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archivio > Archivio sulla sinistra>Il nuovissimo "credo" dell'opportunismo (Il programma comunista, n.21, 15 - 29 novembre 1961)

aggiornato al: 10/12/2011

Il Programma comunista, n. 21, 15 - 29 novembre 1961

Un bell'articolo dei primi anni sessanta che , senza tante cerimonie ma con la solita chiarezza e forza, ribadisce le posizioni del comunismo.

Buona lettura.

 

Il nuovissimo "credo" dell'opportunismo

 

Vari articoli sui problemi concernenti la bomba atomica, il diffondersi della radioattività, le possibilità del suo impiego in una futura guerra mondiale che - si dice - potrebbe anche essere provocata da  «errori» di tecnici ignari, distratti o nevrastenici, e gli effetti che un tale impiego produrrebbe sull'organismo umano nel presente e nelle generazioni avvenire, sono apparsi, sotto forme diverse ma con sostanza identica, sia sull' Unità  che sull' Avanti! di qualche settimana fa a coronamento delle numerose marce incessanti, interminabili, assurde non solo nella loro attuazione meccanica ma anche,  nella raffigurazione che se ne può fare, poiché, improntate come sono al più rancido pacifismo piccolo-borghese, non hanno alcuna possibilità di sbocco nell'unica forma reale di  «lotta per la pace», quella della trasformazione della guerra fra gli stati in guerra civile tra le classi e quindi dell'instaurazione della dittatura del proletariato, la sola che possa garantire una vera pace in quanto scaturita dall'abolizione di ogni sfruttamento. Al di là dell'interesse «scientifico» che quelle note potevano suscitare  (sebbene caratterizzate da una piramidale approssimazione e superficialità, come un diabolico volo nel mondo perverso della fantascienza), interessa a noi sottolineare qui l'ideologia che di queste elucubrazioni sta alla base. Vi si afferma che stiamo attraversando un periodo eccezionale della  storia umana, e questo è vero - diciamo noi - non solo per il nostro decennio ma da più di cent'anni, da quando cioè i comunisti dettarono il loro programma storico e rivoluzionario fuori da ogni utopia e su una rigorosa base scientifica contrapponendo alle romantiche delusioni e agli scoramenti provocati dal fallimento delle rivoluzioni borghesi del 1848-49 e dei loro postulati di libertà e di giustizia e di un mondo secondo ragione la via aspra ma sicura della liberazione definitiva dell'umanità attraverso la lotta violenta del proletariato, che ne è e lo sarà fino a che le classi esisteranno e lo stato non si estinguerà, il solo custode.

Ma, per lor signori, l'eccezionalità della nostra epoca non risiede in tutto ciò, non sta nel fatto che la umanità si avvicina sempre più al momento rivoluzionario della trasformazione dei rapporti sociali da capitalistici in socialisti (e in questa prospettiva il tempo si dilata nella visione dei rivoluzionari acquistando dimensioni storiche immense perché quel momento essi sanno viverlo anche nei periodi di stasi, di bonaccia, di rinculo del moto di classe) non deve cercarsi dunque nell'incalzare delle contraddizioni della società borghese verso la sua esplosione rivoluzionaria, bensì nel fatto che il genere umano e la «civiltà» corrono verso il «suicidio collettivo».

Questa affermazione è l'indice dell'alto grado di decomposizione ideologica alla quale è giunto l'opportunismo. Largo spazio è stato concesso dall' Unità, per esempio, alle allucinate profezie di veggenti pseudo-scienziati sulla possibilità che la guerra divampi in seguito ad «errori» di ogni sorta commessi da tecnici, militari o uomini politici.

E' la teoria che Krusciov lanciò, con un certo successo fra gli stolti e con il plauso solenne dei cosiddetti «comunisti» nostrani, quando l' «U 2» sorvolò il territorio russo e vi precipitò sotto i colpi delle contraeree, episodio che - egli disse - in un periodo di tensione avrebbe senz'altro scatenato un immane conflitto.

Non è una teoria (se si può chiamarla così) nuova: ogni guerra, se diamo ascolto ai testi della «cultura» di stato (quella tendente a rincoglionire e atrofizzare i cervelli) è stata e sarà il prodotto di «fatti fortuiti». In realtà quello che allora Krusciov affermò, e che sembra divenuto il nuovo «credo» delle «sinistre» collima perfettamente con le teorie che i borghesi danno in pasto ai proletari a fine di nascondere la proprie responsabilità come classe: si agitano spauracchi individuali per occultare fatti sociali. Senonché, alla base di tali affermazioni sta una realtà ben più grave di un misero «U 2» ed è quella della ulteriore decomposizione dell'opportunismo moscovita, che dalle posizioni certo non marxiste ma gagliardamente battagliere come esigeva lo sforzo di industrializzazione di un paese arretrato - processo che nella sua fase iniziale imponeva pianificazioni a lunga gittata e celava sotto il loro velo le antitesi interne caratteristiche del sistema capitalistico -, è precipitato e precipiterà sempre più verso miserabili posizioni di empirismo, pragmatismo e sperimentalismo in nulla dissimili da quelle correnti nel mondo occidentale.

Il XX Congresso, definito «del rinnovamento», è stato il simbolo di questo trapasso. L'entusiasmo e l'abnegazione presenti anche nelle rivoluzioni borghesi nella loro fase di attacco, hanno ceduto il posto al cinismo e allo squallore delle «autocritiche», delle sconfessioni, delle «cacce agli errori», da allora divenute sempre più il tema non solo di un raduno di alti papaveri, ma il perno di una «concezione del mondo». Bisognava prendere atto delle crisi interne, ma addebitarle a deficienze e follie di individui, per non correre il rischio di doverle riconoscere come le contraddizioni inevitabili di un sistema basato sulla divisione della società in classi. Perciò la «teoria degli errori», i cui precedenti si possono trovare nella fase di declino di tutte le rivoluzioni borghesi in Inghilterra come in Francia, è certo destinata a divenire l'ideologia dominante del superopportunismo moscovita e ad essere diffusa da quest'ultimo nelle file del proletariato di tutti i paesi: dietro ad essa sta la cieca pressione delle forze produttive non più contenibili nella forma capitalistica di appropriazione privata dei prodotti sociali. La crisi agricola da un lato, la crisi internazionale dall'altro, imponevano e impongono di cercare un capro espiatorio che non sia la classe dominante. Chi insegue lo spettro degli «errori» per giustificare i malanni  della società borghese e lo spettro della «buona volontà» per rimediarvi è la coscienza di una classe non più rivoluzionaria  che sente sfuggire il terreno sotto i suoi piedi e manda al plotone di esecuzione i suoi figli per non rischiare di essere giustiziata in blocco.

Una società che con la sua «scienza» pretende di aver fatto dell'uomo il dominatore dello spazio, ma non sa dominare i terremoti del sottosuolo economico e sociale e cerca di porvi rimedio processando gli individui, non potrà tuttavia impedire che il vulcano erutti in una incandescente esplosione rivoluzionaria. Allora e solo allora vivremo in un «periodo eccezionale della storia umana», quello del salto dell'umanità dalla cieca necessità alla libertà piena,  all'umano dominio delle forze della natura e del proprio destino.

 

il programma comunista, n. 21, 15 - 29 novembre 1961