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archivio > Archivio sulla sinistra>Il trionfo di Marmittone (il programma comunista, n. 10, 21 maggio - 4 giugno 1953)

aggiornato al: 08/12/2009

il programma comunista, n. 10, 21 maggio - 4 giugno 1953

Lasciando un poco  perdere la squallida attualità delle mirabolanti gesta di Berlusconi con i suoi degni compari, noi, da affezionati residuati fossili  di un lontano passato e delle sue verità dimenticate, riproponiamo un articolo degli anni cinquanta del secolo scorso che si riferisce ad  un passato ancora più lontano in cui si pone in risalto il patriottismo di Palmiro Togliatti all'epoca della prima guerra mondiale quando anche i vituperati socialisti di allora non si proclamavano favorevoli alla guerra.

Niente di nuovo e nessuno scoop se anche Giorgio Bocca nella sua biografia di Palmiro Togliatti scrive:

La verità è che nel 1915 i due [cioè Gramsci e Togliatti]  sono interventisti, e interventisti al punto di rompere con il partito: Gramsci per alcuni mesi, Togliatti per alcuni anni.» e più avanti:

Interventismo netto ed esplicito: dovuto probabilmente alla profonda influenza di Salvemini su Gramsci e sui suoi amici, alla ideologia democratico-contadina con le sue giustificazioni della "guerra popolare", della guerra che promuove le masse proletarie. Poi sarà molto difficile confessare l'interventismo per due ragioni: l'opposizione alla guerra del tanto criticato Partito socialista e la corretta analisi marxista della guerra del tanto condannato compagno Amadeo Bordiga. Scriverà Giacinto Menotti Serrati, perdendo la pazienza, nell'ottobre del '20: "Coraggio amici Pastore, Gramsci, Galetto, Togliatti, Zino Zini e compagni di nuovo ordine... diteci dove voi eravate e cosa pensavate quando scoppiò la guerra? Che cosa sarebbe avvenuto del partito se, anziché all' «Avanti!» che errava, avesse dato ascolto a voi che non errate mai?». (Giorgio Bocca, Palmiro Togliatti, Oscar Mondadori, 1991, pag. 32).

Ma leggiamo questo bell'articolo.

 

 

Il trionfo di Marmittone

 

Sui poveri muri impiastricciati della Penisola, fra tanto ciarpame è apparso il manifesto che ci voleva. Utilizzando il lato buono dei romanzi a fumetti gli autori hanno riassunto in una dozzina di fotogrammi, polemicamente appaiati, il «curriculum vitae», la biografia in pillole, dei massimi battilocchi della politica ufficiale: l'on. Alcide De Gasperi, Presidente del Consiglio, e l'on. Palmiro Togliatti, aspirante ad un posto qualunque del tavolo ministeriale del Viminale.

Il primo fotogramma mostra gli occhiali da miope e le fattezze giovanili di Palmiro sovrastate da un cappellone da alpino con tanto di penna nera. Potrebbe anche trattarsi dell'eguale copricapo in dotazione alle guardie di finanza, ma conoscendosi le qualità morali e patriottiche dell'Uomo Togliatti, si può escludere che abbia trascorso il suo servizio militare dando la caccia ai contrabbandieri intercomunali di salami o di fiaschi di vino. La didascalia parla chiaro: «Prestò servizio sino alla fine della guerra 1915-18, nell'esercito italiano» A parte la omissione  dell'aggettivo «regio», in quanto capo di tutte le forze armate era S.M. Vittorio Emanuele III, si capisce  che un futuro capo di un formidabile partito dovette trovarsi sulla linea del fuoco, dove più aspra ferveva la pugna: sul san Michele o sul carso o sul Grappa. Dove si trovava invece l'on. De Gasperi? Né sul Sabotino né sull' Altopiano di Asiago. La prova fotografica che riproduce non si sa che documento ufficiale del regno Austro-Ungarico sta a provare che l'attuale capo della Democrazia Cristiana sedeva nel Parlamento austriaco. Ai lettori, cioè agli spettatori, la conclusione.

Naturalmente non solo Palmiro Togliatti prestò servizio nel Regio Esercito durante la guerra 1915-18, ma moltissimi proletari che nel 1921 entrarono nel partito comunista d'Italia. Per costoro il duro calvario delle trincee, e le cicatrici delle ferite riportate, erano una voce del lungo conto di sfruttamento e di oppressione che la borghesia italiana doveva pagare, e lottarono per farglielo pagare. Per la direzione del P.C.I. e per Palmiro Togliatti, comunista dell'ultima ora e dell'ultima fila nel 1921, il servizio militare prestato durante la prima guerra e il giuramento alla voce al Re d'Italia, costituiscono motivo d'orgoglio e di patriottica gioia! Vuol dire che la Direzione del P.C.I. crede di estendere alla prima guerra mondiale il presunto carattere di «guerra democratica» appiccato alla seconda carneficina. Non ci stupiremo proprio adesso, cioè a pochi giorni dalla apertura dei bidè... pardon, volevamo dire delle urne elettorali!

La seconda guerra mondiale, durante la quale Togliatti, a differenza di quanto fece in quella del 1915-18 prestò servizio militare... sedentario nell'esercito delle mezze maniche del Cremlino, fu e viene definita «democratica e di liberazione dei popoli» per la presenza della Russia, «Paese del Socialismo»  nella coalizione antifascista. Ora nelle opposte alleanze della prima guerra mondiale non figurava affatto nessuno Stato che nemmeno lontanamente potesse essere definito, anche dal più sfrontato impostore opportunista, non capitalista, non borghese. Anzi nella alleanza Inghilterra-Francia-Italia, la Triplice Intesa, si allineava l'impero assolutista degli Zar. Nel corso delle ostilità entrarono a farne parte gli Stati Uniti, allora alla fase iniziale della loro potenza mondiale.

Allo scoppio delle ostilità, nel luglio del 1914, i partiti socialisti della Seconda Internazionale tradirono vergognosamente gli impegni presi al Congresso di Stoccarda (1907) e riconfermati al Congresso di Basilea (1912) di opporsi alla guerra che fermentava nelle viscere del capitalismo internazionale. Alla prova dei fatti, ogni partito socialista si schierò col proprio Governo, cioè passò nel campo borghese imperialista, sostenendo la tesi dell'aggressione esterna. Quasi solo, il partito italiano mantenne un atteggiamento di opposizione alla guerra, sebbene non conseguente  ad una impostazione intransigentemente classista del problema. La guerra doveva provocare così la prima profonda scissione nel campo socialista internazionale, che doveva delinearsi appieno a seguito della Conferenza di Zimmerwald. A coloro che escono ogni mattina di casa con la fregola irresistibile dell'ultimo manifesto del partito X e della risposta del partito Z, interesserà poco riesumare «anticaglie», ma visto che il P.C.I. ci tiene a fare sapere ciò che fecero i suoi capi durante la guerra del 1915-18, legittima è la nostra di mostrare quello che fecero durante lo stesso tremendo sconvolgimento i socialisti conseguenti che si ribellarono al tradimento della Seconda Internazionale e si rifiutarono di allearsi ai governi borghesi nella campagna di reclutamento e di ubriacatura della carne da cannone proletaria.

La Conferenza di Zimmerwald si tenne nel settembre del 1915. Vi parteciparono rappresentanti del partito Socialista Italiano (Angelica Balabanoff, Lazzari, Modigliani, Morgari, Serrati), dell'ala sinistra del partito socialdemocratico di Germania, socialisti isolati, delegati dei partiti socialisti di Polonia, Romania, Bulgaria, Olanda, Svezia, Svizzera. Vi partecipò pure, quel che importa a noi, una rappresentanza del partito socialdemocratico russo: Lenin per la corrente bolscevica, Axelrod per quella menscevica, Trotzky per il suo gruppo. La conferenza emanò un  Manifesto contro la guerra, che, tra l'altro diceva: «Qualunque sia la verità sulle responsabilità immediate della guerra questa è il prodotto dell'imperialismo, ossia il risultato degli sforzi delle classi capitalistiche di ciascuna nazione per soddisfare la loro avidità di guadagni con l'accaparramento del lavoro umano e delle ricchezze naturali del mondo intero. La guerra rivela il vero carattere del capitalismo moderno e dimostra che esso è inconciliabile non solamente con gli interessi dei lavoratori, non solamente con la esigenza del progresso, ma anche con i bisogni più elementari della esistenza umana». Il Manifesto terminava chiamando le masse a lottare contro la guerra  e a chiedere la pace. La rivendicazione della pace non si accordava con la posizione di Lenin che, su trenta delegati, ottenne sette voti, ma Lenin firmò il Manifesto perché in esso era accettata la definizione del carattere imperialistico della guerra, negato dai socialisti nazionalisti dell'Europa, dagli interventisti alla Cachin e Mussolini, dai fautori della collaborazione ministeriale con la borghesia. Nell'aprile del 1916 i partiti di Zimmerwald si riunirono per la seconda volta a Kienthal. La sinistra zimmerwaldiana capeggiata da Lenin e Zinoviev ribadì la tesi della trasformazione della guerra imperialistica in guerra civile rivoluzionaria, cui faceva capo tutta la possente trattazione dell' «Imperialismo», apparso fin nella primavera del 1915. Dieci mesi dopo le masse insorte di Pietroburgo abbattevano l' Impero dello Zar, l'alleato-servo delle potenze occidentali...

Durante tutto questo periodo, dunque, mentre le polizie degli stati belligeranti davano la caccia ai socialisti contrari alla guerra, distribuendo fucilate e secoli di galera, mentre i bolscevichi in Russia incitavano gli operai e i contadini in divisa a rivolgere le armi contro i loro generali, incuranti di provocare la disfatta militare del «proprio» governo, l'alpino o guardia di finanza che fosse Palmiro Togliatti serviva fedelmente la patria, ligio al giuramento prestato... Chiaro che non si vuole attribuire a Togliatti l'importanza che mai ha avuto nel movimento operaio, ma è altrettanto chiaro che la Direzione del P.C.I., esaltando lo stato di servizio militare del suo Migliore, con ciò stesso esalta la guerra imperialista del 1915-18. Come nella agnizione finale delle vecchie commedie, il personaggio Togliatti, ritenuto pericoloso sovversivo e rivoluzionario, si rivela per un buon patriota, per un soldato ligio agli ordini dei superiori. Il riconoscimento, nelle astute mani dei registi della farsa, avviene a gradi. Non è escluso quindi che alle prossime elezioni le rivelazioni biografiche di Togliatti si estenderanno alla adolescenza, sicché vedremo affisso sui muri d'Italia la fotografia di Palmiruccio nell'atto di ricevere la Prima Comunione. Chi è un buon patriota è quasi sempre anche un ottimo chierichetto. Stia attento De Gasperi...

 

il programma comunista, n. 10,  21 maggio - 4 giugno 1953