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archivio > Articoli su Bordiga>Bruno Miserendino, Chiedo più rispetto per Amadeo (L'Unità, 24 luglio 1990)

aggiornato al: 22/11/2007

L'Unità 24 luglio 1990

Come avevamo anticipato pubblichiamo (sempre da «L'Unità» del 24 luglio 1990) quella che ci pare l'unica intervista rilasciata da Antonietta De Meo, seconda moglie di Amadeo Bordiga.

Prima moglie di Bordiga era stata la sorella di Antonietta, Ortensia De Meo che sposò Bordiga il 9 gennaio 1914, gli diede due figli (Alma e Oreste) e morì il 7 aprile del 1955.

Antonietta sposò Bordiga nel 1965 dieci anni dopo la morte della sorella e gli fu vicina nell'ultimo periodo passato da Bordiga a Formia; gli sopravvisse per più di venti anni (morì infatti a Formia l'11 dicembre del 1994).

 

 

«Chiedo più rispetto per Amadeo»

 

Una conversazione con la moglie di Bordiga, Antonietta De Meo: l'amicizia con Gramsci, il confino ed il difficile rapporto con Palmiro Togliatti

 

Amadeo Bordiga: un leninista duro e intransigente, un protagonista della scissione di Livorno, l'antiliberale per eccellenza. Ma anche un comunista che, isolato politicamente ed espulso dal partito, rimane, ricambiato, in rapporti di amicizia con Gramsci, passando poi gli ultimi 40 anni della sua vita in dignitoso silenzio, circondato dall'oblio. A volte l'oblio, soprattutto a cavallo dell'ultima guerra, fu rotto per dire cose poco piacevoli sul suo conto. Ci furono accuse pesanti da parte di Togliatti, sia pure rettificate in seguito, a cui lui oppose solo il silenzio. Le voci, le critiche, le accuse di quegli anni le ricorda ancora non senza amarezza la vedova di Bordiga, la signora Antonietta De Meo, anziana ma lucida custode dell'immagine del marito.

La donna vive a Formia in una casa sul mare proprio accanto a quella che abitò con Amadeo, circondata solo di ricordi e dell'affetto di qualche amico di famiglia. «Si, ne hanno dette tante sul suo conto -afferma subito- ma lui, Amadeo, lasciava fare, non dava peso a quelle cose. Era amareggiato, ma superiore. E comunque è passato tanto di quel tempo...».

Di Bordiga, laureato in ingegneria, si disse che viveva agiatamente, anche in tempi di duri sacrifici, soprattutto per i comunisti. E in qualche biografia giornalistica si è scritto perfino che dopo la guerra fece il costruttore. Tra le tante, forse è questa la diceria che amareggia di più la vedova di Bordiga. «Non è vero niente -ricorda- Amadeo era un bravo ingegnere, espulso dall'ordine per motivi politici. Ha vissuto facendo progetti che gli firmavano gli altri. Anche i preti lo cercavano perchè sapevano che era bravo e onesto. Insomma si è arrangiato, facendo lavoretti, altro che ricco. In guerra abbiamo fatto la fame, mangiavamo carrube; quando c'erano i tedeschi abbiamo vissuto in una specie di grotta. Eppure c'è perfino chi ha detto che era una spia fascista. Amadeo è morto povero, questa è la verità».

Ma che cosa diceva Bordiga dei suoi ex compagni di partito? «Niente. So solo che lui e Gramsci si stimavano e si scrivevano. Sono stati insieme a Ustica, qui a Formia erano separati ma s'incontravano. Gramsci passeggiava la mattina proprio qui vicino. Erano tutti e due controllati, avevano i carabinieri alle calcagna. E quindi un saluto e via, ciao Antonio, ciao Amadeo. Quando Gramsci morì gli dispiacque molto, c'era amicizia tra di loro. Politicamente si erano divisi, ma si comprendevano e non c'era astio» E Togliatti? La signora De Meo sospira: «Togliatti era quello che era. Bordiga era comprensivo».

E di Stalin, dell'Urss dei terribili anni trenta, parlava in famiglia Bordiga? «Poco, non ricordo molto» - dice la signora De Meo. Poi sospira di nuovo «L'hanno accusato di essere trotzkista e dopo l'espulsione il Pci l'ha ignorato volutamente. E Stalin... Stalin voleva che restasse in Russia, ma lui disse, no grazie sono più utile in Italia». Come a dire: è stato meglio così, se no chissà che fine avrebbe fatto laggiù. Erano tempi duri. E la vedova ha l'aria di dire: oggi è un'altra cosa la politica, la fede, l'ideologia. «Facile a dirsi oggigiorno, vado a Mosca, parlo, torno. Allora in Russia ci si andava con viaggi massacranti, si passava dalla Finlandia, non c'erano gli aerei. Ed erano viaggi clandestini. Al ritorno si passavano i confini grazie ai contrabbandieri. Una volta Amadeo mi raccontò di Longo in uno di questi viaggi. Per non offendere i contrabbandieri Amadeo fece bere anche lui che era astemio. Luigi, bevi, diceva, se no questi ci accoppano...». Ma la signora non vuole parlare di politica. Vuole che dopo tanti anni si ricordi Amadeo con meno astio e con più rispetto per la sua persona. Non tutti, del resto, anche all'interno del Pci, si comportarono allo stesso modo. «Molti volevano bene a mio marito e lo dimostravano. Lo veniva a trovare tanta gente. Mi ricordo che quando eravamo a Napoli venne Terracini. Lui e Amadeo si parlarono a lungo, con affetto. Quando è morto ho avuto telegrammi da tutti, a cominciare da Pertini e Saragat. Dicevano che era una persona onesta. Ed era la semplice verità».

Ma nel dopoguerra perchè questo lungo, ostinato silenzio anche da parte di Bordiga? «Dopo il '45 Amadeo scrisse molto, le sue idee non le ha tradite. Solo che non le voleva firmare, diceva che sarebbe stato scorretto». Era una protesta nei confronti del Pci? «Ma no, non perchè era in collera col Pci, perchè non voleva mettersi in vista. Non voleva fare il divo. Vennero giornalisti dall'Inghilterra per intervistarlo ma lui diceva di no, o li faceva aspettare a lungo. E voleva sapere le domande prima. Anche nell'unica intervista televisiva fece così. Arrivarono le domande e lui scrisse le risposte. Erano lunghissime. Non andarono in onda tutte, ma qualcosa venne fuori».

Bordiga, uomo duro e schivo. Fino all'ultimo. «Lui -dice la signora De Meo- non ha monumenti né cappelle ma solo un loculo. Del resto me lo diceva sempre: anche se nella tomba mi ci portano con un carretto, per me va bene lo stesso».

 

Bruno Miserendino

 

L'Unità, 24 luglio 1990