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archivio > Archivio sulla sinistra>"Libertà dalla paura e dal bisogno" (il programma comunista, n. 4, 24 febbraio - 10 marzo 1966)

aggiornato al: 12/06/2010

il programma comunista, n. 4, 24 febbraio - 19 marzo 1966

Più di quaranta anni sono passati da quando fu scritto questo articolo. Nulla c'è da mutare  dopo di allora ma solo da moltiplicare il numero delle vittime, dei morti per guerre, carestie e fame che questo mondo, sotto l'insegna del capitale, ci ha regalato.

 

 

«Libertà dalla paura e dal bisogno»

 

La grande demagogia con cui fu condotta la «crociata antifascista» della seconda guerra mondiale voleva che, vittoriosa la democrazia, si sarebbe aperta un'era di libertà anche dalla  «paura» e dal «bisogno» - due mostri che non la rivoluzione proletaria, ma il riformismo demo-borghese, avrebbe definitivamente ucciso.

La guerra fu vinta dalla democrazia universale, e il suggello della vittoria fu il lancio del primo «deterrente», la bomba atomica: era l'annunzio che la paura lungi dal cessare, avrebbe sempre più giganteggiato, figliando altri deterrenti che si sarebbero chiamati bomba H, jet, satelliti artificiali, e guerre lungo assurdi paralleli tracciati a separare l'umanità in campi opposti e armati fino ai denti. Crollava un primo mito: il capitalismo si riformava solo per essere più terrificante, ammorbante e, per giunta, untuosamente «progressista» e  «filantropico.». Il dopoguerra «pacifico» non fu che una catena, ribadita ogni anno in nuovi anelli, di spaventi e di orrori.

Restava il mito della  «libertà dal bisogno». Fu «pianificata» la lotta contro la miseria e per l'assistenza ai popolo e ai paesi «arretrati»: il bilancio, non fatto da noi che lo sapevamo in anticipo ma dagli stessi «esperti» borghesi, dopo 20 anni, fu che la miseria, proprio in forza di quei tali aiuti e di quelle tali pianificazioni, in realtà cresceva, e che l'abisso fra popoli «ricchi» e poveri di anno in anno aumentava. Erano constatazioni di esperti, pubbliche e largamente pubblicizzate. Ed ecco che, «malgrado» queste voci, in un mondo divenuto straordinariamente piccolo in forza del progresso tecnico, e dei suoi mezzi di comunicazione, pontefici e governanti si accorgono «improvvisamente» che 150 milioni di creature del buon dio sono minacciate di morte per inedia, e che, d'altra parte, se non si fa presto ad aggiungere al cannone le scatolette di beneficienza, a quei 150  milioni indiani si aggiungeranno milioni e milioni di vietnamiti e di indocinesi!

Avevano detto che finalmente il bisogno sarebbe stato vinto; che l'espansione del capitalismo democratico l'avrebbe sgominato; che l' «anarchia» denunziata dal marxismo come un male inguaribile della società borghese soprattutto nel campo agricolo e alimentare sarebbe stata infine soppressa. Ed ecco che, in un mondo formicolante  di esperti e di organizzazioni pianificanti internazionalmente la lotta contro il bisogno, ci si avvede di colpo che in ventitre anni le disponibilità agricole dell'India sono in realtà diminuite in rapporto all'incremento demografico, che si è industrializzato ad oltranza «dimenticando» di incrementare l'agricoltura, anzi riducendone le potenzialità e le risorse sia diradando la popolazione dei campi, sia spostando le culture verso produzioni redditizie dal punto di vista mercantile ma svantaggiose dal punto di vista alimentare-umano; che i mezzi di trasporto sono sempre più insufficienti; che le catapecchie cenciose e malefiche sono in aumento; cosicché, mentre l'ultima carestia (quella del 1943, dunque anteriore alla fine della guerra-liberatrice-dal-bisogno) produsse 15 milioni di morti, la nuova - in piena era dell'ultra progresso scientifico, «spirituale» e tecnico, con piani economici nazionali (salutati come... socialisti) e internazionali (salutati come aggiornatissimi e ultracivili) - minaccia di causarne almeno cinque volte tanto; ci si avvede di tutto ciò (in un'epoca in cui telefoni, radio, televisione, satelliti, aerei superonici, avrebbero «avvicinato» tutti i popoli della terra) a fatto avvenuto, come se la fame scoppiasse in poche ore come un'epidemia, come se il milione di disoccupati della sola Calcutta di cui ha parlato la radio fossero divenuti tali dalla sera alla mattina, come se la miseria, la sottonutrizione e l'alterazione del delicato equilibrio fra città e campagna fossero caduti dal cielo, come se l'abbandono degli investimenti «improduttivi» in opere irrigue non fosse una piaga nota e costante della società borghese!

E, avendolo saputo «con sorpresa», che cosa si fa? Si fa della spaventosa catastrofe una cinica arma di propaganda, un mezzo o  per chiamare gli uomini intorno al sicuro presidio della Chiesa, o per mettere in mostra la generosa offerta americana di surplus accantonati non in vista di un «atto di carità» ma in vista di un congelamento dei prezzi delle derrate agricole per far stringere la cinghia al proletariato urbano a favore dei proprietari agricoli, o infine per insegnare ai poveri di tutto il mondo la «verità» che a tutti i problemi c'è un rimedio, quello di fare l'elemosina, in attesa che una nuova spaventosa catastrofe, naturalmente maggiore, esiga un nuovo ricorso al salvadanaio dei bimbi e alla borsa dei magnanimi grandi. Il capitalismo democratico, «vittorioso» sulla utopia socialista, non ha altro da offrire: un pugno di quattrini di mancia ai popoli che attendono con santa rassegnazione di morire sul fronte della carestia o, domani, in una guerra per la quale li si sarà salvati e che già oggi si preoccupa di prepararsi all'insegna degli aiuti di Ovest o di Est, di destra o di sinistra!

Passata la buriana e messa a posto la coscienza, il ciclo infernale dell'accumulazione capitalistica continuerà e, con esso, il ciclo paura-bisogno, bisogno-paura. Finché i  terrorizzati e affamati non si leveranno in piedi con la loro vindice violenza e butteranno in faccia a questo mondo di pirati la loro verità, non solo diversa ma opposta. come lasciano presagire i gravi disordini in corso, a sventare i quali non basteranno né i democratici poliziotti armi alla mano, né le punture di sottomissione al «destino» praticate insieme da induisti e gandhisti. Che quel giorno venga - e presto!

 

il programma comunista, n. 4, 24 febbraio - 10 marzo 1966