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archivio > Articoli su Bordiga>Michele Fatica: Bordiga il comunista cancellato

aggiornato al: 07/11/2007

La Repubblica (ed. di Napoli) 25 ottobre 2002

Questo articolo di Michele Fatica, apparso nella edizione napoletana di  «La Repubblica» del 25 ottobre 2002, annuncia e presenta il Convegno «Scienza e politica in Amadeo Bordiga» che si tenne a Milano il 24 e 25 ottobre 2002 al quale lo stesso Fatica partecipò con una relazione il cui titolo era «Amadeo Bordiga di fronte alla prima e alla seconda guerra mondiale del secolo XX».

Michele Fatica, studioso e storico napoletano, aveva conosciuto alla metà degli anni sessanta Amadeo Bordiga che ne aveva  apprezzato gli studi sul movimento operaio napoletano e precisamente «Il movimento socialista napoletano tra la fine dell'età giolittiana e il congresso di Ancona» (Critica storica, n. 3, 31 maggio 1967) e  «La settimana rossa a Napoli» (Critica storica n. 4 e 5, 1968), lavori che sfoceranno poi nel 1971 nel  bel libro «Origini del fascismo e del comunismo a Napoli [1911-1915]», (La Nuova Italia, Firenze, 1971).

Michele Fatica inoltre partecipa, dalla sua costituzione, all'attività della «Fondazione Amadeo Bordiga».

Ci sia permesso infine correggere due piccoli errori  presenti nel testo: Bordiga fu espulso nel 1930 e non nel 1929 e «Il Soviet» non fu mai un quotidiano.   

 

 

Bordiga il comunista cancellato

Geometria e rivoluzione i due volti di Bordiga

 

 

Milano ricorda Amadeo Bordiga con un convegno internazionale (si chiude oggi) organizzato dalla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università degli Studi di Milano, patrocinato dal Dipartimento di Filosofia e Politica dell'Università degli Studi di Napoli L'Orientale e dalla Fondazione, che porta il suo nome, sorta a Formia per volontà della consorte Antonietta De Meo. La scelta di Milano non è casuale, perchè in quella città negli anni cinquanta fu pubblicata per la prima volta da Giorgio Galli presso l'editore Schwarz una storia del partito comunista italiano che metteva in luce la spinta prioritaria che venne da Bordiga alla fondazione di quello che prese il nome di Partito comunista d'Italia, sezione della Terza Internazionale. Lo stesso Galli è l'animatore del convegno, per il quale ha messo a disposizione un finanziamento ottenuto dal Cnr.

Galli ebbe molto coraggio, in tempo di imperante stalinismo, a ristabilire il ruolo che Bordiga ebbe nella fondazione di quel partito che la vulgata voleva creato da Antonio Gramsci e dal gruppo torinese che faceva capo all' Ordine Nuovo. Si stravolgevano i fatti perchè Bordiga entrò in contrasto con Mosca, che lo estromise dalla direzione del partito, già quando fu arrestato nel 1923, e accentuò il contrasto con il centro moscovita man mano che si affermava l'astro di Stalin.

Negli anni di controllo delle direttive e degli uomini di tutti i partiti comunisti del mondo da parte di Mosca, Bordiga, che aveva osato attaccare Stalin per il suo nazionalismo, l'oscena campagna contro Trockij e l'ossessione di creare il socialismo in un solo paese, fu espulso per frazionismo nel 1929 dal Partito comunista d'Italia e il suo nome fu evocato solo quando si trattava di coprirlo di ingiurie e di calunnie. Una delle accuse ricorrenti era che aveva pensato, alla stregua di uomo della camorra, a fare soldi costruendo case.

Chi ebbe la possibilità di visitarlo, nella periferia di Formia, nella minuscola casetta costruita in riva al mare di proprietà di Antonietta De Meo, può solo testimoniare di uno stile di vita spartano, quasi povero, che nulla aveva a che vedere con arricchimenti di qualsiasi genere.

La sua biografia è certamente singolare. Veniva da una famiglia di studiosi di media borghesia novarese, ma era nato nel 1889 a Resina, perchè il padre, Oreste, insegnava economia rurale presso quello che allora si chiamava Istituto Superiore di Agricoltura (poi facoltà di Agraria) di Portici. Un fratello del padre, Giovanni, insegnò geometria proiettiva presso la facoltà di Scienze dell'Università degli Studi di Padova. Era una famiglia dove i libri circolavano e, insieme ai libri anche idee liberali. La famiglia paterna riteneva di aver portato un contributo all'unificazione italiana con la serietà degli studi, mentre il nonno materno, Michele Amadei, era stato cospiratore antipontificio e, negli anni Ottanta del XIX secolo, ministro di Agricoltura, Industria e Commercio. Alcuni valori gli vennero dalla famiglia: rigore nello studio, sobrietà di vita, accoglimento della versione democratica della unificazione italiana soprattutto come un fatto di volontariato, presto sfruttato dalla dinastia sabauda. Ma rifiutò l'adesione alla massoneria, cui appartenevano sia Oreste che Giovanni. Il rifiuto della massoneria nei primi due decenni del Novecento significava anche rifiuto della democrazia. Questo rifiuto in Bordiga era motivato soprattutto dalla consapevolezza  che nella fase democratico-giacobina della Rivoluzione francese, nel 1793, era stata introdotto la coscrizione obbligatoria, quindi la guerra totale, in cui poveri contadini e operai erano privati di qualsiasi autonomia di giudizio, ridotti ad automi costretti solo a ubbidire.

Queste posizioni lo resero subito odioso alla Unione socialista napoletana, largamente controllata dalla massoneria, che si era staccata dal Partito socialista, rivendicando la sua autonomia sulla base delle condizioni particolari di Napoli. Certo, data la presenza di una plebe non certo minoritaria, non era facile fare proselitismo socialista a Napoli. Ma sia l'Unione socialista, sia la Borsa del lavoro (l'organizzazione sindacale), con quadri dirigenti provenienti dalle associazioni artigiane e dalla chiesa battista, fondata da diffusori delle Bibbie protestanti arrivati a Napoli al seguito di Garibaldi, mostravano scarso interesse alla cintura proletaria ad est (Poggioreale) e a ovest (Bagnoli), preoccupati solo di difendere le loro piccole posizioni di comando e di continuare le trame con i partiti "democratici" dirette alla conquista del comune di Napoli.

Questa esperienza autonomistica non ebbe un felice risultato, perchè Unione e Borsa si dissolsero dopo che la gran parte dei suoi dirigenti fu favorevole all'intervento dell'Italia nel primo conflitto mondiale e alcuni tra i dirigenti più noti iniziarono la loro collaborazione al "Popolo d'Italia" di Mussolini. La dissoluzione delle organizzazioni autonomistiche coincise con il crescente successo della linea politica di Amadeo Bordiga. Ostile non solo all'intervento dell'Italia nella prima guerra mondiale, ma già da prima alle guerre balcaniche e alla guerra italo-turca si guadagnò una larga influenza prima tra i giovani socialisti e poi nel partito, imponendosi come un dirigente autorevole a livello nazionale nel 1915.

Ebbe la fortuna di iniziare la sua militanza nella cintura industriale di Napoli, in primo luogo in quella parte della conurbazione che vantava una presenza operaia fortissima, Torre Annunziata, Castellamare di Stabia, S. Giovanni a Teduccio. Fondò periodici che ebbero subito un certo numero di lettori. "Il Lavoro" di Portici, "La Voce" a Castellamare di Stabia. Dopo la rivoluzione bolscevica fondò il settimanale, poi quotidiano "Il Soviet", ricostruì la Camera del Lavoro napoletana aderente al Cgl e la sezione socialista. Durante la guerra fu fautore di una soluzione non molto diversa da quella russa e, a guerra conclusa, si recò in Russia per partecipare al secondo congresso dell'Internazionale comunista, partecipando alla stesura delle 19 condizioni per aderirvi. Il suo prestigio crebbe sul piano internazionale e la sua corrente "comunista astensionista" ebbe il ruolo più importante nella formazione a Livorno nel 1921 del Partito comunista d'Italia. Le sue disavventure iniziarono con l'affermazione della teoria del socialismo in un solo paese e con la sua critica di quanto veniva fatto in Russia (critica da sinistra, tenne sempre ad insistere, mai di destra): tuttavia nel neonato Partito comunista, fu, sotto la sua direzione, vivo il dibattito e proficuo lo scambio di idee, perchè alla sua educazione liberale, ripugnò sempre l'autoritarismo caporalesco.

Bordiga fu anche ingegnere ed architetto, tenendo moltissimo al suo titolo (forse più che a quello di dirigente politico). Dopo aver conseguito la licenza liceale presso il liceo-ginnasio "Garibaldi", si laureò in ingegneria brillantemente. Avrebbe potuto intraprendere la carriera universitaria, ma preferì impiegarsi nelle Ferrovie dello Stato, dalle quali fu licenziato per aver partecipato nel giugno 1914 allo sciopero della Settimana Rossa. Negli anni del fascismo lavorò presso studi privati, potendo esercitare liberamente la professione solo dopo il crollo del regime. Partecipò attivamente al dibattito per la revisione del piano regolatore di Napoli del 1939, chiamato a far parte della commissione Piccinato. Denunziò già nei primi anni del secondo dopoguerra il rischio della cementificazione della città e della distruzione della parte produttiva del quartiere gravitante attorno al porto. E' un capitolo della biografia di Bordiga poco noto, su cui getterà luce Luigi Gerosa, uno studioso che ha avviato presso l'editrice Graphos di Genova l'edizione di tutti gli scritti di Bordiga.

Il convegno con la partecipazione di Luigi Cortesi, di Liliana Grilli, di Franco Livorsi ed altri, promuoverà le riflessioni su aspetti noti e poco noti, oscuri e a volte inquietanti della singolare figura del Bordiga, morto a Formia nel luglio del 1970.

 

Michele Fatica

 

«La Repubblica» (edizione di Napoli), 25 ottobre 2002