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archivio > Lettere di Bordiga>21. Articoli di "Prometeo" sulla guerra di Spagna. (Prometeo, n. 141, 24 gennaio 1937)

aggiornato al: 12/12/2009

Prometeo, n. 141, 24 gennaio 1937

Ecco la seconda parte degli articoli sulla guerra di Spagna presenti nel n. 141 di Prometeo (gennaio 1937). Il «Gigi» che firma il primo articolo è  Luigi Danielis.

 

21

 

Le origini della ex-minoranza

 

 

La crisi sopravvenuta con la situazione in Spagna nella nostra frazione ha un carattere tale che la ricerca delle origini non è molto facile. Difatti, una serie di elementi si trovano oggi sulla barricata nemica mentre le basi stesse del nostro organismo si fondarono su dei criteri di opposizione estrema a quelli che dovevano inevitabilmente condurre la classe operaia a delle situazioni analoghe a quella che si è prodotta oggi in Spagna.

Eppure questo riflesso della manovra nemica nel seno del nostro organismo non può essere individuato che attraverso la ricerca delle posizioni politiche che nel momento della loro prima confusa apparizione, non potevano essere ricollegate ad una tendenza che solo la brutalità degli avvenimenti ha permesso di definire.

Dal groviglio delle contraddizioni che caratterizza la posizione di questi ex compagni verso la Spagna, si potrebbero trovare le origini del massimalismo confusionista, e nell’ultima infornata verso il comunismo fatta nel 24 con l’unità proletaria sul terreno elettorale. Ma, per quanto ci concerne, questa unica origine non esiste per ricongiungervi la formazione opportunista rigettata definitivamente in questi giorni dal nostro organismo.

Difatti, nelle file della frazione, una serie di compagni trovano normale di affermare la loro posizione verso lo Stato russo, proclamandolo Stato capitalista. Esiste un filo di congiunzione fra questa posizione avanzata con l’attuale verso la situazione spagnola? Si è detto che la rottura avvenuta nel 27 su questo dissenso non si verificava su una questione fondamentale; e difatti, qualche anno dopo, questa valutazione sullo Stato russo penetrava in seno alla frazione e si esprimeva attraverso una serie di compagni che non esitavano a difenderla senza tuttavia portare degli elementi materialmente evidenti.

Diveniva chiaro che questa posizione non esprimeva una opposizione stridente con l’altra valutazione che vedeva nello Stato russo uno Stato proletario, ma corrispondeva invece ad una tendenza che spingeva questi compagni a divorare le tappe verso il traguardo che certamente dovrà concludersi; quello dello Stato russo in direzione della rinascita della nuova classe privilegiata.

Era evidente di pensare che questa serie di compagni, trovandosi con la loro posizione verso la degenerazione dello Stato russo, che catalogavano di capitalista malgrado l’esistenza di un’economia a basi ancora proletarie, si sarebbero trovati, nelle situazioni successive, in posizione di avanguardia nel senso della lotta da condurre contro tutti i controrivoluzionari. Per di più i loro criteri di giudicare le più o meno socializzanti esperienze economiche negli altri paesi dovevano essere dei più taglienti a condurli almeno allo stesso scetticismo con cui essi vedevano la situazione in Russia.

Il presentarsi della situazione spagnola ha strappato i veli a questo pseudo-sinistrismo parolaio ed inconsistente. Inconsistente perché ci si è scialacquata la bocca per degli anni, su una posizione che non veniva mai concretizzata con dei dati precisi, e questo grazie ad una lingua bene appesa che lasciava sì vedere il disaccordo, ma non lo sfigurava attraverso un fiume di parole ed un rifiuto continuo alla responsabilità di redazione.

Si sono strappati i veli e l’analfabetismo politico si è finalmente messo in luce con l’accettazione di una posizione ridicolmente opposta, con la difesa dello Stato catalano ove sembra si socializzi a misura che l’esercito avanza.

Ed allora dove si va, carissimi ex compagni? Se si difende il socialismo di Catalogna, perché non difendere l’altro molto più serio specialmente per coloro che danno molta importanza ai dettagli di valutazione apparente?

Era ben certo che non si trattava di una posizione che superava il concetto della dittatura proletaria, e si trattava invece (e questo era il criterio di quei compagni) di fare questo ragionamento: giacché la politica dello Stato russo è controrivoluzionaria e dall’altra parte non si realizza il “socialismo”, lo Stato è capitalista.

Con l’aprirsi della situazione spagnola attraverso il movimento spontaneo del 19 Luglio e lo sciopero generale proclamato da parte dei sindacati, questo movimento prendeva una direzione tale da fare prevedere un repulisti completo di ciò che si chiama Stato capitalista. Il rifiuto di aderire a questo primitivo movimento, con la scusa dell’impossibilità di poterlo dirigere, avrebbe certamente portato la frazione all’autocastramento ed in realtà, al di fuori di qualche posizione individuale, la frazione nel suo insieme prende posizione nel senso dell’intervento. Che il nostro intervento politico avvenga nel periodo ove la manovra di deviazione del movimento dalle basi di classe era di già realizzata, la ragione ne va ricercata nel fatto della simultaneità della manovra nemica nel deviare il movimento, mettendo una serie di compagni in condizioni nebulose.

La particolarità della situazione spagnola che metteva in prima linea il sindacalismo anarchico, alla testa delle organizzazioni proletarie, faceva pensare a diversi compagni (io compreso) che il sindacalismo, per il fatto che esso è per la distruzione violenta dello Stato, avrebbe realizzato questo passo fondamentale, malgrado l’impossibilità in un secondo tempo di riuscire a realizzare le condizioni per incanalare questa azione radicale verso la nuova società. Non si trattava di domandare ai sindacalisti anarchici di divenire dei comunisti, ma semplicemente di rimanere loro stessi, cioè quello che sempre avevano proclamato. I fatti hanno dimostrato che questo ragionamento era falso. I distruttori di catene di ogni oppressione, di ogni sfruttamento, si sono trasformati nei reazionari della più bell’acqua e mai, nella storia, una trasformazione così radicale da parte di una ideologia (i centristi hanno messo anni per concludere la loro trasformazione) che si proclamava avversa ad ogni compromesso.

Se gli elementi della ex minoranza fossero partiti dalla posizione di una falsa valutazione, cioè di una sopravalutazione delle capacità rivoluzionarie dell’anarco-sindacalismo, grazie all’esperienza susseguita si sarebbe dovuta verificare una conversione da parte loro verso le posizioni della frazione. Niente di tutto questo, l’appetito viene mangiando e, mentre nel primitivo movimento verso lo sciopero generale guidato dagli anarchici si poteva trovare la base di classe, nella valorizzazione avvenuta poi del massimalista POUM, i nostri ex compagni hanno dato la dimostrazione della loro esatta fisionomia caratteristica comunissima a tutti coloro che si fanno dirigere non da un insieme di principi, frutto di esperienza, ma da nozioni costruite in aria sulla base di false analogie.

Si possono tirare queste conclusioni che gli elementi che si trovavano nella nostra frazione e proclamavano la natura capitalista dello Stato russo, non esprimevano con questo una tendenza avanzata in lotta contro il centrismo e dall’altra parte questa posizione non si dirigeva verso il superamento del concetto fondamentale della dittatura proletaria con la negazione dello Stato.

L’incontro avvenuto con il confusionismo massimalista dimostra che non si trattava di una dimostrazione acuta contro lo Stato sovietico complice del capitalismo internazionale, ma al contrario, questa valutazione sostenuta dall’ex minoranza rimane nell’orbita di tutti quegli organismi sorti sul cammino della degenerazione centrista. Non come un opposto fondamentale ma bensì quale manifestazione di opposizione superficiale, la di cui origine va in gran parte ricercata nella mancata digestione di una serie di principi che rappresentano le basi dei futuri partiti comunisti.

È siccome per questi elementi si tratta di indirizzare i proletari a difendere lo Stato catalano che si troverebbe sul terreno dell’evoluzione verso il socialismo, un consiglio molto più realista si può dare loro. Nel prossimo massacro non è escluso che lo Stato russo si trovi alle prese con qualche esercito fascista.

In seno a questo stato russo i mezzi di produzione sono collettivizzati, si tratterà allora di essere coerenti fino in ultimo e sostenere la difesa delle istituzioni proletarie in orrore all’idea che dei fascisti possano prendere il posto degli attuali centristi che, dopo tutto, sono un po’ meno cattivi ed almeno hanno scritto sulla Costituzione dell’11 giugno ’36, all’articolo 6, quanto segue: “La terra, il sottosuolo, le acque, le foreste, le officine, le fabbriche, le mine di carbone e di minerale, le ferrovie, i trasporti per acqua ed aria, i mezzi di comunicazione postali ed elettrici, le grandi imprese agricole organizzate dallo Stato (sovkoz, stazioni di macchine e trattori), così pure le masse fondamentali di abitazioni nelle città e le agglomerazioni industriali, sono la proprietà dello Stato, vale a dire il bene del popolo tutto intero”.

 

GIGI

 

PROMETEO,  ANNO VIII,  N. 141,  24 GENNAIO 1937

 

 

 

*   *   *   *   *   *

 

 

 

Aeroplani e cannoni per la Spagna

 

Era questo il grido, la parola d’ordine che le masse proletarie in Francia ed altrove ripetevano a squarciagola, sotto l’impulso dei socialisti di tutte le tinte, degli anarchici di tutte le scuole, dei centristi di ogni gradazione. Noi dicevamo, no, questa parola d’ordine è di contenuto controrivoluzionario poiché, se ogni borghesia mandasse le armi “agli operai spagnoli”, queste servirebbero alla borghesia iberica che era ed è restata ben lungi dall’essere un paravento od un cadavere nella situazione, e questo s’intende per annichilire ogni velleità di classe degli operai e per mantenere il proprio dominio di oppressione.

Ma l’ubriacatura antifascista era talmente forte che gli operai erano portati a credere che il Fronte Popolare potesse rappresentare una tappa verso la rivoluzione operaia e quindi, al posto di apportare un aiuto proletario su basi rivoluzionarie ai compagni spagnoli, ci si limitava ad urlare “aeroplani per la Spagna”, mentre i capi della controrivoluzione, da Blum a Stalin, sapevano benissimo cosa significava questa mistificazione antifascista. Il 19 luglio la situazione spagnola poneva alle masse operaie il seguente dilemma: borghesia o proletariato, guerra o rivoluzione. Tutte le altre soluzioni, come “pace o guerra”, che è sinonimo di fascismo ed antifascismo, non potevano che condurre le masse alla sconfitta ed alla perpetuazione del dominio capitalista senza aggettivi.

In Ispagna la volontà dei partiti del Fronte Popolare fu netta fin dai primi giorni: spingere gli operai sui fronti militari, per distoglierli dal problema capitale del rovesciamento del sistema capitalistico. Gli anarchici si trovarono, come in Catalonia per esempio, alle porte del potere, ma non seppero, per ragioni che esamineremo prossimamente, pestare il terreno, rimanendo a cavallo della barricata di classe, per finire poi nella collaborazione governativa.

Anche per essi il solo problema da risolvere rimaneva quello delle armi, e queste doveva fornirle la borghesia democratica, che avrebbero dovuto servire poi a fare la rivoluzione. Quanta candidezza ed ingenuità in una tragica e simile situazione. Bisognava affrontare la situazione subito e risolverla prima di mandare gli operai al fronte, ed allora le masse non avrebbero difeso le casseforti democratiche, ma la propria rivoluzione. Le armi si dovevano chiedere agli operai che, in lotta contro la rispettiva borghesia sulla base di movimenti di classe, avrebbero impedito a tutte le borghesie coalizzate l’intervento armato contro la rivoluzione spagnola, da non confondere con la Spagna antifascista.

La voce di un ingenuo antifascista ci dice già: ecco, ecco, voi facendo così vi sareste attirate tutte le borghesie contro ed allora …

Allora, affermiamo noi, che fin dai primi giorni le borghesie tutte, fasciste e democratiche, furono unite contro gli operai spagnoli, se pur nettamente divise sul dominio del bacino mediterraneo e sulla sovranità dello stretto di Gibilterra.

Oggi che l’urlio è finito, si può vedere più freddamente tutta la “bontà” dell’intervento della Russia, della Francia e dell’Inghilterra. Già prima che le sorti della guerra, che non ha nulla di civile, siano decise in favore dell’uno o dell’altro gruppo di briganti imperialisti, la repressione contro i sovvertitori dell’ordine capitalista è iniziata. Le prime avvisaglie sono dirette contro la C.N.T.. A questo ha fatto inizio la campagna di tutti i partiti che lottano per le “libertà democratiche” e per la “Repubblica”.

Le dichiarazioni del direttore della Banca di Spagna, le affermazioni del governo di Valenza che dopo la vergognosa fuga madrilena rugge oggi come un leone, il suono delle campane è uniforme ed i termini, ordine, disciplina, legge, rispetto della proprietà, calma, ne rappresentano la conferma.

Sono delle vecchie conoscenze per il proletariato queste famigerate formule le quali per averne subito il peso ne conoscete tutta la portata ed il suo significato di classe.

Certo che le rivendicazioni da strappare agli operai spagnoli sono minime ma le garanzie sono le garanzie e il capitalismo antifascista rappresentato dalla Russia che fu sovietica le esige in pieno, all'ombra di quei cannoni e di quegli aeroplani che dovevano servire alla riscossa e alla vittoria degli oppressi iberici.

«Solidaridad Obrera» del 27.12.36 scrive: «a Barcellona si prende pretesto della penuria del pane per presentarci come i responsabili di tale situazione, a Madrid uno spiacevole incidente serve a scatenare contro di noi una violenta campagna che ha culminato nel sequestro di un numero del nostro giornale. Madrid e Barcellona si uniscono contro di noi...». Certo che questi mattacchioni di anarco-sindacalisti spagnoli devono non essere ancora rinvenuti dalla sorpresa nel vedere che la Generalidad ed il governo di Valenzia sono vivi e forti contro gli operai quanto non lo furono mai  contro i loro confratelli di Burgos e di Siviglia. Conseguenze terribili di una incomprensione della situazione il cui risultato farà sentire tutto il suo peso sulle spalle degli operai della C.N.T. e di tutte le organizzazioni affini, dimostrando così ancora una volta che tanto con la borghesia che con la rivoluzione proletaria non si scherza. Cannoni ed aeroplani, eccoli sono arrivati, ma nessuno valuta quanto costa questa generosa... elargizione capitalistica. Gli operai spagnoli riusciranno a rigettare anche il fascismo, ma al prezzo di dover abbandonare ogni velleità rivoluzionaria pena un secondo salasso (democratico questo) coi cannoni della Russia e della democrazia.

Avremo voluto vedere i capi della F.A.I. e della C.N.T. riprendersi, raccogliersi su se stessi, strappare i veli dell'inganno antifascista della ben tremenda situazione spagnola ma nulla di tutto questo. Essi non comprendono che al posto di prendersela coi marxisti (!) il problema resta quello di scardinare il fronte unico dell'antifascismo per fondare il fronte di classe del proletariato per abbattere la borghesia.

Ma gli anarco-sindacalisti non vogliono questa rottura e continueranno a prestar fede agli impegni presi. Al più si  parlerà di «manovre», di cattiva o buona fede, o di lealtà, ma si continmuerà ad ingannare gli operai con la lotta antifascista, sulla «rivoluzione che è in marcia», e continuando a chiedere alle borghesie democratiche aeroplani e cannoni per la Spagna.

 

 

PROMETEO,  ANNO VIII,  N. 141,  24 GENNAIO 1937