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archivio > Articoli su Bordiga>M.C., Caro Bocca, Bordiga non ha tradito (Il Giornale, 23 giugno 1999)

aggiornato al: 26/07/2011

Il Giornale, 23 giugno 1999

Sia Giorgio Bocca che Massimo Caprara, l'autore, arguto e spiritoso di queste righe, sono presenti nel sito con articoli su Bordiga. In questo Caprara sembra difendere Bordiga facendo capire a Bocca (che ridicolizza in modo simpatico) che sono gli  avversari di Bordiga e non lui a rompere con l'ortodossia comunista.

Un pagina leggera e di facile lettura in sintonia con il periodo estivo...

 

 

Caro Bocca, Bordiga non ha tradito

 

Capita persino a Giorgio Bocca di avere ragione qualche volta. «Non passa giorno che il revisionismo dilagante non ci presenti le sue pseudorevisioni», sentenziò su Repubblica del 10 febbraio. Puntualmente, sempre su Repubblica del 4 giugno, un'intervista gli ha dato ragione: l'esecrabile revisionismo si insinua persino nelle pagine culturali (esattamente la 44 e 45) del suo quotidiano.

Interrogando Mimmo Franzinelli, autore de I tentacoli dell'Ovra, l'autrice dell'articolo dal titolo suggestivo (e revisionista?) «Così Togliatti chiese aiuto all'Ovra», Cinzia Fiori, registra il seguente colloquio. «Tra le personalità eminenti insidiate dall'Ovra, figura anche Amadeo Bordiga», dice la Fiori. «L'intenso lavorio delle spie, grazie anche alla collaborazione della moglie, operò per spingere Bordiga su posizioni di aperta rottura con l'ortodossia comunista», avrebbe risposto Franzinelli. L'argomento (trattato in una nota del libro) costituisce un palese caso di disinformazione, una menzogna diffusa dal Komintern. Per questo motivo: Bordiga non ebbe mai bisogno, in tutta la sua vita movimentata, di essere spinto «su posizioni di aperta rottura con l'ortodossia comunista». Né per la «collaborazione della moglie», e ancor meno, «per l'intenso lavorio delle spie».

Bordiga fu sempre nettamente ostile alle posizioni dominanti nel movimento operaio italiano e mondiale. Dal 1919 al 1930, data della sua espulsione dal Partito Comunista d'Italia, egli mantenne contrasti e dissensi aperti e rigidi sia contro la componente gramsciana che quella togliattiana e, soprattutto quella stalinista del Komintern.

Il contrasto nasceva dal differente modo in cui Gramsci e Bordiga vedevano la rivoluzione bolscevica. Per il primo la rivoluzione era «contro il Capitale di Marx», cioè contro il determinismo economicistico (Avanti! del 24 novembre 1917). Per l'altro, la rivoluzione è il trionfo del «Manifesto del partito comunista», dei testi marxiani ed engelsiani sul '48 in Germania, e in tal senso, il bolscevismo gli appariva come «pianta d'ogni clima» (Il Soviet del 23 febbraio 1919).

Proprio nell'ottobre del 1922, al IV Congresso dell'Internazionale Comunista, Bordiga tenne testa agli attacchi di capi come Bucharin, Trotzkij, Radek, membri del Praesidium, che gli addebitarono l'accusa di «radicalismo piccolo-borghese e paura settaria del contatto con la vita reale». Bordiga, che era allora fra i più noti e popolari fondatori del Partito comunista italiano, replicò con tale violenza che lo stesso Stalin minacciò: «Compagno Bordiga, Dio vi perdoni per quello che dite: io no».

La Querelle non si acquietò mai, anzi Bordiga la alimentò di continuo con parole di fuoco, com'era nel suo carattere. L'asserito «intenso lavorio delle spie dell'Ovra» poteva aggiungere ben poco, anzi niente, a questa argomentata ed esplicita «rottura con l'ortodossia comunista», ossia staliniana, da parte di Bordiga. Scrivo, s'intende, per ricordare a Bocca queste cose di cui ha sentito parlare, esprimendogli un'umana solidarietà per avere egli visto, in questa occasione, che «le pseudo rivelazioni del revisionismo» allungano i loro tentacoli anche sulle immacolate pagine del suo giornale.

 

M.C.

 

Il Giornale, 23 giugno 1999