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archivio > Lettere di Bordiga>37. Articoli di "Prometeo" sulla guerra di Spagna (Prometeo, n. 153, 3 aprile 1938)

aggiornato al: 04/12/2010

Prometeo, n. 153, 3 aprile 1938

Avevamo cominciato nel gennaio dello scorso anno (2009) a pubblicare gli articoli che Prometeo dedicò alla guerra di Spagna ed il primo fu "La Spagna forte, libera e felice" ( n. 132 del maggio 1936). Praticamente gli articoli su questa questione si sono succeduti regolarmente per quasi due anni e cronologicamente per 37 puntate (quasi sempre gli articoli contenuti in una puntata erano più di uno). Pensiamo di essere stati gli unici ad averli riprodotti, anche per la estrema difficoltà a trovare una raccolta completa di  Prometeo. Siamo quindi orgogliosi, ed è sicuramente un vanto per il sito, l'essere riusciti a presentarli ai nostri lettori.

Con questo numero, il 153 dell'aprile 1938  Prometeo, dopo dieci anni di uscita regolare e, appunto, 153 numeri chiude.

Bilan aveva chiuso con il n. 46 nel gennaio 1938 ed era stato sostituito da  Octobre nel febbraio 1938 (che continuerà fino al  n.5  dell'agosto del 1939).

La controrivoluzione aveva vinto e stava per scoppiare la seconda guerra mondiale.

 

 

37

 

 

 

Siamo giunti all’ultimo atto del massacro spagnolo?

 

 

Da due anni che dura la guerra non avevamo ancora assistito a un simile massacro. Le cataste di cadaveri si accumulano in Aragona e Barcellona ha subito bombardamenti che hanno fatto migliaia di vittime. Donne, fanciulli sono travolti nell’ecatombe e si resta vinti dal raccapriccio davanti [a] simile risultato dell’opera combinata del fascismo e dell’ «antifascismo».

Teruel già ci aveva ammaestrato di quello che costavano le vittorie. Il gioco del pendolo permetteva ai repubblicani di redigere i loro comunicati entusiasti, poi più discreti come del resto facevano [i] nazionalisti.

E’ bastato che l’Inghilterra comprendesse che era meglio lasciar che Italia e Germania liquidassero brutalmente le zone superstiti repubblicane, per modificare radicalmente la situazione militare. L’Italia offre delle «garanzie» alla Gran Bretagna e d’altra parte, se bisogna liquidare questa guerra senza scoppi rivoluzionari,  chi sono più indicate se non l’Italia e la Germania?

I Paesi democratici si sono dunque inchinati, lo stesso ha fatto la Russia mentre tutte le precauzioni venivano prese per salassare a fondo la Catalonia. Certo le ripercussioni di questo orientamento si fanno sentire, specie che le incursioni esterne della Germania creano una tensione permanente in Europa. Centristi e socialisti menano una campagna per liquidare la politica del non intervento e nei paesi dove un socialista è al potere è curioso il constatare il contrasto tra la politica ufficiale del governo e quella del partito socialista. Lerroux (cioè Tasca) nel Populaire tuona contro la farsa del non intervento ma Blum la mette in pratica; nel Belgio è il Peuple che difende Spaak, avvocato del conte di Borchgrave, losco agente soppresso a Madrid.

In realtà si tratta di due facce della medesima politica. Al potere i socialisti devono evitare di mettere in difficoltà l’Italia e la Germania e di allargare il conflitto; come militanti debbono mantenere le masse sotto pressione. Lo stesso ed ancor più vale per i centristi. Se poi l’Internazionale Socialista si è commossa degli effetti della politica inglese e del danno del non intervento, le parole non hanno mai ucciso nessuno.

Non è facile tener tranquillo il proletariato dei differenti paesi davanti la manovra del capitalismo. Non è che gli operai vogliano la guerra antifascista mondiale ed il capitalismo la pace.

In realtà la borghesia mondiale vuole la guerra e la pace al tempo stesso e nei paesi democratici queste due tendenze patteggiano perfettamente tra loro.

Gli operai sono stati gettati nell’Unione Sacra per la guerra o l’economia di guerra perché unici mezzi per strapparli dal loro terreno di classe. Ma anche prigionieri della Unione Sacra e del Fronte Popolare la fermentazione di classe continua ed obbliga ciascuna borghesia a elevare sistematicamente il clima di guerra nel paese.

Oggi si manovra per liquidare la guerra di Spagna ma si deve nel contempo manovrare dappertutto per canalizzare le reazioni operaie e mantenerle nei binari del patriottismo. La Francia è il paese tipo per illustrare questo tentativo e basta pensare alle forme mostruose raggiunte dal patriottismo dei partiti comunisti per edificarsi.

D’altra parte i processi di Mosca vengono a buon punto per allucinare i proletari e stornarli dalle loro preoccupazioni di classe. Ciò che ci preoccupa sovra tutto è l’abominevole massacro cui si prestano tutte le organizzazioni operaie che agiscono in seno al proletariato spagnolo.

L’avanzata nazionalista è diventata la base d’un accordo tra C.N.T. e U.G.T. Si deve raddoppiare la resistenza, aumentare la produzione, galvanizzare gli operai sotto la pioggia di bombe che Franco fa piovere sulle fabbriche.

I servi sciocchi della C.N.T. vogliono riprendere il loro posto nel governo. Hanno tutto dimenticato e non pensano che all’Unione Sacra per arrestare l’avanzata di Franco.

Eppure dovrebbero ricordarsi che questa tattica è stata sempre il mezzo efficace per soffocare le reazioni operaie dopo le disfatte. Ma che importa l’anarchia ai bonzi riformisti isterici!

Franco avanza senza resta. L’aviazione bombarda con cinismo e metodo. Nel frattempo C.N.T. e U.G.T. spingono gli operai al macello. Chi abbandona il posto è un vile, chi abbandonerà il lavoro dopo un bombardamento o che avrà timore di restarvi, sarà severamente punito. Gli operai devono far getto della loro vita per la repubblica di Negrin, per la repubblica degli assassini di Nin, di Berneri e di in numeri altri.

Certo chi lancia questi  proclami vibranti sarà al sicuro quando Franco arriverà: forse hanno già il loro passaporto in tasca.

Ma tra la moltitudine degli sfruttati , tra le migliaia di operai e contadini in armi non se ne deve trovare uno a gridare: basta e a sventolare il rosso stendardo della fraternizzazione di classe, della guerra civile.

Oh se anarchici, socialisti, centristi non intervenissero in Spagna: se col revolver alla mano non minacciassero l’operaio esitante e i loro giornali non bollassero nel nome dell’anarchia, del socialismo o del comunismo la rivolta di classe, già da tempo sui fronti militari i proletari avrebbero gridato il loro basta, già da tempo Barcellona avrebbe dato il segnale della lotta…

Ma gli sciacalli vegliano acchè il proletariato tessa il proprio sudario.

Più che mai Franco e Negrin lavorano di concerto col beneplacito dei paesi democratici e fascisti Russia compresa.

Come l’inizio così l’atto ultimo, almeno quello che ci sembra esserlo, della tragedia spagnola svela il suo meccanismo e giustifica le nostre posizioni.

I contrasti inter-imperialistici si attenuano, compromessi affiorano e dalla guerra antifascista emana solo il sentore del sangue proletario che scorre traverso l’annientamento di generazioni di rivoluzionari.

Domani, anarchici, socialisti, centristi dovranno, nella emigrazione, meditare questa esperienza, salvo ripetere la loro triste bisogna a una nuova occasione. A meno che gli operai spagnoli non sappiamo espellerli dal loro seno per passare alla creazione di quel partito di avanguardia che solo saprà opporre la guerra civile alla guerra imperialista.

 

 

 

Prometeo, n. 153, 3 aprile 1938