molto più vasto l’ondata di scioperi di Francia e del Belgio, pur essendo una conseguenza dei contrasti di classe messi a nudo da sei mesi di governo del Fronte Popolare.
D’altra parte, essa si determina pure in un periodo in cui il capitalismo tendeva a trovare provvisoriamente uno sbocco pacifico ai contrasti che lo dilaniano (Conferenze di Montreaux, di Londra a tre, scambio di Note tra le potenze locarniane).
Ciò perché il capitalismo internazionale è preso tra due contrasti: da una parte, il suo timore di una guerra che cerca di procrastinare e che può scatenare la rivoluzione proletaria, d’altra parte, la necessità di canalizzare verso i fronti nazionali questi contrasti di classe che si manifestano nei vari paesi e che minacciano di provocare un assalto mondiale del proletariato.
La Spagna ci permette di distinguere chiaramente questi due elementi e nel tempo stesso mettere in luce la posizione della nostra frazione.
Alla stessa stregua che la borghesia tenta di localizzare i conflitti interimperialisti per evitare l’incendio generale, essa tenta di localizzare nelle frontiere di ogni paese i conati di classe del proletariato. Per questo esiste un solo sistema: trasformare la lotta di classe in una battaglia tra due forme di dominazione capitalista – la democrazia ed il fascismo – per poter aizzare al fuoco di queste battaglie l’operaio francese contro l’operaio tedesco in nome della difesa del rispettivo capitalismo. Poiché il capitalismo mondiale presentisce che lo scotto del suo tentativo di evitare il baratro della guerra sarà lo scatenarsi di potenti movimenti di classe, non può che tentare di circoscrivere le rivolte operaie nell’ingranamento di queste due forme di dominazione che simultaneamente si sforzeranno di soffocare lo spirito di classe del proletariato.
Attorno alla Spagna si erge oggi il capitalismo mondiale, sia esso democratico, fascista o sovietico, per impedire che la lotta armata dei proletari superi i quadri borghesi della lotta tra la democrazia ed il fascismo e diventi con ciò il segnale di una battaglia mondiale e di classe degli sfruttati.. Ma ciò non è possibile che facendo della Spagna un episodio della mobilitazione della guerra e così è provato un’altra volta che il capitalismo non può opporsi alle rivolte di classe che potrebbero dirigersi verso la rivoluzione, che incamminandosi a tutta velocità verso il suo sbocco specifico; il massacro fratricida dei proletari sui campi di battaglia.
Dalla Francia alla Germania, passando per la Russia, tutti sono uniti per far massacrare gli operai di Spagna attorno alle bandiere borghesi. Ed in tutti i paesi i tentativi dei proletari di volare in soccorso del proletariato spagnolo sono trasformati in un movimento di sostegno dei regimi democratici contro i regimi fascisti, o inversamente. Gli operai francesi sono arrivati a domandare a Blum velivoli per la Spagna. Gli operai tedeschi sono mobilitati contro la perquisizione di navi tedesche da parte della flotta del governo di Madrid e la forma più alta di solidarietà con gli operai spagnoli diviene la partenza di contingenti operai per i colli di Guadarrama e non più lo scatenamento della lotta di classe per il rovesciamento della propria borghesia.
Sarebbe profondamente errato ricercare in considerazioni, a nostro avviso più che secondarie, le ragioni dell’appoggio di Franco da parte della Germania e dell’Italia e di Giral dalla Francia e dall’Inghilterra. Il problema non è di sapere se i paesi fascisti si installeranno sul mediterraneo con la vittoria dei ribelli e neppure dire che una vittoria di Franco significherebbe il principio della fine per le superstiti democrazie occidentali.
È chiaro che la posizione di questi differenti stati si ispira da una netta considerazione di classe: impedire al proletariato spagnolo di ritrovarsi sul suo terreno di classe e scatenare la sua battaglia sul fronte internazionale.
Perché non dobbiamo dimenticare che la Francia democratica e repubblicana di Deladier e di Herriot non ha mai avuto migliori rapporti con la Spagna che all’epoca di Primo de Rivera e non è per nulla detto che una vittoria dei generali dovesse senz’altro significare la fine della politica tradizionale della borghesia spagnola. In Francia la borghesia lo comprende perfettamente e ciò si esprime con le posizioni rispettive della destra e della sinistra che sposano la causa di Franco e di Giral. Così il proletariato francese non potrà esprimere la sua solidarietà internazionale che sul fronte dell’antifascismo repubblicano e per aiutare gli operai spagnoli dovrà cominciare col sostenere Blum. Così la Germania e l’Italia interverranno attivamente in Spagna per dirigere la commozione che gli avvenimenti spagnoli potrebbero suscitare fra i loro sfruttati verso una accentuazione della lotta degli Stati fascisti contro il terrore delle democrazie.
Ma l’ampiezza della guerra civile in Spagna, le sue paurose incognite, hanno fatto comprendere al capitalismo che dallo sviluppo della lotta tra democrazia e fascismo potrebbe nascere una minaccia di guerra imperialista mondiale. Poiché il suo obiettivo è unicamente di ottenere lo schiantamento del proletariato spagnolo, tenterà dunque di circoscrivere il terreno del massacro alla sola penisola iberica, e a tale fine è Blum che prenderà l’iniziativa del non intervento e dell’embargo sulle armi destinate alla Spagna.
La manovra del capitalismo è evidente: ottenere lo schiacciamento totale degli operai di Spagna ed impedire che le ripercussioni di questi avvenimenti sbocchino immediatamente nella guerra.
L’embargo sulle armi potrà sempre far tirare per le lunghe la soluzione della guerra civile e determinare così il più grande massacro di operai, mentre rappresenterà una formula di rappacificazione internazionale. Tutto sta a vedere se il capitalismo potrà contenere l’effervescenza dei lavoratori e se questo elemento primordiale non gli forzerà invece la mano. A tale riguardo appaiono di già due elementi importanti. In Francia il P.C. si è fatto banditore dell’intervento in nome degli interessi della Francia che deve salvaguardare le vie marittime del suo impero coloniale. Per esso l’unica soluzione sarebbe la crociata armata della democrazia contro Franco, Mussolini ed Hitler: la guerra ad ogni costo. Per la Germania, il caso del “Kartum” è significativo e prova che questo imperialismo vuole profittare della guerra civile in Spagna per ottenere una ripartizione del mondo di cui possa beneficiare. Le misure d’intervento navale tedesco sono dunque in funzione di una situazione internazionale in cui si agita il vessillo della democrazia contro il fascismo per soffocare le rivolte di classe dei lavoratori.
Ed è logico, dal punto di vista capitalista, che il Reich intenda profittare di queste circostanze e tenti di ottenere vantaggi allo stesso modo che l’Italia in Abissinia, tanto più che il fronte popolare francese gli permette di appellarsi ai suoi sfruttati contro la bellicosità delle democrazie.
In definitiva, per noi è più che evidente che le sole ripercussioni degli avvenimenti di Spagna devono essere una accentuazione della lotta di classe in tutti i paesi.
Ecco l’unico modo di aiutare gli operai spagnoli a ritrovare le loro frontiere di classe e di fare del loro magnifico eroismo leva per la rivoluzione comunista mondiale.
Noi non lottiamo per chiedere armi a Blum, in nome della difesa della democrazia minacciata dal fascismo. Ma abbiamo per compito di attenuare la pressione sanguinaria del capitalismo mondiale attorno alla Spagna. Per questo non vi sono che i mezzi di classe. Scioperi di solidarietà contro la propria borghesia; scioperi rivendicativi che saranno tanti passi in avanti di appoggio fattivo alla lotta in Spagna. E ciascuno di questi passi varrà enormemente di più delle vittorie militari ottenute dal Fronte Popolare con l’ausilio delle democrazie occidentali. Noi dobbiamo stornare l’attenzione degli operai dalla difesa dei colli del Guaderrama o di San Sebastiano per spingerli alla lotta contro la propria borghesia, tanto che sia espressa dal Fronte Popolare che dal “fascismo”.
Così solamente concorreremo ad impedire e lo schiacciamento degli operai spagnoli e che gli avvenimenti odierni diventino segnale di una nuova guerra mondiale, perché avremo indicato al proletariato mondiale la via della rivoluzione comunista in tutti i paesi.
Francesco Ascaso
Francisco Ascaso, uno dei dirigenti Anarchici di Spagna, è caduto il 19 luglio 1936 alla testa del gruppo di rivoluzionari che attaccavano eroicamente i militari trincerati nella caserma di “Atazanas”.
Qualunque possa essere il nostro apprezzamento sulla funzione dell’anarco-sindacalismo in Spagna, salutiamo commossi la fine di questo militante rivoluzionario, la cui vita, tutta consacrata alla causa del movimento proletario, resterà un esempio mirabile per tutti quelli che lottano per la causa della rivoluzione.
Francisco Ascano era nato nel 1901 ad Almadevar nella provincia di Huesca. Fin dalla gioventù partecipò al movimento anarchico. Minacciato della pena di morte nel 1923, riparò all’estero dove contro di lui [si scatenò] una vera caccia all’uomo delle polizie dell’America del Sud, di Francia e di Germania. Fu anche in Belgio. Gli avvenimenti del 1931 gli permisero di rientrare in Spagna dove riprese il suo posto di lotta.
L'orgia di sangue del centrismo
Le esecuzioni di Mosca
Nell'istante in cui in Spagna i proletari si fanno scannare dalle forze coalizzate del capitalismo, i boia centristi hanno condotto a termine un processo mostruoso che non rappresenta che una nuova garanzia di fedeltà alla borghesia internazionale.
Vecchi militanti bolscevichi sono tradotti in giudizio e stanno per espiare il crimine d' esser ancora in vita e di avere, anni or sono, manifestata una più che blanda opposizione al centrismo. Si tratta di Zinovief, di Kamenief, dei loro antichi partigiani cui si sono, all'ultimo momento, associati un certo numero di destri come Bukharin, Rikof e Tomsky.
L'atto di accusa è una sinistra storia da romanza giallo d'appendice, senza capo né coda in cui si tirano in ballo la Gestapo, i centri terroristi (!) ispirati da Trotzky, allo scopo di uccidere Stalin, Vorochilof e simili manigoldi.
E tale infame commedia che minaccia avere un sanguinoso epilogo si svolge a Mosca in un nauseabondo ambiente. Gli imputati confessano tutto quanto si vuole loro fare confessare.
Recitano il «mea culpa», osannano ai trionfi della industrializzazione, danno particolari che li fanno puzzare da agenti provocatori della Ghepeu. Zinovief, Kamenief sono nuovamente obbligati a curvarsi nel fango per cercar di salvar la pelle. Ed in definitiva ci si domanda perché la canaglia centrista s'accanisce contro uomini che non sono più che cadaveri politici. Perché prendersela con militanti che sono assolutamente inoffensivi per la loro personale sicurezza e che sono forzatamente impossibilitati di agire ed ancor meno di fomentar complotti terroristici? D'altra parte, la burocrazia centrista prende gli operai per dei perfetti imbecilli che possano prestar fede alle storie rocambolesche montate da agenti provocatori sovietici che metterebbero in contatto Trotsky colla Gestapo.
Ma tutto ciò diviene di una luminosa chiarezza quando si sa che la Russia Sovietica ha oggi il suo posto fissato sul fronte della repressione capitalistica contro il proletariato mondiale. Non ha consegnato Petrini alla polizia fascista? Non sequestra Calligaris in Siberia? Non perseguita gli operai internazionalisti? A migliaia e migliaia non gemono i proletari nelle galere e campi di concentrazione sovietici? E quanti se ne sono di già assassinati sotto la bandiera truffaldina della costruzione del «socialismo»?
Alla stessa stregua dei paesi dove infierisce il terrore fascista, la repressione sovietica deve seguire il suo cammino logico e colpire tutto ciò che potrebbe ricordare un passato che oggi si rinnega. Quando Mussolini o Hitler colpiscono, fino con il plotone di esecuzione o la scure del carnefice, militanti colpevoli di attività proletaria nel passato, quando gettano nelle prigioni operai che emettono un sia pur timido balbuziamento di classe non è tanto perché essi rappresentino oggi un pericolo diretto contro il loro sanguinario regime quanto perché i contrasti della loro società borghese esigono di ficcare sempre più profondo il ferro arroventato nelle carni del proletariato.
Stalin segue oggi lo stesso cammino. la piaga del proletariato russo s'allarga sempre più sotto il peso di una repressione che trova le sue radici nei contrasti di classe che rodono la dominazione centrista. Ed il ferro dei carnefici sovietici vuol andar in fondo: annientare tutte le vestigie umane che ricordano l'epoca passata e la cui sola presenza, anche se si tratti di rottami, potrebbe determinare delle energie proletarie e staccarsi dal centrismo.
Certo la Stato sovietico dispone di galere sufficienti per chi osasse tornare alla lotta di classe, ma ciò non gli basta. Necessita in un periodo in cui il capitalismo mondiale domanda la partecipazione della Russia al massacro degli operai spagnoli di sbarazzarsi di una folla di militanti il cui solo crimine è d'avere manifestato una opposizione, sia pur opportunista e confusa, anni or sono, che vivevano completamente al di fuori di qualsiasi attività. D'altra parte, si sa che si può bene assassinare Zinovief, Kamenief, Smirnof e altri ancora quando l'attenzione degli operai è rivolta alla Spagna.
E contro il 3° Reich che sfrutta la guerra civile spagnola per scatenare una campagna antisovietica, Mosca risponderà sfruttando il processo Zinovief Kamenief per «provare» l'accordo della Gestapo di Hitler con questi e con Trotzky naturalmente.
Contro Trotzky la campagna del centrismo non ha che un significato: reclamare la sua vita al capitalismo.
Forse vedremo domani lo Stato sovietico reclamare l'estradizione di Trotzky allo scopo di giudicarlo, conforme la decisione presa, dal Tribunale speciale di Mosca. Già in Norvegia è inscenata una campagna di stampa contro di lui, la cui dimora è stata svaligiata dai nazisti indigeni.
Gli operai di tutto il mondo debbono elevarsi per strappar dalle mani dei boia sovietici Zinovief, Kamenief e i loro compagni, dei quali non condividiamo certo le opinioni politiche ma coi quali ci sentiamo solidali quando il centrismo vuole condurli al macello legale come nuovo scotto pagato al capitalismo mondiale.
I proletari prenderanno al tempo stesso energicamente la difesa di Trotzky contro la coalizione ignobile dello Stato sovietico colle borghesie di tutti i paesi.
N.B. Il processo di Mosca è terminato, mentre andiamo in macchina, coll'esecuzione dei sedici imputati. Questo spaventoso delitto dei boia centristi non può restare impunito. Il proletariato mondiale tutto deve elevarsi contro i degni emuli di Mussolini, di Hitler e degli altri assassini «democratici» del capitalismo.
Zinovief, Kamenief, Smirnof cadono - dopo quanti! -, malgrado i loro sforzi disperati di salvar la vita con dichiarazioni politiche e «confessioni» imposte dal centrismo.
Salutiamo questi militanti che al fianco di Lenin hanno lottato per il trionfo della rivoluzione mondiale. Ma le circostanze del loro assassinio debbono essere un avvertimento supremo per i rivoluzionari tutti: tra il centrismo ed il proletariato mondiale la lotta deve essere a fondo, senza pietà come tra la classe operaia e tutti gli altri agenti del capitalismo. Quest'ultimo può oggi gioire che la sua feroce repressione trova riscontro in Russia.
Stalin non ha più da ricever lezioni da Mussolini o da Hitler e li supera anzi: il fascismo uccide i proletari comunisti ma non li trascina avanti in tregende politiche dove si promette loro la grazia a condizione di fare dichiarazioni di pentimento. Mussolini ed Hitler uccidono in nome degli interessi del capitalismo, ma Stalin copre i suoi crimini colla bandiera della costruzione del «socialismo».
Dappertutto s'eleva una protesta veemente contro l'infame macello dei carnefici moscoviti. Che il sangue di Zinovief, di Kamenief, di Smirnof marchi d'infamia il centrismo che pagherà questo e tutti gli altri misfatti quando il proletariato saprà distruggere il regime capitalista e quello russo.
Li vendicheremo, come vendicheremo i delitti della borghesia.
E il proletariato mondiale considererà che Zinovief e Kamenief che pagano col loro sangue un nuovo scotto al capitalismo per conto dei lavoratori di tutti i paesi, hanno ripreso così il loro posto sul terreno su cui lotta il proletariato per la rivoluzione comunista.
Prometeo n. 135, 29 agosto 1936