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archivio > Archivio sulla sinistra>Sulla origine storica della Sinistra (il programma comunista, n. 6, 19 marzo - 2 aprile 1954)

aggiornato al: 18/12/2008

il programma comunista, n. 6, 19 marzo - 2 aprile 1954

Riproponiamo alla fine della serie  Questioni storiche dell'Internazionale Comunista  questo articolo che, mentre quella serie di scritti appariva, in modo lineare e semplice si occupa degli albori della  Sinistra. E' ovvio che quanto qui detto in modo stringato e rapido è più articolato nel I° volume della Storia della sinistra comunista.

Come è scritto all'inizio: chi vuol contribuire alla dolorosa difficile ripresa delle forze rivoluzionarie deve conoscere e capire il passato. 

 

Sulla origine storica della Sinistra

 

Gli scritti sulle questioni storiche dell'Internazionale Comunista (cfr. seconda pagina) hanno avuto movente dalla impostazione data da Rosmer alla Storia dell'opposizione nell'Internazionale di Mosca. Rosmer, testimonio che merita ogni credito sul riferimento dei fatti, sta teoricamente su un terreno assai diverso da quello della sinistra italiana, ed anche rispetto a Trotsky sta su un piano sindacalista, mentre Trotsky a parte le sue vedute tattiche è un marxista ortodosso. Rosmer lo segue per simpatia politica e rivoluzionaria, ma la sua concezione  del compito del partito e dei problemi dello Stato e del potere si stacca da quella di Trotsky quanto da quella della sinistra italiana.

Chi stende questo lavoro è un giovane e non ha vissuto l'importantissima fase storica, che tuttavia la generazione attuale deve conoscere e capire se vuole contribuire alla dolorosa difficile ripresa delle forze rivoluzionarie.

Può non essere stato chiaro il richiamo agli eventi che condussero al risorgere del marxismo rivoluzionario dopo la catastrofe della seconda internazionale e in ulteriore periodo al degenerare della terza Internazionale.

Saranno quindi utili alcune note di cronologia, risultato di una ricerca anch'essa non facile per la  mancanza di fonti documentarie, e che hanno riguardo alla lotta delle tendenze socialiste in Italia, che anche tra noi è meno nota della stessa lotta delle tendenze in Russia. Militarismo fascismo e attuale confessionismo stalinista hanno tutti concorso ad obliterare la conoscenza dei veri rapporti. Diamo quindi i riferimenti, ancora monchi ma del tutto controllati, che riescono utili allo scopo.

 

Anteguerra

1910. Congresso di Modena. La Frazione Intransigente  rivoluzionaria conquista la direzione del partito socialista, battendo i riformisti del gruppo parlamentare e della confederazione del lavoro (nei precedenti anni erano usciti dal partito i «sindacalisti rivoluzionari» soreliani e «apolitici», il che era apparsa a tutti vittoria della destra riformista). Si era in tempo di pace e le questioni politiche di primo piano erano la intransigenza nelle elezioni ed il ripudio della politica di blocco coi partiti cosiddetti affini e popolari (repubblicani, radicali), dichiarandone il carattere borghese.

1912. Congresso di Reggio Emilia. Una estrema destra del partito (Bissolati, Bonomi, Cabrini) viene espulsa non solo per essere «transigente» ma per avere dopo attentati anarchici al re fatta aperta condanna di ogni uso di violenza non solo individuale, ma di classe. Nella guerra di Libia alcuni (Podrecca) avevano rotto la fiera opposizione del partito all'imperialismo coloniale, e viene anche per tal motivo applicata la espulsione. La vediamo imposta nei due casi nel seno della maggioranza intransigente da una estrema sinistra diretta da Mussolini.

Aprile 1914. Congresso di Ancona. Non è ancora scoppiata la guerra mondiale. L'estrema sinistra si afferma con l'adozione della rigorosa intransigenza nelle elezioni di ballottaggio e nelle amministrative, ed inoltre nella importante (sia politicamente che dottrinalmente) condanna della massoneria ed espulsione di tutti i massoni. La critica marxista della democrazia borghese è in questa fase completa, tuttavia il punto sul militarismo non trova attenzione al congresso, malgrado lo avessero sentito i congressi internazionali di Stoccarda e Basilea.

 

Guerra mondiale

Agosto 1914. Scoppia la guerra in Europa. Senza esitare tutto il partito si pone contro l'intervento italiano a fianco degli imperi tedeschi; ma tale prima posizione è comune a socialisti di destra, bissolatiani, massoni radicali e repubblicani borghesi e non contribuisce ad approfondimento del problema di classe.

Ottobre 1914. la minaccia di guerra si è capovolta in quanto una forte corrente borghese di sinistra e nazionalista si è stretta sulla richiesta dell'intervento a favore dell'Intesa colle note ragioni: democrazia, irredentismo. La sinistra si batte non meno decisamente anche contro questa guerra, coerente alla fiera rampogna data fin dall'agosto al tradimento dei socialisti francesi e tedeschi, e alla violenta polemica condotta contro le giustificazioni della guerra con motivi nazionali, democratici ed anche di «difesa» sostenendo la tesi della guerra imperialista su tutti i fronti e per tutti gli stati impegnati. La estrema sinistra si amputa senza esitare della personalità di Mussolini, buttato fuori praticamente senza che nessuno lo segua.

Maggio 1915. Gli interventisti stanno per avere la meglio: il 24 sarà dichiarata la guerra all'Austria, il 19 a Bologna si riuniscono Direzione del Partito con delegati della base e della federazione Giovanile, Gruppo parlamentare e direzione confederale. Estremi sinistri e giovani propongono decisamente lo sciopero generale ad oltranza al momento della mobilitazione. La Direzione (ormai con una posizione di centro) sostiene di mantenere l'opposizione alla guerra politicamente e parlamentarmente, ma di non scatenare l'azione di massa. L'argomento anche dei destri è che lo sciopero fallirebbe o verrebbe schiacciato o provocherebbe l'invasione nemica. Già qui la sinistra pose la questione in pieno: voi non temete che lo sciopero non riesca, ma che riesca; voi vi sentite legati alla causa e alla difesa dello Stato nazionale, voi stessi che ammettevate l'insurrezione come aveva detto Turati in caso di mobilitazione a favore dei tedeschi nel 1914, ma per motivi democratico-borghesi e non classisti. Turati nella sua replica fece omaggio alla chiara posizione della sinistra teoricamente coerente nel definito «disfattismo» e antidifesismo della patria. La maggioranza boccia la mozione di sciopero.

25-27 febbraio 1917. Si tiene a Roma una riunione privata ma non clandestina del partito. La destra attacca la direzione e viene battuta. Ma la maggioranza di sinistra si divide in due: la direzione si avvia alla formula passiva: non aderire e non sabotare. La sinistra vuole un'azione nelle masse per chiedere la fine della guerra. La votazione non riesce chiara: la destra è battuta con 2670 astensioni, il centro su una mozione di piena adesione e plauso alla direzione raccoglie 6395 voti, la mozione della sinistra non poteva fare il gioco della destra mettendo la direzione in minoranza e dopo le sue critiche vota per la pura approvazione dell'opera della direzione: raccoglie ben 22841 voti. Non è rintracciabile la mozione presentata da Bordiga su «La pace e il dopoguerra» espressione della posizione rivoluzionaria e antipacifista.

Ottobre 1917. Il fronte italiano cede per la nota frana attribuita alla propaganda disfattista (in verità molto timida) dei socialisti e gli austriaci si portano al Piave. La destra del partito colta da smarrimento si vede negli estremi di difesa del patrio suolo e vuole decampare dalla opposizione e se non entrare in un governo di unità nazionale almeno votare i crediti per la difesa. La troppo debole Direzione si vede a mal partito e il vecchio Lazzari grida di non potere essere alleato agli austriaci. Non è il caso di prenderla tra due fuochi col rischio di gettare un altro partito dell'Internazionale nella vergogna del socialpatriottismo: la sinistra ottiene una riunione del tutto illegale a Firenze della sola frazione di maggioranza (18 novembre 1917).

La sinistra si schiera subito su una aperta posizione di azione rivoluzionaria: propone di dichiarare la solidarietà allo sciopero torinese avvenuto nell'agosto (dopo il quale Serrati e gli altri erano in carcere) nel senso di assumere la responsabilità politica del rifiuto a combattere delle truppe. Sebbene i documenti leninisti non siano ancora giunti in Italia, la mozione Bordiga, restata stavolta in minoranza chiede l'espulsione dei riformisti e di tutti i difesisti e la proclamazione dell'azione violenta contro il potere borghese in guerra e in pace da parte del proletariato per abbattere borghesia e capitalismo. La mozione non si possiede. Per Torino assisteva la prima volta Gramsci, che allo scoppio della guerra era stato interventista. Febbrilmente attento, egli non parlò. Non si hanno le cifre, ma l'opposizione a Lazzari fu forte: forse i due quinti (ripetiamo della frazione di maggioranza).

Settembre 1918. Congresso pubblico del partito socialista a Roma. Bordiga è militare. Per la sinistra si batte una forte corrente basata sulle forze di base di Torino, Bologna, Firenze, Napoli, Puglia. Dovrebbe esistere resoconto con nomi e cifre del voto: prevalse la politica della direzione. Tra i sinistri: Di Vagno, D'Agostino, Aspettati, Salvatori, Barberis e molti altri.

 

Dopoguerra I

Novembre 1918. Notizie internazionali sempre maggiori, sempre maggiore orientamento verso la Russia rivoluzionaria bolscevica e la nuova Internazionale. La Direzione ha finora sempre monopolizzato i rapporti internazionali  (Zimmerwald, Kienthal, prime delegazioni russe in Italia, primi compagni bolscevichi che giungono illegalmente). Ferve la corrente di sinistra ma comincia ad imperversare la tendenza frenetica a sfruttare la popolarissima opposizione del partito alla guerra finita con una falsa vittoria nella sarabanda elettorale.

Il giornale di Napoli «Il Soviet» apparso in fine dell'anno proclama per il primo l'adesione totale a Mosca, alle teorie del leninismo marxista, alla dittatura e al terrorismo (fin dal 1917 si batteva su queste tesi l'Avanguardia dei giovani: sarebbe preziosa una collezione e la rubrica settimana per settimana: La luce dall'Oriente che ribatteva sulle notizie di agenzia il trionfo storico del più ortodosso marxismo).

Nello stesso tempo il giornale si dichiara contro la partecipazione alle elezioni per dedicare tutte le forze alla rivoluzione proletaria in Europa.

A questa data la sinistra prende il nome di Frazione Comunista Astensionista. Il seguito può dai compagni lettori essere studiato sul numero di Prometeo dedicato alla formazione del partito comunista d'Italia, fondato a Livorno il 21 gennaio 1921.

A ottobre 1919 al congresso di Bologna gli astensionisti (forti a Napoli, Torino, Firenze, Arezzo, Novara, ecc.) sono piccola minoranza. La grande maggioranza massimalista vota per l'adesione del partito a Mosca, ma soprattutto vota per le elezioni con tutto il partito integro.

Alla vigilia del voto, gli astensionisti, compiendo lo sforzo di vincere l'innata intransigenza sui principi e le direttive, propongono nettamente ai massimalisti di votare insieme, abbandonando la pregiudiziale anti elezionista, a condizione che si adotti l'espulsione dell'ala destra turatiana, perchè contraria apertamente alla dittatura proletaria e alla violenza rivoluzionaria.

Non vi è un attimo di esitazione né si sblocca una sola sezione: la proposta è respinta, 150 seggi parlamentari sono all'orizzonte.

Basteranno questi pochi cenni, per seguitare la «veridica istoria» di come è nato il partito comunista in Italia, e chiarire molte idee, naturalmente non ai lacchè della politica stalinista burocratica, ma ai pochi onesti ricercatori, che non fanno la ricerca al fine di essere graditi alla plateale polemica antirussa e alle agenzie di Washington.

 

il programma comunista, n. 6, 19 marzo - 2 aprile 1954