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archivio > Archivio sulla sinistra>Amadeo Bordiga, Socialismo e religione (L'Avanguardia, 14 dicembre 1913)

aggiornato al: 22/03/2010

L'Avanguardia, 14 dicembre 1913

Poco tempo fa, riproponendo  Anticlericalismo e Socialismo (che è del 1949),  avevamo annunciato il  proposito di ripresentare  anche questo scritto di Amadeo Bordiga di un secolo fa. Socialismo e religione apparve infatti in  L'Avanguardia, giornale della  Federazione Giovanile Socialista Italiana,  nel 1913 e mantiene intatta, senza alcun segno del tempo passato, la sua freschezza, la sua chiarezza e la sua lucidità  politica.

 

 

SOCIALISMO E RELIGIONE

E' ormai assodato che la nostra profonda divergenza dai metodi degli anticlericali borghesi, e tutta la viva campagna svolta in questo senso da qualche anno dalla stampa socialista, e specie dal movimento giovanile, non significano e non devono significare una diminuzione di intensità nell'azione anticlericale dei socialisti, come si è qualche volta insinuato dagli avversari.

Gli ultimi avvenimenti politici ci hanno dato più agio di dimostrare che l'anticlericalismo bloccardo non è che l'etichetta con la quale si vorrebbe coprire la merce avariata dei connubi sul terreno elettorale, per i quali i partiti della democrazia hanno una vera debolezza, così da arrivare fino alla disinvoltura di contrarre alleanze con i clericali per fronteggiare l'avanzata dei socialisti, nello stesso tempo che tentano, ove meglio convenga al loro arrivismo, i soliti vieti motivi del popolarismo piangendo a lagrime di coccodrillo l'intransigenza socialista.

Lasciando ora andare queste meschine manovre di politicanti, sarà bene occuparci un poco della nostra specifica azione anticlericale, particolarmente nei riguardi della questione religiosa.

Quella nostra fondamentale divergenza dagli anticlericali borghesi non è sempre giustamente valutata da tutti i compagni. Si riconosce in generale che il nostro anticlericalismo fatto sul terreno della lotta di classe è collegato alla ragion d'essere economica di essa; e, pure essendo d'accordo nel giudicare un grave errore tattico l'allearsi a partiti che, sebbene si dicano avversi al clericalismo, sono ben lontani dall'accettare la lotta di classe, non sempre si riesce a ben precisare i termini e il metodo della nostra tattica verso il partito clericale, la chiesa e la religione.

Molti infatti ritengono che al contrario degli anticlericali che, attaccando i concetti religiosi in maniera astratta per fare ostentato sfoggio di un ateismo teoretico incompreso dalle masse operaie, causando in queste una reazione di fanatismo, noi socialisti dobbiamo sostenere che la religione sia un affare di coscienza privata e non toccare il sentimento religioso limitandoci a denunziare ai proletari il danno economico che loro deriva dalla cieca dedizione al prete ed alla sua opera sempre esorbitante dal campo strettamente spirituale.

Si sente poi spesso dire da altri compagni che, invece, gli anticlericali borghesi si limitano a ridestare una vuota avversione alla casta sacerdotale, accusandola di brutture e di infamie, ma senza investirne la ragion d'essere fondamentale, ed i socialisti debbono invece condurre una vigorosa campagna contro le concezioni religiose e le pratiche del culto avvalendosi di argomenti migliori che non siano gli atti schifosi di alcuni membri del clero.

Questa disparità di opinioni si spiega col fatto che, mentre esiste una categoria di anticlericali che ama far propaganda di ateismo sfegatato a base di paroloni e di luoghi comuni, categoria costituita per lo più dagli studenti, che possiamo chiamare anticlericali... dilettanti, vi sono invece gli anticlericali politici, "di professione", che mirano solo ad accaparrarsi voti ed hanno bisogno di togliere le masse all'influenza del prete solo per convincerle a non votare per il candidato delle chieriche, ma nessun intento di ridestare una vera coscienza anticlericale - cosa assai più difficile, e pericolosa per il successo elettorale.

Dal metodo degli uni e degli altri dobbiamo restare lontanissimi, evitando le balorde ostentazioni come le opportunistiche acquiescenze. E dobbiamo seguire le direttive di un preciso anticlericalismo socialista.

Perché il socialista è anticlericale? Lo è perché sostiene che la schiavitù economica e sociale di una classe, come la storia dimostra, è sempre assicurata e ribadita dalla diffusione del pregiudizio religioso che, trovando facile terreno nell'ignoranza, logica conseguenza della miseria, tenta di impedire agli oppressi la rivolta contro gli oppressori, ottenebrando nei primi la coscienza della propria forza latente. Ed è sempre esistita, a fianco delle caste dominanti, la casta sacerdotale, stipendiata appunto per mantenere e diffondere la rassegnazione, la viltà, nell'animo dei servi chini sotto il giogo, per far fronte ai fremiti di rivolta causati dal disagio e dal malcontento. Nell'eccitare la classe sfruttata a sottrarsi all'oppressione economica che subisce, il socialismo, basandosi sulle condizioni economiche, deve risalire alla critica di tutte le false concezioni con le quali la borghesia difende i suoi privilegi.

Il socialismo non fa esclusivamente la questione economica, come così spesso si ripete dai critici sfaccendati, ma vede in essa la causa prima di tutti gli altri fatti sociali e se ne fa una traccia sicura per affrontare tutti gli altri problemi.

Noi non possiamo quindi accettare che la religione sia una questione privata, senza prestare il fianco ad obiezioni troppo facili e senza commettere una grave imprudenza. Come noi combattiamo, ad esempio, il militarismo non solo perché quotidianamente aggrava il disagio economico delle classi non abbienti, ma soprattutto perché esso è nella sua essenza un poderoso strumento di dominazione della classe borghese e di diffusione di tendenze antirivoluzionarie; così dobbiamo vedere nella religione uno dei mezzi di difesa della borghesia, e quindi un fattore importantissimo della vita sociale collettiva, anziché una privata questione di ciascun individuo. Molti amano considerare la religione come un fenomeno puramente intellettuale, quasi insito nell'anima umana, sorto dal bisogno si spiegarsi in certo qual modo i fenomeni del mondo esteriore e di confortarsi nei momenti di dolore e di sofferenza, e vogliono perciò rispettare tale bisogno.

Ma questa concezione del fenomeno religioso non può essere da noi divisa. Noi non possiamo separare la religione, come cosa astratta, dalla sua applicazione alla vita sociale ed anche politica. Diciamo anzi, per dirla con una frase forse troppo semplicista, che le religioni sono state proprio "inventate" per servire a quell'applicazione nell'interesse di una classe sociale. Non sono dunque le masse che sentono l'ipotetico bisogno di conoscenze e di conforti astratti, ma sono le minoranze dominanti, interessate a far sì che gli sfruttati non comprendano le "vere" cause della loro inferiorità economica e non s'adoprino a mettere in valore i "veri" mezzi suscettibili di alleviare il proprio dolore, che creano un diversivo col diffondere le idee religiose.

Perché infatti non vi sono religioni senza preti? Perché infiniti aneddoti storici mostrano che tutti i sacerdoti non credono affatto a ciò che predicano fra il popolo? Perché tutti i tiranni, i dominatori, i regnanti, adottano e cambiano le religioni più opportune per rafforzare la loro potenza?

L'attuale borghesia era atea ed infrangeva gli altari, quando la religione costituiva l'ultima difesa del regime feudale e della monarchia assoluta dei re per "diritto divino", e rappresentava un ostacolo alla sua ascensione. Ma, oggi, la borghesia rinuncia al suo bagaglio filosofico e ridiviene cristianuccia perché a sua volta, scossa dai moti rivoluzionari del proletariato, sente il bisogno di aggrapparsi a tutte le ancore di salvezza. Quale esempio migliore di questo?

Per noi socialisti, che vogliamo contrastare gli effetti di questa alleanza fra capitalismo e clericalismo, è quindi necessario non mettere fuori causa la religione.

E' assurdo pretendere che il prete non si occupi di politica e si mantenga neutrale nei conflitti economici. Bisogna mirare alla distruzione dell'istituto ecclesiastico non solo nelle sue manifestazioni "temporali" ma anche nella sua essenza religiosa e spirituale, perché è impossibile separare quelle due esplicazioni dell'attività dei preti.

Questo lo possono credere Giolitti e il suo re, come anche i cosiddetti anticlericali democratici e radicali. Ma i socialisti debbono comprendere che la forza del prete sta nella diffusione dei concetti superstiziosi a mezzo dei quali egli si imporrà sempre all'animo delle masse finché tali concetti avranno presa fra queste.

La nostra azione anticlericale deve dunque comprendere una efficace ed assidua propaganda antireligiosa, svolta senza balorde dissertazioni filosofiche e senza negazioni astratte che spesso sono non meno assurde delle favole che spaccia il prete, ma svolgendo chiaramente lo stretto legame esistente fra le credenze religiose e la inferiorità economica del proletariato, mostrando come la religione sancisce e difende i privilegi dei potenti e vuole la rassegnazione degli umili, allettandoli con le visioni di un'altra vita per distoglierli dalle essenziali conquiste che occorre compiere in "questa".

Bisogna sostenere che questa predicazione non è una manovra dei preti, ma costituisce l'essenza stessa della religione, e che quindi fra religione e socialismo vi è assoluto contrasto. Bisogna infine energicamente reagire agli sciatti motivi di propaganda che puzzano di socialismo cristiano. Il proletariato socialista e rivoluzionario non può cullarsi nelle tradizioni di un movimento dal quale lo separano duemila anni di storia, oggi che ha già sentito il bisogno di spezzare istituti ed idealità che pur ci sono assai più vicini.

 

Amadeo Bordiga.

L'Avanguardia, 14 dicembre 1913