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archivio > Archivio sulla sinistra>Lo storico del nazionalcomunismo (battaglia comunista, n. 3. 1-15 febbraio 1947)

aggiornato al: 06/08/2008

battaglia comunista, n. 3, 1-15 febbraio 1947

Di Giulio Trevisani (1890-1969) abbiamo già parlato nel sito presentando la  voce che fece su «bordighismo» nella « piccola enciclopedia del socialismo e del comunismo».

Lo definimmo allora,  in modo appropriato, ci sembra, "gazzettiere dello stalinismo".

Riproponiamo ora su di lui un articolo che gli dedicò più di sessanta anni fa  il nostro giornale di allora che già dimostrava di conoscere bene il soggetto.

 

Lo storico del nazionalcomunismo

 

Lo aspettavamo con una certa curiosità. Pensavamo: eppure non c'è stato nella storia periodo di decadenza profonda da cui non sia germinata questa nefasta genia di storici il cui compito è sempre consistito nel ridurre il complesso e contraddittorio corso degli accadimenti umani, i suoi contrasti più profondi e violenti, i motivi stessi di una ascesa o di un arretramento, in una parola la dialettica della storia che è in questo procedere innanzi per urti, ad un misero panorama da vecchia scolastica per la quale il mondo è diviso tra monarca e sudditi, tra santi e reprobi, tra chi non sbaglia mai e chi deve sempre sbagliare. Ci sembrava che questo nostro tempo di piatto conformismo fosse terreno propizio.

Il Sacro Impero ebbe storici di questo tipo; li ebbe il secondo Napoleone; non ne ha fatto difetto il regime di Mussolini e tanto meno quello di Stalin.

Poteva mancare all'epoca centrista, all'epoca cioè della sottile tattica del tradimento e delle schiene flessibilissime, uno storico degno di tanta missione? E questi è apparso col volto e con l'anima di Tecoppa, la furfantesca maschera meneghina, anche se sulle colonne dell' «Unità» va sotto il nome di Giulio Trevisani. E lo abbiamo seguito allorché ha dovuto per i suoi padroni prender in esame la scissione di Livorno, l'episodio certo più significativo e più ricco di motivi di classe della storia politica del proletariato italiano.

Nella fase ancora montante della lotta di classe  nessuno aveva osato deformare le idee, i programmi e l'attività dei vari raggruppamenti politici operanti nel seno del vecchio Partito Socialista; soprattutto nessuno si era permessa l'insolente audacia d'invertire i termini di dati di fatto acquisiti ormai alla coscienza storica del proletariato. Quando però la sconfitta delle forze operaie aveva reso possibili il fascismo e la guerra creando così la premessa per l'affermazione dell'opportunismo controrivoluzionario sorto dal seno stesso del moto proletario, bisognava «correggere» Livorno con una edizione più adatta al clima dell'Italia democratica e alla preparazione dei comunisti della nuova generazione nata nel regime duro della dittatura mussoliniana ed educata alla scuola del regime.

Ed ecco Tecoppa sudar quattro camicie per attribuire a Gramsci ciò che era stato universalmente  attribuito a Bordiga, o meglio per attribuire al povero Gramsci, caduto sul fronte della lotta antifascista, meriti che egli non si era mai onestamente riconosciuti sol perchè essi servono oggi egregiamente al prestigio di chi, sottrattosi alla bufera del fascismo e della guerra, si è saputo conservare alle gioie politiche ed economiche, comunque senza rischio alcuno, della democrazia progressiva.

Così secondo questo rifacimento storico della scissione di Livorno e della formazione del P.C.I.  i «tollerati» di allora divengono ad un tratto gli artefici provvidenziali; e il ruolo preminente giocato dalla Frazione astensionista e sul piano ideologico e su quello organizzativo viene attribuito al gruppo torinese dell' «Ordine Nuovo» che in piena crisi rivoluzionaria non aveva saputo neppure metter fuori la testa dal proprio guscio di cenacolo, composto da qualche intellettuale credente nel verbo del più vario idealismo.

Da una parte i figli prediletti del Signore, gli ordinovisti, i predestinati, i chiamati a conservare al proletariato italiano le delizie della patria capitalista e borghese; dall'altra i bordighisti, i reprobi, i qualunquisti in potenza, i dannati a rodersi in eterno l'anima con l'idea fissa della rivoluzione proletaria.

Ed è comprensibile nella fase storica del declino capitalista, del profondo deflusso sociale e dello sbandamento delle masse operaie solo alla facile e truffaldina furberia dei Tecoppa spetta la parola; ma alla ripresa della lotta proletaria e al marxismo rivoluzionario spetterà però di ributtare tanto trista mediocrità tra il pattume della storia.

 

battaglia comunista, n. 3, 1-15- febbraio 1947