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archivio > Archivio sulla sinistra>Anche in ritardo la guerra rende profitti (Il Programma comunista, n. 18, 1-14 ottobre 1954)

aggiornato al: 12/07/2012

Il Programma comunista, n. 18. 1-14 ottobre 1954
Un breve articolo di più di sessanta anni fa sulla seconda guerra mondiale, sul castello di finzione e di retorica che ancora la ammanta. Utile per conoscere le invidie, gli attriti e gli odi fra i vari generali alleati un libro di David Irving, La guerra tra i generali all'interno dell'alto comando alleato (Mondadori, 1981), ma Irving  da tempo è caduto in disgrazia in quanto storico "revisionista".
 
Anche in ritardo la guerra rende profitti
 
Se l'alta industria e l'alta finanza hanno convertito la guerra nel grande affare della ricostruzione (in vista della quale e delle precedenti massicce distruzioni il conflitto era, d'altronde, stato scatenato), i rappresentanti della cosiddetta alta politica hanno messo a frutto l'investitura ricevuta durante il macello per un altro grande affare: la ricostruzione degli avvenimenti attraverso memorie, biografie e libelli. L'hanno fatto Churchill e tutti i «grandi nomi» della diplomazia o dell'esercito americano; l'hanno fatto e lo stanno facendo i generaloni tedeschi; ed ora ci si è messo De Gaulle. Il valore di questi «documenti» è nullo, giacché il loro unico scopo, anche quando rendono pubblici testi che a nessuno altro sarebbe concesso di utilizzare, è di porre il misero protagonista al centro di eventi che furono in realtà dominati da forze impersonali, e, naturalmente, di realizzare profitti sul gusto scemo, ma sapientemente coltivato nel pubblico della «rivelazione» e dello scandalo. Ma non è il valore intrinseco delle merci che interessa al capitalismo: non è al valore d'uso ch'esso mira producendo, ma al profitto e questo si può raccogliere a piene mani anche con le merci più inutili o dannose e frugando macabramente nei cimiteri di guerra.
Per noi, se un interesse hanno questi libri, esso sta nel fatto che, certo involontariamente, contribuiscono a demolire il castello di finzione e di retorica elevato da una paziente propaganda a giustificazione del carnaio. Churchill, da un lato, De Gaulle dall'altro (citiamo due nomi, solo per non citarne decine e decine), hanno infatti pescato il «pepe» del loro racconto in quei retroscena della guerra in cui i campioni della liberazione universale, i fraterni alleati, i crociatisti della libertà, eguaglianza e fraternità, apparvero nella loro veste reale di mercanti in aspra rabbiosa concorrenza, in cinica e spietata lotta per la conquista di mercati, nell'ansioso sforzo di fregare l'amico, il «fratello» e l'«uguale». Nel «fronte unito» dei liberatori, America, Inghilterra, Russia, Francia e minori furono, sin dall'inizio, essenzialmente occupati a darsi lo sgambetto non meno (e spesso più) che a darlo al cosiddetto avversario; a contendersi zone d'influenza; a manipolare preventivamente la pace a proprio uso e consumo e a danno del concorrente. Mentre al pubblico si presentava lo spettacolo esterno dell'agire concorde e disinteressato di nazioni buttatesi nella fornace della guerra al solo scopo di liberare gli altri, e in nome di questa concordia e di questo idealismo da cavalieri erranti si invocava ― e, ahinoi, si otteneva ― la collaborazione fra le classi, dietro questa facciata si svolgeva un duello serrato, una lotta a coltello, e il generale americano Patton sognava di infliggere al fratello inglese Montgomery una nuova Dunkerque, e Churchill liquidava il patrimonio siriano del caro alleato De Gaulle, e Stalin brigava per assicurarsi una fetta di «mondo libero», e tutti gli altri ne barattavano la concessione contro l'ingollamento di altre fette del globo.
Lo sapevamo e sappiamo che, di questo retroscena nei «veridici» libri di guerra dei Grandi non appare che uno sparuto angolino, quel tanto che basta a solleticare l'epidermide del pubblico, quel pochissimo che gli vieta di guardare a fondo nel letamaio del regime, democratico o fascista, totalitario o antitotalitario che sia. E' un'altra prova della potenza dell'inganno democratico il fatto che tutto ciò avvenga «pacificamente» e che ancora masse proletarie si dichiarino disposte a prendere le armi non per sé, ma per rinnovate campagne «liberatrici», organizzate, finanziate e dirette dalla classe avversa.
 
Il Programma comunista, n. 18, 1-14 ottobre 1954