Cerca nel sito



 


archivio > Novita'>A quando un Primo Maggio dei lavoratori? ("Sul filo rosso del tempo" -Schio- 1.5.2013)

aggiornato al: 26/04/2013

Sul filo rosso del tempo - Schio - 1.5.2013
Un bel volantino per il I° Maggio che proponiamo con un certo anticipo perché sia diffuso e riproposto tenendo alta la voce del comunismo.
 
A quando un Primo Maggio dei lavoratori?
 
Non abbiamo particolari propensioni per le ricorrenze solenni, per le celebrazioni a data fissa. Il movimento proletario è fatto di lavoro oscuro, impersonale e quotidiano, non di esibizioni saltuarie e di parate. E tuttavia, ogni anno lo spettacolo del rosso Primo Maggio vestito in tricolore e avvolto in nuvole d'incenso ci fa rimescolare il sangue. Scrivevamo in un volantino del 1957:
“I cinque operai impiccati a Chicago combatterono nel maggio 1886 e caddero in una lotta che non conosceva frontiere; il loro sacrificio non appartiene ad un proletariato nazionale, meno che mai ad una "nazione", ma al proletariato di tutti i Paesi. Erano membri attivi di un'organizzazione rivoluzionaria, ideologicamente ancora gracile ma genuinamente e gagliardamente classista, erano antiriformisti ed antischedaioli. Non si appellavano a costituzioni solenni o a codici scritti e non scritti; sapevano di violarli, sapevano di essere i bersagli dei loro articoli capestro. Rappresentavano ottantamila scioperanti che per quattro giorni tennero in scacco l'apparato di difesa della classe dominante; non marciavano alla testa di cortei che mescolavano operai e bottegai, braccianti ed usurai o sbirri. Penzolarono dalle forche non del fascismo ma della democrazia, sono stati i simboli di una società irrimediabilmente divisa in classi antagoniste, non di una ipotetica nazione unita in blocco nel rispetto della legge o dei precetti cristiani. Il Primo Maggio fu scelto dal movimento proletario internazionale in loro onore, e a monito della solidarietà internazionale dei lavoratori contro il Capitale; la sua bandiera fu rossa dovunque, contro i mille colori degli stendardi dei detentori di una patria, venerata e coccolata come i conti in banca, e pronta a farli scannare in una nuova guerra. Una genia di traditori scende oggi nelle piazze a celebrare un Primo Maggio patriottico, costituzionale, democratico, legalitario, interclassista e bacchettone, fra messe e fanfare nazionali, fra genuflessioni e abbracci; intona l'Inno di Mameli a maggior gloria dell'infame società cui diedero l’assalto i comunardi di Parigi, i martiri di Chicago, gli operai in tuta o i marinai in casacca di Berlino e di Pietroburgo, e che rispose loro col piombo e con la forca: il Primo Maggio di Giuda”.
La classe dominante pretende e pretende ancor più oggi il controllo totale sulle vite dei dominati. Non contenta, intreccia sulle loro teste la sua macabra danza rituale che chiama festa del lavoro, con le autorità politiche e sindacali sui palchi pronte ad inneggiare ai nuovi sacrifici; pronte a ripetere le stucchevoli esortazioni affinché i lavoratori trangugino l’amara medicina della precarietà, della disoccupazione e del lavoro sottopagato. Cercano disperatamente di fare in modo che, attraverso un maggiore saggio di sfruttamento del lavoro, si realizzi il miracolo di un’impennata del saggio di profitto. Tutto, pur di far ripartire l’accumulazione capitalistica.
Questo Primo Maggio 2013 coincide con l’arrivo d’ulteriori legnate alle condizioni di vita dei lavoratori e, quindi, il festeggiato dal meccanismo sociale dominante non è altro che il proletario, destinato ad una caduta senza fine dentro la ‘festa’ infernale a base di sfruttamento e precarietà estrema preparatagli dall’economia capitalistica. In questo quadro sociale di diffuso peggioramento della vita dei proletari, si distingue la funzione di supporto sostanziale e formale dei sindacati tricolore ai dettami dell’economia capitalistica e al dominio di classe della borghesia. E’ inevitabile notare come i sindacati ufficiali stiano intensificando - senza nessuna finzione - gli inviti alla “gestione comune della crisi”, cioè alla collaborazione di classe fra sfruttati e sfruttatori, raccontando la solita miserevole favola sulla necessità di fare sacrifici in vista di un vantaggio futuro.
Nonostante le parole dei politici sulla fine delle differenze tra le classi (siamo tutti sulla stessa barca), nel XXI secolo la lotta di classe è viva e vegeta e l’iniziativa, al momento, è nelle mani dei padroni. L’offensiva borghese colpisce i lavoratori, i disoccupati e i sottoccupati, gli immigrati, i precari, le donne, mentre la gran parte del proletariato e dei lavoratori, invece di combattere il meccanismo sociale che la condanna ad un lavoro che non c’è più, si incatena o protesta inutilmente per il “privilegio” di lavorare, condannandosi così a rimanere schiacciata dentro quelle istituzioni che hanno lo scopo di perpetuare la sua vita miserabile di sfruttamento e povertà crescente.
Invece di scendere ad inutili compromessi col mostro capitalista, è arrivata l’ora di combatterlo; è arrivata l’ora di fare della lotta una realtà quotidiana.
Noi dobbiamo riappropriarci dell’arma dello sciopero e poi, in ragione della nostra forza numerica, iniziare a spezzare la gabbia sociale dominante dello sfruttamento.
La classe lavoratrice è ancora divisa e frammentata: tra immigrati e nativi, tra giovani e vecchi, tra Nord e Sud, tra settore privato e settore pubblico; e inoltre dai confini nazionali, di razza, di lingua, di religione, di colore, di educazione e di fabbrica. Ma sono i lavoratori salariati di ogni condizione che subiscono di più la crisi e così, tra i resti straziati di una civiltà in decomposizione, difesa soltanto da squallidi mercenari inglobati nell’apparato politicosindacalee poliziesco dello stato borghese, erompono i primi conflitti sociali fra sfruttati e sfruttatori, i primi segnali di un’insubordinazione sociale potenzialmente ampia e pericolosa.
L’anno appena trascorso ha visto segni di speranza per la rinascita di un movimento operaio classista. Il primo Maggio del 2012 c’è stata la più grande celebrazione della Giornata Internazionale dei Lavoratori, con la chiamata allo sciopero generale condiviso dai lavoratori in centinaia di città nel mondo. Da allora abbiamo assistito alla crescita della resistenza della classe operaia con un deciso profilo di organizzazione dentro e fuori le strutture sindacali tradizionali, con il più grande sciopero della storia in India, i continui scioperi selvaggi in Cina, gli scioperi generali contro l’austerità in Europa, Nord Africa e Usa. Anche in Italia, una grande mobilitazione ha avuto come protagonisti diretti i lavoratori della logistica in una corale lotta di classe per la riconquista della dignità e dei diritti nei posti di lavoro. Una lotta caratterizzata da decine di blocchi e da tantissime astensioni dal lavoro che ha provocato un ingente danno economico alle committenze e alle cooperative responsabili di moderne forme di schiavismo, di ricatti mafiosi dei caporali, di connivenze con istituzioni e con sindacati venduti . Un’ importante prova e un importante segnale di grande compattezza e di grandissima solidarietà tra lavoratori del settore: una solidarietà reale nella quale gli uni si sono mossi a sostegno degli altri.
I lavoratori che cominciano ad organizzarsi ed a lottare a partire dai luoghi di lavoro è fondamentale che portino la lotta nelle strade e nelle piazze. Occorre usare strumenti e metodi di lotta che diano soluzioni immediate per quelle comunità colpite dalla disoccupazione, dal peggioramento delle condizioni di lavoro, dai tagli alla spesa pubblica e dalla continua azione repressiva della polizia e delle milizie private dei padroni. È necessaria un’azione che vada al di là della semplice sostituzione dei governanti, o del pietire elemosine sociali: un’azione che imprima al movimento una nuova direzione, che riconosca la necessità di trovare modi di provvedere ai nostri bisogni che superino le forme di assistenza statale. La caduta nel girone infernale della miseria estrema e dello sfruttamento intensivo della forza lavoro non è destinata ad interrompersi Se il proletariato vuole difendere la sua nuda esistenza, giunti a questo punto, può solo organizzarsi e lottare su alcune parole d’ordine basilari come il salario integrale a tutti coloro che hanno perso il lavoro, o che non hanno un lavoro, forti aumenti salariali (maggiori per le categorie sottopagate) e una riduzione generalizzata dell’orario di lavoro a parità di salario.
Noi dobbiamo ricominciare a lottare per difendere le nostre condizioni di vita e di lavoro perché non ci sarà nessuna speranza di vittoria, se non inizieremo a combattere per noi stessi, rivendicando i mezzi di sussistenza elementari dei quali ogni giorno continuiamo ad essere espropriati.
Tornerà il Primo Maggio proletario: sarà il giorno non della grande capitolazione, ma della grande sfida.
 
Partito Comunista Internazionale
(sul filo rosso del tempo)
Sede: via Porta di Sotto n.43, Schio (VI) – aperta il sabato dalle ore 16.00 alle 19.00
E-mail: sinistracomunistaint@libero.it
Sito internet: www.sinistracomunistainternazionale.it