Sul filo rosso del tempo, Schio - gennaio 2013 -
Un bell'articolo sulla prossima pagliacciata elettorale scritto dai compagni di Schio che pubblicano «sul filo rosso del tempo».
Sulla rappresentazione politica nostrana la figura più calzante é quella di Berlusconi, ormai "cadavere che ancora cammina" ma gli altri rappresentanti della borghesia italiano lo seguono a ruota con i putrescenti miasmi che lo accompagnano e che ammorbano l'aria.
LA FARSA ELETTORALE
Lavoratori, disoccupati, giovani precari, non fatevi ingannare. La nuova farsa elettorale non cambierà le vostre condizioni di vita. QUESTO SISTEMA NON HA FUTURO solo la lotta di classe e la rivoluzione comunista possono mettere fine alla barbarie capitalista.
Se fosse utile votare non
ce lo lascierebbero fare. Mark Twain
Viviamo in un mondo in cui anche le cose più inutili spesso hanno uno scopo; sembra che questo valga anche per le vicine elezioni politiche del 24 febbraio 2013. A prima vista, allestire una consultazione elettorale, sembrerebbe uno spreco insensato di tempo e di denaro, ben sapendo che, chiunque sia vincitore, alla fine, esso potrà solo, inevitabilmente e indipendentemente dalla sua volontà, adeguarsi al sistema capitalistico, continuando a mettere in atto (usiamo le autorevoli parole di Napolitano) i provvedimenti le riforme necessari che ci sono richiesti dall’Europa. Infatti, chiunque esca vincitore dal confronto delle urne non metterà mai in questione, per debolezza intrinseca ed adesione passiva allo statu quo, prescrizioni e diktat esterni provenienti dagli organismi mondiali, politici e finanziari). Assodata questa necessità, osiamo dirci perfino in sintonia con le commoventi riflessioni del presidente della repubblica, e, sfruttando la sua luce riflessa, sosteniamo che - in ogni caso - dal parlamento ai comuni, qualunque amministrazione potrà affrontare i problemi posti dalla complessa macchina sociale contemporanea, soltanto adeguandosi alle leggi che regolano il capitalismo. Per nostra sventura l’unica legge fondamentale che regola questo sistema, da cui tutte le altre derivano, è quella della produzione di plusvalore attraverso lo sfruttamento del lavoro salariato. Di conseguenza, qualunque sia il colore della compagine politica che dovrà governare l’Italia dopo le elezioni, le attuali tendenze all’inasprimento delle condizioni di sfruttamento e di schiavitù della classe lavoratrice, non cambierà di una virgola.
Possiamo anche chiarire meglio cosa sono le tendenze di cui stiamo parlando. Usiamo i dati - probabilmente ottimistici - di una fonte ufficiale come il Censis, così non ci accuseranno d’essere catastrofisti.
Il Censis nel Rapporto 2012 descrive una crisi peggiore delle altre, "perfida", che ci rende inermi di fronte a "eventi estremi", quasi al di fuori della comprensione.
I consumi di molte famiglie sono ritornati ai livelli del 1997 e, in certi casi, anche più indietro nel tempo. Il reddito medio è sceso a 15.700 euro annui pro capite. Una percentuale pari a 83% delle famiglie italiane ha riorganizzato la spesa alimentare, ricercando offerte speciali e cibi meno costosi, il 65,8% ha drasticamente ridotto gli spostamenti in auto per risparmiare, il 42% ha rinunciato a viaggi e vacanze, il 39,7% all'acquisto d’abbigliamento e calzature, 2,5 milioni di famiglie hanno venduto oro e altri oggetti preziosi, 2,7 milioni d’italiani hanno iniziato a coltivare ortaggi e verdura, quasi 11 milioni d’italiani preparano in casa quasi tutti i generi alimentari per l’autoconsumo familiare.
Indieci anni la ricchezza finanziaria è scesa mediamente da 26.000 a 15.600 euro a famiglia, tuttavia la quota percentuale di nuclei familiari con una ricchezza finanziaria superiore a 500.000 euro è più che raddoppiata, spostandosi dal 6% al 12,5% (Miracoli della crisi, che come la guerra fa sopravvivere e arricchire solo i più forti). I disoccupati, secondo la stima prudente del Censis ammontano 2.753.000 unità (tuttavia tale numero non comprende l’enorme esercito di lavoratori precari e sottoccupati). Aumentano inoltre i soggetti costretti a vendere la propria casa,rassegnandosi avivere in affitto (+2,6%).Inoltre nei centri urbani, la percentuale delle famiglie in affitto è cresciuta fino al 30%.
Quali cose possono dire adesso, di fronte a questi dati ufficiali, tutti coloro che ancora l’altro ieri irridevano e trattavano con sufficienza il vecchio Marx e le sue scoperte scientifiche sulla caduta tendenziale del saggio di profitto, l’impoverimento della popolazione, le crisi economiche? Quanti ci hanno creduto, fino in fondo, nel libero mercato e nell'’impresa? Quanti sono quelli che ci credono, ancora adesso, al pari di quei soldati giapponesi che non sapevano che la guerra era finita? Soprattutto, quanti sono gli ingenui che ancora ritengono d’essere liberi, solo perché gli è consentito di scegliere con il voto democratico la propria amministrazione politica? Quando questi signori dicono che terranno fede agli impegni assunti con le principali cancellerie straniere, conl’UE, il FMI, i mercati, ecc. e, poichè questi obblighi rappresentano una politica obbligata di impoverimento delle proprie popolazioni, si può avere finalmente presente il valore del vostro voto. La sua efficacia è, dunque, meno di niente. Per questo motivo si può ben sostenere che la democrazia è il miglior involucro di una dittatura strisciante e surrettizia la quale, attraverso una partecipazione fittizia ed inessenziale della “società civile” alle decisioni istituzionali (preventivamente selezionate e dettate dalle necessità del capitale, e per ciò stesso disattivate di ogni loro eventuale carica critica), ritualizzata negli eventi elettorali a cadenze prefissate, ottiene il plebiscito dei “cittadini” a garanzia di istanze preordinate sulle quali “il popolo” ha apparentemente voce in capitolo.
Nella società capitalistica, l’efficienza e l’efficacia di una buon’amministrazione politica, si misurano attraverso la sua capacità di far continuare il processo di valorizzazione del capitale (efficacia), limitando al minimo la stato di conflitto sociale e i pericoli rivoluzionari latenti (efficienza). In questo senso, non solo il rito elettorale ma anche le successive rappresentazioni farsesche del teatro parlamentare e governativo, non sono inutili, ma svolgono l’importante funzione ideologica di persuadere le moderne moltitudini di schiavi d’essere liberi e di potere scegliere democraticamente il proprio governo. Verrebbe da dire nulla di nuovo sotto il sole, ricordando in particolare che i condizionamenti ideologici sono una costante nella storia umana, e hanno lo scopo ultimo di garantire - senza l’uso diretto della violenza - il dominio di una classe sociale su un’altra classe sociale.
Se, come la Sinistra comunista ha da tempo affermato, dopo la seconda guerra imperialista la vittoria è stata fascista non militarmente ma socialmente, cosa intendiamo dire? Esattamente questo: la democrazia è la forma rappresentativa più limpida della dittatura del capitale. La dittatura agisce per conto della democrazia in quanto mezzo estremo per la difesa del “principio democratico” (principio vitale per lo sviluppo del capitalismo), la democrazia agisce per conto della dittatura in quanto mezzo di consenso formidabile per la difesa del “principio di realtà” ovvero dello “Stato di classe”. Sostenere che la dittatura (dichiarazione di aperta guerra sociale) sia sostanzialmente diversa dalla democrazia (organizzazione del consenso politico sulla base di una violenza potenziale, di uno stato d’allerta), è voler isolare l’atto di forza repressivo dalla sua matrice sociale (“ la guerra non è la continuazione della politica con altri mezzi”?). Ciò che li distingue sono i mezzi non la finalità. Ovviamente è errato sostenere che ci troviamo oggi in una “società autoritaria” o in uno “stato di polizia”. Manca ad una tale realtà l’antagonista, il proletariato, attualmente invischiato in una tela di rapporti che ne debilitano le forze e le spinte elementari. Abbiamo più volte espresso questa condizione storica con la formula di “democrazia blindata” o di “fascistizzazione”. È di fronte a una crisi economica e politica sistemica, quale quella ormai in corso da decenni e senza soluzioni immediate in vista, che il capitale è costretto a uscire allo scoperto, ed agire, sia in ambito nazionale che internazionale, in sintonia con la sua forma “moderna ed adeguata ” del suo dominio politico: il fascismo. Esso continua l’adeguamento alle difficoltà economiche di una lunga fase discendente in maniera irreversibile, nell’impossibilità di continuare a fingere su una dichiarata “libertà ed uguaglianza” di tutti. L’attuale fase totalitaria dell’epoca borghese, vede le forme parlamentari, anche se continuamente osannate, in netto declino, esse tendono sempre più a diventare “camere di ratifica” per il progressivo rafforzamento dell’esecutivo. Il meccanismo stesso dello stato capitalistico mette in crisi l’edificio della democrazia rappresentativa in tutte le sue componenti: i parlamenti, i partiti, le assemblee locali ecc. Le scelte attraverso cui si esprime l’interesse del capitale tramite il potere pubblico (decisioni di investimento, interventi anticongiunturali, gestione dei servizi, rapporti politici internazionali, politiche salariali e fiscali) sfuggono ormai completamente alla discussione ed al controllo delle assemblee parlamentari. Le rinnovate funzioni affidate agli stati nazionali, dal grande capitale monopolistico finanziario transnazionale sono funzioni anzitutto economiche, di raccordo finanziario e monetario per l’estrazione del plusvalore, la concentrazione del denaro e la circolazione del capitale. Ma tali atti economici statali possono esprimersi appieno solo se le forme istituzionali che li debbono racchiudere siano a essi adeguate e corrispondenti. Il potere reale si trasferisce verso l’esecutivo, e da questa ad una struttura burocratica statale che si estende dall’apparato amministrativo statale all’impresa pubblica fino ai maggiori gruppi privati e alle maggiori centrali sindacali. I contenuti delle “scelte” operate dai poteri pubblici, vengono sempre più tecnicizzandosi, nascondendo la loro sostanza politica e generale sotto il velo di calcoli specialistici, poiché, per loro stessa natura, in quanto scelte sempre subordinate alla conservazione e riproduzione del capitale e dei suoi interessi, cioè ad una realtà non modificabile del sistema, si presentano come alternative variamente efficienti (governi di destra o di sinistra) per la soluzione di problemi parziali il cui senso generale è fuori dalle loro stesse capacità. Di conseguenza, ogni reale parentela tra l’esercizio del potere statale ed i programmi generali o l’ideologia delle forze politiche diviene sempre più formale; tutti si uniformano alla necessità di conservazione del sistema economico sociale ed i programmi governativi si assomigliano come fotocopie, almeno sulle questioni di vitale interesse per il capitale. Così alla crisi dei parlamenti si associa la crisi dei partiti, la loro trasformazione in apparati e in macchine finalizzate alla gestione del potere, la loro disgregazione in sistemi di clientele e corruzione, e la loro parziale sostituzione con organizzazioni di tipo corporativo. Dall’incalzare di questa crisi e dalle spinte centrifughe che da essa si sprigionano (instabilità, incertezza del potere, inefficienza) sorge un rafforzamento del potere esecutivo nella sua forma estrema: il potere personificato. La delega al “capo carismatico” diventa la sola forma possibile di mediazione fra il simulacro della “sovranità popolare” e la realtà del potere borghese. Dunque le “riforme istituzionali” e costituzionali, che caratterizzano e accompagnano la presente fase di crisi, non sono meri contraccolpi del disordine “politico” ma rappresentano una tappa necessaria del generale riassetto del potere imperialistico internazionale. La caricatura plebiscitaria e maggioritaria della democrazia diretta è consona a questa mistificazione istituzionale.
Nella storia umana il pensiero e la pratica riformista hanno rappresentato la migliore attività di produzione ideologica - di cui il capitale è riuscito a dotarsi - per sconfiggere l’infezione rivoluzionaria (paragonabile, in questo, alla produzione d’anticorpi da parte delle difese immunitarie di un organismo biologico).
Ritroviamo nel primo volume dell’opera dal titolo “Storia della sinistra comunista” le seguenti considerazioni, a nostro parere ancora attuali e calzanti rispetto ai temi imposti dal presente. La lotta di classe…“ Il riformista la concepisce come conflitto d’interessi fra i padroni capitalisti e le maestranze operaie, fra i quali lo stato interviene secondo l’influenza dei partiti borghesi e operai in lotta nel parlamento. Non troviamo un solo congressista (Si parla del IV congresso socialistasvoltosi nel settembre del 1900) che ricordi la tesi marxista che lo stato democratico eparlamentare difende per sua natura gli interessi del capitale… (in definitiva) per il marxismo, vi è uno stato in cui il proletario è inferiore al capitalista; e se ne prevede uno in cui il capitalista è inferiore al proletario, anzi in cui il primo è nulla e il secondo è tutto: l’assurdo sta nel ritenere che ci si arrivi passando per una forma di stato storico in cui il proletario e il capitalista siano giuridicamente e politicamente uguali. Qui il nocciolo della demolizione della democrazia in cui la dottrina marxista consiste, e qui la centrale scoperta di Marx: la dittatura proletaria”. Pag.30
Il contenuto di questa citazione può aiutarci a leggere in modo appropriato le farsesche vicende elettorali recenti, la citazione, infatti, mette in luce il fondamentale vizio del pensiero riformista, che si rivela (alla resa dei conti) illogicamente assurdo e funzionale al sistema. Un conto, infatti, è affermare che nel divenire storico il negativo (lo Stato borghese), può trasformarsi in positivo (lo stato proletario) - attraverso il non secondario evento definito rivoluzione - un altro conto è sostenere che, mentre il negativo è negativo, cioè stato borghese, può essere anche, contemporaneamente, qualcosa di diverso da se stesso, cioè stato proletario.
Riprendiamo le vivaci riflessioni critiche contenute nel testo a pag.31, dove si ricorda come nella visione riformista di Turati e Treves ” lo Stato democratico (è il luogo) dove il proletario si senterealmente uguale, politicamente e giuridicamente, al capitalista”. Sarebbe a questo punto una crudeltà inutile ricordare anche ai nostri moderni riformisti democratici, più che mai e sognatori, che un luogo del genere non può esistere - e, infatti, non è mai esistito - e che nel mondo capitalistico reale lo stato, assuma una forma democratico - parlamentare o una forma fascista, è sempre l’arma che permette al capitale di perpetuare la schiavitù e lo sfruttamento del proletario. Le illusioni democratico – elettorali, tuttavia, non sono solo dei sogni innocui. Nell’esperienza realedella vita, la tesi assurda che pone come effettivamente esistente una dimensione in cui “Lo stato democratico (è il luogo) dove il proletario si sente realmente uguale, politicamente e giuridicamente, al capitalista”, si rovescia nella concretezza di una società dove, invece, il proletario continua ad essere schiavo, politicamente, giuridicamente ed economicamente del capitalista e del suo stato, anche grazie all’assurda irrealtà delle tesi riformiste, che svolgono la funzione pratica di persuadere le moderne moltitudini di schiavi d’essere liberi e di potere scegliere democraticamente il proprio governo. L’aggravamento della crisi economica cui si assiste da anni, tuttavia, aumentando la disoccupazione e i tagli al welfare, spinge una parte dei proletari a ribellarsi, erodendo nel frattempo l’importanza politica della funzione riformista e della farsa elettorale democratica, poiché, alla carota e al guanto di velluto, lo stato del capitale è obbligato a sostituire il bastone e il pugno di ferro della repressione.
Il mascheramento ugualitario del capitale non regge più, praticamente ciò è diventato tanto più evidente sotto l’urto inconfutabile della realtà sociale in disgregazione che non permette di andare oltre, pertanto esso persegue l’adeguamento alla difficoltà economica di una lunga fase discendente in maniera irreversibile, trovandosi nell’impossibilità di continuare a fingere su una dichiarata “uguaglianza” di tutti. Inizia a tramontare quindi il tempo della favole democratico - riformiste, e al loro posto appare in tutta la vera natura il volto Demo - fascista del Moloch capitalista, il quale cerca di sopravvivere ad ogni costo, impiegando tutti i mezzi a sua disposizione. Alla lotta elettorale e alle sue bugie si sostituisce dunque una tendenza allo scontro di classe diretto con il capitale e il suo apparato statale. Per ora si tratta solo di piccoli fuochi, ma col tempo potrebbero diventare un incendio, e porre finalmente la parola fine all’infame esistenza del sistema di dominio capitalista.
Gennaio 2013
Partito Comunista Internazionale
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