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archivio > Archivio sulla sinistra>Amadeo Bordiga, Pettegolezzi (Il Lavoratore, settembre 1922)

aggiornato al: 27/01/2008

Il Lavoratore, settembre 1922

Che il rapporto tra Bordiga e i giornalisti sia sempre stato difficile e che Bordiga abbia quasi sempre stabilito con loro una "liaison" simile a quella che si può intrattenere con degli "scocciatori di professione", e questo anche al di fuori della scelta dell'anonimato e del rifiuto quindi di giocare al personaggio o di mettersi in mostra, lo testimoniano anche questi due piccoli articoletti tratti da «Il Lavoratore», quotidiano comunista di Trieste, del settembre 1922 totalmente inediti e sconosciuti.

Bordiga racconta di un giornalista di «La Giustizia» che si avvicina a lui e ad altri compagni e cerca di carpir loro notizie inedite sulla crisi socialista e sui rapporti tra il socialismo italiano e la III Internazionale. Basta un'occhiata tra Bordiga e i compagni per stare al gioco, raccontare qualche panzana e se si aggiunge poi un doveroso "mi raccomando non pubblichi niente di tutto questo" il gioco è fatto.

Il giovane giornalista pubblica l'intervista che scatena una diatriba tra l'«Avanti!» e «La Giustizia». Bordiga deve quindi intervenire ancora per spiegare che di una presa in giro si è trattato, ma facendo questo  scatena le ire del giornalista e di «La Giustizia».

L'ironia non guasta mai e lo scherzo appare appropriato; bisogna però dire che  il momento politico in casa socialista  era alquanto teso. Siamo a fine settembre 1922 e di lì a una settimana si terrà il XIX Congresso del PSI con l'espulsione dell'ala riformista (Turati, Treves  e amici) dal partito e la nascita del PSU (Partito socialista Unitario) che avrà proprio «La giustizia» come organo di stampa. Inevitabile quindi che le notizie tra il serio e il faceto che Bordiga lascia trapelare provochino una polemica tra i due giornali socialisti.

Da una rapida consultazione dell' «Avanti!» non abbiamo trovato nulla (ma qualche trafiletto ci può essere sfuggito);  non abbiamo potuto invece consultare i numeri di «La Giustizia» di quei giorni.  Se qualcuno ne avesse voglia, in qualche emeroteca pensiamo che quel giornale si possa trovare e conoscere quindi i termini reali del battibecco e magari rendere edotti anche noi della cosa.

Per il momento ci è sufficiente l'aver fatto conoscere ai nostri lettori la burla giocata da Bordiga al giovane giornalista.

 

 

Pettegolezzi

 

Non mi capita molte volte di essere acchiappato dai giornalisti. L'altra sera mi incontrò il giovane corrispondente romano della Giustizia mentre mi ero fermato con un gruppo di compagni redattori del Comunista.

Un'intervista in tutte le regole manipolata dal giovane informatore ha scatenato una polemica sul serio tra L'Avanti! e la Giustizia.

Ma il giovane intervistatore non riferisce perchè non ebbe agio di notarlo, il sorriso d'intesa scambiato tra me ed i compagni che mi attorniavano, per esprimere il progetto scherzevole di combinare alle colonne del giornale riformista alcune frottole sui rapporti tra la crisi socialista e la Terza Internazionale, in veste di profondi paradossi politici detti tra il serio ed il faceto.

Benché avvertito dalla trasparente ironia il giovane corrispondente non volle accorgersi, forse per amore del suo mestiere, di essere preso per quella parte per la quale si prendono quelli che aspettano che io faccia la fine dei vari Labriola, giusta la sua peregrina previsione.

Che cosa valga la discussione sollevatasi tra i due quotidiani socialdemocratici, riesce evidente. In ogni modo ha ragione Serrati di accennare al padron del vapor: la sorte della rientrata dei serratiani nella Internazionale non dipende direttamente dal parere del sottoscritto, che non crede di esprimerlo oggi, se si debbono accogliere le sue parole con altro animo da quello di un giovane giornalista in fregola di materia.

 

AMADEO BORDIGA

Il Lavoratore, 26 settembre 1922

 

 

Pettegolezzi

 

La dichiarazione pubblica che il suo corrispondente era stato bellamente corbellato, ha fatto andare su tutte le furie La Giustizia. Eppure non si trattava di uno scherzo troppo feroce, visto che al giovincello in questione, si dette l'esplicito ammonimento: non pubblicate! Ma questi non ne dedusse altra conclusione che un maggiore valore delle rivelazione fattegli e si ostinò a pubblicare le sciocchezze che ha pubblicato, con l'esito ben noto, e che sarà buon monito a certi scocciatori di professione.

Il giovincello in parola, furente mi ha perfino comunicato i luoghi e le ore dove si può rinvenirlo ad ogni momento. Immagina forse che io gli riservi le saporose indiscrezioni sulla prossima entrata di Benito Mussolini e Raymond Poincaré nella Terza Internazionale?

Quanto ai redattori del foglio riformista, che parlano di rospi da ingoiare per ordine di chi paga, ricordo loro che sono fuggiti dinanzi ad una polemica coi nostri quotidiani sulle fonti da cui provengono i soldi per il pagamento dei loro stipendi.

Nel mettere le cose a posto sulle piacevolezze telefonate loro dal semipubere corrispondente romano, non occorre dire che non si trattava di rettificare quanto ha scritto la nostra stampa valutando la crisi del partito socialista e la posizione del massimalismo. Se i redattori riformisti ignorano completamente il limite che separa la disciplina politica dell'opportunismo personale - essi che non già colla prima velano il secondo, ma per le soddisfazioni di questo stracciano e disciplina e pudore - aspettino ancora per vedere il sottoscritto ad ingoiare rospi, e poi parleranno. Essi, che pur avendo di carne di rospo un appetito formidabile, non trovano più neppure chi perda il tempo ad ammannirgliela!

 

AMADEO BORDIGA

Il Lavoratore, 29 settembre 1922